Il 4
giugno 1944 Roma
Capitale veniva restituita
al Regno d’Italia, e sui
pennoni del Vittoriano
sventolavano nuovamente le grandi
bandiere tricolore con
lo stemma sabaudo,
ed un altra
bandiera eguale veniva
esposta al balcone
di Palazzo Venezia
ed il Principe
Umberto si insediava
al Quirinale, quale Luogotenente
Generale del Regno. Badoglio era
costretto a lasciare
il Governo ed
il C.L.N. romano, designava Ivanoe
Bonomi, socialista
riformista e che già
era stato Capo
del Regio Governo nel
1921, quale nuovo Presidente
del Consiglio, designazione che
il Luogotenente, doveva giocoforza
accettare e che
lasciò perplesso, se non
contrario Churchill, che avrebbe
preferito la riconferma
di Badoglio.
Dopo poche
settimane veniva raggiunta
Firenze dalle forze
anglo-americane, per cui ad un
anno dal 25
luglio 1943, quasi i due terzi
del territorio nazionale
erano liberi dal
nazisti, in parte restituiti
amministrativamente al legittimo
Governo del Regno
d’Italia, ed in parte
governati dall’A.M.G., il governo
militare alleato. Per memoria
ricordiamo che alla
data dell’ 8 settembre
1943, la Sicilia era
già stata integralmente
conquistata o liberata
dalle forze anglo-americane, che in
Sardegna il Regio
Esercito aveva liberato
l’isola dalle truppe
germaniche, ed in Puglia
quattro province, Bari,
Brindisi, Taranto e Lecce, erano
libere da truppe
straniere ed infatti, proprio in
una di esse, Brindisi, si era
trasferito il Re
ed il Capo
del Governo, per assicurare
la continuità dello
Stato ed il
necessario rispetto dell’armistizio.
Perciò in
tutta questa parte
dell’ Italia la vita
politica era ripresa
con un ritmo abbastanza
intenso ed i
partiti politici, ricostituitisi,
avevano iniziato le
loro riunioni e la pubblicazione
dei giornali, ed una
stazione radio, Radio Bari, dava
voce al governo, dopo aver
dato, poco dopo l’8 settembre,
voce al
Re ed ai suoi
messaggi agli italiani, dove spiegava
i motivi e
la necessità del
suo allontanamento da
Roma. A Bari, nel dicembre
1943 vi era
stato un cosiddetto
“Congresso” dei partiti
antifascisti, con l’accusa alla
Monarchia , di essere
stata complice del fascismo,
con la richiesta
ultimativa della abdicazione
di Vittorio Emanuele III, della rinuncia
del Principe Ereditario, Umberto, ed una
eventuale reggenza a
nome del nipote. In
fondo era chiaro
che almeno per
quanto riguardava il
Partito d’ Azione, il Partito
Socialista e quello
Comunista il loro
scopo era la
repubblica, mentre per i
democristiani ed i
liberali del Meridione, la
Monarchia poteva essere
conservata, senza però Vittorio
Emanuele, tale era ad
esempio la posizione
di Benedetto Croce, inspiegabilmente accanito
nei confronti del
Re.
Sempre nel Meridione
l’atteggiamento del Clero
era favorevole alla
Monarchia e così
pure quello di
alcuni gruppi politici, estranei al
famoso Comitato di
Liberazione Nazionale, che a Roma,nei nove
mesi dell’occupazione nazista, si
preparava,nascosto nei conventi, alla conquista
del potere.
Era fin
da allora chiaro
lo squilibrio a
favore delle forze
antimonarchiche, anche per la
virulenza della loro
propaganda, che continuava a battere
sulla compromissione e complicità del
Re con il
fascismo, dimenticando il 25
luglio del 1943, dove, da parte
del Re, si
era posto fine
al regime, senza che
scorresse una sola
goccia di sangue, ma
è chiaro che, per
assolversi dalle loro
responsabilità storiche negli
anni 1919 – 1922, social
comunisti , azionisti ed
anche popolari, avevano fatto
di Vittorio Emanuele
III, il “capro espiatorio”. Questo al
Centro-Sud ed al
Nord ?
Al Nord
la Repubblica Sociale
mussoliniana, dal settembre 1943
all’aprile 1945, copriva quasi
giornalmente di insulti, sulla
stampa asservita al
regime, il Re, la Casa
Savoia, la Monarchia,
qualificandoli di tradimento e di viltà, inventando lo
slogan della “fuga
di Pecara”, che denotava
fra l’altro l’ignoranza
del trasferimento del
Re, e del suo
imbarco ad Ortona
e non a Pescara, su
una nave della
Regia Marina, slogan
che successivamente è
stato ripreso dai
partiti antifascisti, divenendo,
purtroppo, il luogo comune
attuale dell’opinione pubblica. Anche qui
al Nord violenza
di linguaggio ed
argomenti contestabilissimi se
non vi fosse
stata la dittatura
nazifascista e la
feroce repressione della
Resistenza, dove numerose erano
le formazioni di
militari fedeli al
giuramento prestato al Re,
e quindi
naturalmente monarchiche, senza dimenticare gli
oltre seicentomila militari
internati in Germania, sottoposti a
violenze ed angherie, per
aver voluto, anche loro,
rimanere fedeli al
giuramento al Re, esempio fra
tutti Giovannino Guareschi.
