di Aldo A. Mola
Che cosa è l'“opinione pubblica”? Chi ha il
potere di valutarla? Nessuno. Neppure l'Istat. I “sondaggi”? Non esiste alcuna
“opinione pubblica certificata”. Circolano “opinioni”, sempre meno fondate su
riflessione, valutazioni critiche, “giudizi”; prevalentemente basate su
impressioni, suggestioni, sensazioni fugaci e pre-giudizi, gli “idola tribus”
deplorati da Francis Bacon secoli orsono. Dall'“opinione pubblica” per secoli
sono dipese le sorti di milioni di persone: gli schiavi, le donne (per millenni
“esseri inferiori”, senz'anima, incapaci di stare in giudizio), gli “eretici”,
i dissidenti, i “diversi”, finiti sotto la scure, impiccati o arsi sulle
fascine della cosiddetta “opinione pubblica”, usata dai regimi per annientare
le opposizioni. L'“opinione” cambia secondo i luoghi e, al loro interno,
secondo i tempi. Ricordiamo, per esempio, il famoso “comune senso del pudore”,
sulla cui base vennero emesse migliaia di sentenze rispondenti a “umori” di
quanti se ne ammantavano anziché della maggioranza dei cittadini.
Nell'Italia odierna da un canto si inneggia
al multiculturalismo (fallito in Paesi dalla tradizione identitaria molto più
robusta della nostra, a cominciare dalla Gran Bretagna), dall'altra ci si
appiglia a pregiudizi arcaici per rimettere in circolazione fantasmi
artificiosi, incubi tanto inconsistenti quanto perniciosi.
Ora, mentre non abbiamo una legge elettorale
decente, il Prodotto interno lordo varia di giorno in giorno (unica certezza è
l'aumento del debito pubblico), il governo barcolla, “grida manzoniane” vietano
la vendita di alcolici qui e là in una città come Torino (che cessò di essere
sabauda 75 anni orsono) quasi fosse impossibile portarseli a spasso: siamo al
culmine del ridicolo. In quest'Italia due disegni di legge (Ddl) mirano a
condannare sotto pene gravissime l'iniziazione e/o l'affiliazione di pubblici impiegati
(magistrati, militari, personale civile...) a “logge massoniche” senza alcuna
distinzione tra (eventuali) logge segrete (la cui esistenza rimane da provare)
e “ordinarie”, che però lo Stato non riconosce e quindi non conosce. Poiché
questi Ddl (n. 4328, primo firmatario l'on. Mattiello; e il n. 4422, primo
firmatario l’on. Fava) intaccano i cardini della Costituzione, anzi un
principio non negoziabile della civiltà giuridica, quale il diritto di
associazione, è bene occuparsene: dall'Alpi alle Piramidi...
Entrambi quei disegni di legge insinuano la
condanna storica e attuale della massoneria, classificata come “organizzazione,
pur legale, che fondi il proprio sodalizio associativo su vincoli di obbedienza
tali da inquinare, anche soltanto nella percezione pubblica che se ne possa
avere, l'imparzialità di giudizio e la libertà d'animo che il cittadino deve
potersi aspettare”. Essi danno per scontata l'incompatibilità delle
“associazioni massoniche o similari” con l'ordine costituzionale, senza però addurre
fatti e documenti comprovanti il loro pre-giudizio. Poiché la storia insegna
che il pur minimo attentato ai diritti di libertà costituisce un precedente
pericoloso, il primo passo su una china rovinosa, bisogna essere subito chiari.
È superfluo ricordare quanti e quanto
illustri siano stati anche in Italia uomini politici, militari, giuristi,
scienziati, artisti e personalità dai più disparati profili iniziati all'Ordine
della massoneria. Essi furono (e sono) l'aspetto “locale” di una storia universale
che abbraccia tutte le democrazie “occidentali”, sia repubblicane (come gli
Stati Uniti d'America e la Francia, il cui presidente, François Hollande,
visitando la sede del Grande Oriente, proclamò l'indivisibilità tra la storia
del suo Paese e la Massoneria) sia monarchiche (dalla Gran Bretagna a quelle
scandinave). Lasciando il passato remoto e prossimo dov'è, va osservato che,
ove mai adottati, i disegni di legge in discorso metterebbero in discussione la
libertà dei pubblici dipendenti di iscrizione non solo alle logge ma anche a
partiti e sindacati, in presenza di un regime che non ha regolamentato né la
loro disciplina interna né quella dei loro rappresentanti nel Parlamento
nazionale, sicché per molti aspetti rimangono “società segrete”.
