La visione
dei risultati delle
elezioni regionali tenutesi
il 27 settembre
in Catalogna, anche se
i partiti separatisti
non hanno raggiunto
la maggioranza assoluta dei voti,
essendosi fermati al
47,8%, mi ha provocato
una sensazione di
sconforto, se non di
pena, perché nel successo
degli indipendentisti non
ho visto il
trionfo né della
libertà e della democrazia, ma il
trionfo degli arrivismi, ( così avranno ministri, ambasciatori, posti all’ ONU, alla Unesco
e così via)
e degli egoismi, specie fiscali
e monetari, il tutto
in una visione
retrograda e non
avveniristica della società
catalana. Il sonno
della ragione genera
mostri, e la pena e la tristezza
sono aumentate quando
abbiamo visto e
letto che in
questo successo sono
stati determinanti i giovani
che invece di guardare
al futuro, come dovrebbero, si sono
girati verso il
passato, come i dannati
danteschi, che nel ventesimo canto
dell’ Inferno, camminano
con la testa
girata all’indietro “…sì
che il pianto
degli occhi, le natiche bagnava per lo fesso…”
Infatti alla
base dell’indipendentismo vi è la
non accettazione della vittoria dei
Borboni, trecento anni or
sono, nel 1714 ,nella guerra
di successione spagnola
e la nostalgia
per un Regno della Aragona e Catalogna,
che aveva avuto
un ruolo importante
nel Mediterraneo, con conquiste
di cui Alghero
ed altre località
della Sardegna, sono
testimonianza , ma che
praticamente era cessato
quando il Re
Ferdinando d’ Aragona, il “Cattolico”, aveva spostato
nel 1469 la
Regina Isabella di
Castiglia, dando così vita
all’unità della penisola
iberica, liberata
completamente dai musulmani, e che
si lanciava nella
grande avventura oceanica, con le
tre caravelle di
Colombo.
Ma siamo
nel 2015 ed
abbiamo l’ISIS ed altre
forme di estremismo
e terrorismo islamico, abbiamo milioni
di emigranti che
attraversano il Mediterraneo
per raggiungere e stabilirsi
in Europa, abbiamo problemi
energetici ed ambientali
di non facile
soluzione, che già l’ attuale
Unione Europea di
27 stati, senza una
politica unitaria, trova difficoltà
a risolvere e
vogliamo frammentarla ulteriormente?
Un conto
è la memoria
storica da tutelare, un
conto sono le
tradizioni da ricordare, un conto
diverso è rompere
unità statali, di maggiori
dimensioni, più adatte ad
affrontare i problemi
sopra esposti ed
a dialogare con
gli altri stati, per
creare invece uno staterello
di sette milioni e
cinquecentomila abitanti, che non
sarebbe in grado di
sostenere gli oneri
di tutte queste
operazioni. In Europa vi
sono senza dubbio
Stati numericamente minori, ma
hanno dietro di
loro storie unitarie
di secoli, come ad
esempio l’Olanda, che aveva anche
un impero coloniale
di grandi dimensioni, le famose Indie
olandesi , oggi Indonesia,
o il
desiderio di libertà, come gli
stati baltici, prima
sottoposti al governo zarista, poi
dopo un ventennio
di indipendenza, sottoposti nuovamente per
un cinquantennio al ben peggiore
giogo sovietico. Ma questo
non può applicarsi
alla Catalogna, perché se è
vero che
molte sue istituzioni, quali ad esempio
la “Generalitat” e le
“Corts” ed altre
forme di autonomia
amministrativa erano state
cancellate nel XIX
e XX secolo
dal centralismo madrileno
e dal franchismo,
con la fine
dello stesso e
con una rinnovata
monarchia e relativa
nuova Costituzione, aveva già
raggiunto, insieme con le
altre regioni, una struttura
federale con ampie
autonomie, che può essere
migliorata ulteriormente senza
distruggere l’unità della
Spagna.
Domenico Giglio
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