In ogni
caso, nel Centro-Sud qualcosa incominciava
a muoversi ed
organizzarsi nel campo
dei difensori della
istituzione monarchica. A Roma
nel 1944, si costituiva
l’Unione Monarchica Italiana, con
lo scopo di
raccogliere tutte le
persone di diverse
idee politiche e
partitiche, ma
istituzionalmente monarchiche,
ed un
partito politico,
dichiaratamente monarchico, la
cui origine risaliva
ai mesi dell’occupazione nazista
della capitale, il Partito
Democratico Italiano, segretario un giovane
diplomatico, Enzo
Selvaggi, con un battagliero
quotidiano,”Italia
Nuova”, al quale collaboravano
fra gli altri
Roberto Lucifero ed
Alberto Consiglio, partito che
tenne a Roma , al
Teatro Quirino, nell’autunno 1944, il
primo comizio monarchico, che, logicamente, nel loro
spirito antidemocratico, le sinistre
cercarono di impedire, e
sempre con provenienza
meridionale, si costituiva
anche la
Concentrazione Democratica Liberale, dove
troviamo tra i
maggiori esponenti un altro
giovane, il professore Alfredo
Covelli.
Questa la
situazione fino al
25 aprile 1945, quando
con la liberazione
della restante parte
dell’ Italia, con il contributo, in misura
non trascurabile,delle forze
armate regolari del
Regio Esercito, gli ultimi
soldati del Re, che
da Montelungo, l’8 dicembre
1943, alle Mainarde, a Filottrano
ed a Bologna, avevano risalito
la penisola, uscivano alla
luce del sole
i vari partiti
politici del C.L.N., dopo
i mesi di
clandestinità e di attività
resistenziale. A tale
proposito non vi
è affermazione più
falsa ed anche
offensiva per i
monarchici, di quella della
“repubblica nata dalla
resistenza”, perché come già
detto, nella stessa vi
erano stati numerosi i monarchici, anzi tra
i primi ad imbracciare le
armi non solo
in Italia, vi erano
stati i militari
deportati, ed i militari
che avevano combattuto contro
i tedeschi in
Corsica, a Cefalonia, Corfù, Lero e
Rodi, e ricordiamo che
tra quelli del
ricostituito esercito, i soldati
del Primo Raggruppamento Motorizzato, per intenderci
i combattenti di Montelungo, portavano cucito
sulla giacca lo
scudo di Savoia. Quindi i
monarchici esistevano e si erano battuti valorosamente, per la
liberazione dell’ Italia e
non per la
repubblica!
Ma se
questo era tra
i militari, quale era
la situazione tra
gli uomini politici? Degli esponenti prefascisti, anche se avvicinandosi al
referendum molti si
schierarono per la
monarchia, da Orlando a Nitti, Bonomi, Einaudi, Croce, in quel
primo momento nessuno
ne prese le
parti in modo
deciso, per cui si contano
sulle dita di
una mano i monarchici dichiarati
quali Bergamini, Bencivenga, Fabbri, De Caro, Casati, Rodinò, tanto che
possiamo ben dire
che per la
Monarchia si schierarono
subito dei giovani
tra i quali, oltre
ai già citati, Selvaggi, Covelli, Lucifero,
Consiglio, ricordiamo Luigi Filippo
Benedettini, Nino Bolla,
Edgardo Sogno.
Nel frattempo
si era stabilita
in sede governativa, la “tregua
istituzionale”, ma la stessa
fu sistematicamente violata
dai repubblicani, mentre il
Luogotenente, coadiuvato dal
nuovo Ministro della
Real Casa, l’avvocato Falcone
Lucifero, calabrese e socialista, perciò non
apprezzato per queste
origini da diversi
monarchici, cercava di recuperare
simpatie ed allargare
conoscenze, visitava le truppe, visite che
alcuni avrebbero voluto
più frequenti, dimenticando gli
altri doveri che
come capo dello
Stato, trattenevano il Principe a Roma,
contro la sua
stessa volontà che
lo avrebbe portato
ad essere più
vicino ai soldati, come
era nella migliore
tradizione di Casa Savoia,
e come lo
era stato il
padre, Vittorio Emanuele III,
durante la Grande
Guerra. .
