di Salvatore Sfrecola
La Festa Nazionale ovunque nel mondo è una gioiosa occasione per ricordare la data nella quale lo Stato si è formato, assumendo una autonoma configurazione territoriale, con propri confini e un autonomo ordinamento, spesso distaccandosi da un precedente contesto più ampio. In Italia, invece, noi festeggiamo il 2 giugno, un episodio nella storia italiana, tra l’altro notoriamente controverso, avvenuto in un contesto politico particolare con l’Italia divisa dalla guerra e con le armate di Tito minacciose al confine orientale omogenee ai reparti partigiani comunisti ancora in armi. Dimenticando che lo Stato unitario non è nato quel giorno ma molto prima, il 17 marzo 1861, quando fu proclamato il Regno d’Italia, per l’impegno di uomini di pensiero e di azione i quali, lungo buona parte dell’800, hanno immaginato, scritto ed operato perché l’Italia, la penisola che uno straordinario disegno della natura ha identificato come uno stivale nel Mare Mediterraneo. Così cessando di essere, come con disprezzo era stata qualificata dal Cancelliere austriaco Clemente di Metternich, “una espressione geografica” per divenire uno Stato moderno, costituzionale, che ha riunito le tante preziose realtà di questo meraviglioso paese, ricco di storia, di arte e di straordinarie intelligenze anche politiche, come il Presidente del Consiglio dell’unità d’Italia per “certificazione” proprio del Metternich: “in Europa allo stato attuale esiste un solo vero uomo politico, ma disgraziatamente è contro di noi: il Conte di Cavour”.
A distanza di 71 anni, la Repubblica, che si è accanita contro la Famiglia reale prevedendo alla 13^ disposizione transitoria che “agli ex re di casa Savoia, alle loro consorti e ai loro discendenti maschi sono vietati l’ingresso e il soggiorno nel territorio nazionale”, di fatto ha sancito anche l’esilio dei morti del re Vittorio Emanuele III, della regina Elena e del re Umberto II, uomo di straordinaria lealtà che ha saputo evitare una possibile guerra civile dopo il contestato esito del referendum. Meritava un monumento, lo hanno fatto morire fuori d’Italia.
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