Non solo. I requisiti dai Disegni di legge
attribuiti alle logge si attagliano perfettamente all'associazionismo religioso
(non solo ma anche, e in molti casi, cattolico), nel cui ambito vigono
osservanze che, appunto, prevedono “vincoli gerarchici, solidaristici e di
obbedienza”. La prelatura personale dell'Opus Dei è solo una tra le molte...
Basta scorrere gli Statuti di tanti Ordini e di Congregazioni.
Il disegno di legge Fava si spinge oltre il
Mattiello, giacché pretende di introdurre una disciplina abnorme persino ai
danni dei parlamentari. Questi, come noto, rappresentano la Nazione senza
vincoli di mandato, un principio istituito con il mai troppo elogiato Statuto
Albertino del 1848, esteso al Regno d'Italia e vigente sino al 31 dicembre
1947. Ora si pretenderebbe che, entro tre mesi dalla loro proclamazione, i
parlamentari depositino presso l'ufficio di presidenza della loro Camera “una
dichiarazione, anche negativa, sull'eventuale appartenenza a qualunque titolo
ad associazioni massoniche o similari, precisandone la denominazione”. E ai
circoli filatelici o numismatici? O a un circolo filosofico? O una delle molte
“religioni” incluse o meno dalle “intese” per l'erogazione dell'8 per mille?
Siamo daccapo alla caccia alle streghe, per
ora solo contro la massoneria: nome comune di cosa, perché esso non è tutelato
in un Paese che manca di una legge seria sulle associazioni.
In Italia nel corso dell'intero Settecento la
Massoneria fu vietata dai sovrani e scomunicata dai papi. Dopo la breve
stagione napoleonica le logge furono nuovamente vietate e i massoni ferocemente
perseguitati. Visto che stiamo celebrando duecento anni dalla nascita di
Francesco De Sanctis (1817-1883), giustamente ricordato quale forgiatore della
coscienza civile (e citato a casaccio dal Ministro della Pubblica Istruzione:
esempio insigne di sciatteria culturale), ricordiamo che egli fu anche e
orgogliosamente massone, come Michele Coppino, Giosue Carducci e altri artefici
della Nuova Italia.
Col fascismo la massoneria fu nuovamente
perseguitata, come accadde nei Paesi del “socialismo reale” sino al crollo del
comunismo sovietico e in quelli fondamentalisti (islamici e Oltre Tevere...).
Ma la condanna politico-religiosa della massoneria fatalmente portò con sé
anche quella delle “associazioni similari”. Nel 1938, appena tredici anni dopo
la messa al bando del Grande Oriente e della Gran Loggia d'Italia, il Rotary
Club italiano fu costretto ad auto-sciogliersi prima di essere spazzato via dal
governo Mussolini che aveva ormai imboccato la strada dell'alleanza
ideologico-militare con Hitler, che sin dal “Mein Kampf” aveva messo i massoni
tra gli Ordini incompatibili con il nazionalsocialismo. Eppure dalla nascita i
Rotary Club italiani raccoglievano le figure eminenti della società. Il Re
stesso ne era presidente onorario. Il principe Umberto era socio onorario del
Club di Cuneo, presieduto da Luigi Burgo, industriale geniale e umanista. Non
solo, ma il fondatore del Rotary, Paul Harris, non era neppure massone, a
differenza dell'ideatore dei Lions Club.
Tutto questo vuol dire in sintesi che la
pre-politica o Politica vien prima della “politichetta” dei partiti: sulla
Politica, che è il caposaldo della civiltà, non sono possibili né mediazioni,
né pateracchi. L'unica alternativa, diversamente, rimane l'“espatrio”: il
destino che toccò nei secoli a quanti vennero condannati dalla “pubblica
opinione”: Dante Alighieri, il “ghibellin fuggiasco” condannato a morte nella
sua Firenze; Machiavelli, torturato; Guicciardini, costretto al silenzio;
Leopardi, Carducci...
Malgrado il “regime” (ne parlammo più volte
con Marco Pannella) sia al collasso, vi sono priorità. La libertà di pensiero e
di associazione anche nella Costituzione viene prima dei partiti. Fa parte dei
principi che non possono essere messi in discussione, se non da settari che
cercano la pagliuzza nell'occhio altrui senza vedere la trave che li accieca e
ne ispira l'odio verso gli uomini liberi.
Espatriare, infine, non significa rinnegare
l'Italia: vuol dire, anzi, rivendicarla quale fondamento dell'Universalità,
della civiltà greco-romana dalla quale tutto discende: il Bello e il Diritto,
dopo la Religione degli Ebrei e i Colori degli Egizi. L'Uomo libero ha per
patria il mondo.
Aldo A. Mola
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