A
cercare di opporsi
al clima instaurato
dal C.L.N., e dai
suoi governi,
particolarmente da quello
presieduto da Ferruccio
Parri, nel 1945, che qualcuno
definì “il fascismo
degli antifascisti”, era uscito
un settimanale, l “Uomo Qualunque”, agnostico sul
problema istituzionale,
diretto da un
brillante uomo di
teatro napoletano, il commediografo Guglielmo
Giannini, che ebbe un
crescente successo, per la
sua documentata polemica
sulla ipocrisia, le falsità
e la conquista
del potere, senza avere
nessuna legittimazione democratica
della nuova casta
dirigente, tanto da
trasformarsi in un
vero movimento politico, con un
suo giornale quotidiano, “Il Buonsenso”. Come il
P.D.I. e la
Concentrazione
Democratico-Liberale anche questo
movimento trovava i
maggiori consensi nell’Italia
centromeridionale, mentre
nel nord, dopo
il 25 aprile
1945 erano venuti
allo scoperto alcuni, gruppi monarchici, specialmente in
Piemonte, dei quali ricordiamo
il gruppo “Cavour”, con
un suo settimanale. Ed in
quel periodo, proprio nel
Nord, a Milano, usciva un
settimanale satirico, il “Candido”,
dichiaratamente monarchico,
diretto da Giovannino
Guareschi, reduce dai campi
di concentramento nazisti, per
la sua fedeltà
al giuramento. Il peso
positivo che il “Candido”
senza dubbio ebbe
nella propaganda per
la Monarchia è
indiscutibile, come
successivamente lo ebbe
il 18 aprile
1948, per la vittoria
della Democrazia Cristiana, ed
il giornale, grazie a
collaboratori come Giovanni
Mosca e Massimo
Simili, raggiunse una diffusione
notevole, perché era anche
un vero giornale
satirico, ricco di un
umorismo sottile e
penetrante, sia su fatti
ed uomini politici, ricordiamo l’invenzione
dei comunisti “trinariciuti”, ed il
“visto da destra”
e “visto da
sinistra”, sia con personaggi
come “il signor
Veneranda”.
Decisamente per
la Monarchia dei
Savoia erano i
maggiori storici dell’epoca
da Gioacchino Volpe
a Niccolò Rodolico
ed a Pietro
Silva, a cui si
deve un testo
ancor oggi fondamentale
“Io difendo la
Monarchia”, che uscì purtroppo, quasi all’immediata
vigilia del referendum
per cui non
potette avere la
necessaria diffusione.
Nel frattempo
il governo Parri , portato a Roma
, dal “vento del
Nord”, produceva leggi sulla
epurazione dei fascisti
e sui loro
illeciti arricchimenti che
venivano incontro alla richiesta
più di vendetta
che di giustizia, con un
effetto negativo sulla
opinione pubblica moderata
e spinsero ad
uno dei pochi
atti di coraggio
il partito liberale, costringendolo alle
dimissioni. Ed in queste
trattative per la
successione, che portò al
primo governo De
Gasperi, si giocò una
partita conclusasi a tutto
favore della repubblica. Infatti i
tentativi di inserire
alcune personalità del
periodo prefascista, come Orlando
e Nitti , fallirono, ed il
Luogotenente e Lucifero
non riuscirono ad
impedire, per l’acquiescenza , se
non per la
viltà della Democrazia
Cristiana e dei liberali, che i
due dicasteri chiave
del nuovo governo, gli
Interni e la
Giustizia fossero affidati
al socialista, notoriamente repubblicano, Romita, ed al comunista Togliatti. Quali che
saranno i dubbi sull'esito del referendum, possiamo dire
che le basi
per la soluzione
repubblicana furono poste in
quei giorni !
Abbiamo parlato
di “referendum”, ma inizialmente, dai governi
ciellenistici era stata
prevista solo la
elezione per una
Assemblea Costituente, alla quale
sarebbe spettata anche
la decisione istituzionale, per cui
essere riusciti ad
affidare invece la
decisione ad un
plebiscito, non dimenticando che
formalmente l’ Unità d’Italia
era avvenuta con
una serie di
plebisciti di adesione
alla Monarchia Costituzionale di
Vittorio Emanuele II, era
stato senz’altro un
successo del Luogotenente
e del Ministro
della Real Casa.
L’ operato fazioso
di Romita, anche in
questo caso acquiescenti
i democristiani, fu nella
decisione da Ministro
degli Interni, di far
svolgere , prima di quelle
per la Costituente, le elezioni
amministrative in tutta
l’ Italia
centrosettentrionale. Perchè
fazioso se non in malafede ? Perché la
logica più elementare
avrebbe voluto che
le elezioni amministrative si
svolgessero per prime
in quella parte
dell‘Italia
centromeridionale dove da
due anni si
viveva in libertà
con la vita
politica già consolidata e
non nel Nord
con le ferite
ancora aperte della
guerra. Romita lo sapeva e
capiva che specie
nel meridione il
successo sarebbe andato
ai moderati ed
ad eventuali liste
monarchiche, cosa che avvenne
poi, nelle elezioni
amministrative tenutesi dopo
il referendum e
che videro, ad esempio, eletto Sindaco
di Napoli,il monarchico
Buonocore. Perciò, fece tenere il
10 marzo 1946
le elezioni in maggioranza
al Nord
e così si ebbe il
successo socialcomunista, con la
Democrazia Cristiana unica
a fronteggiarli. Con questi
risultati Romita sperava
di influenzare il
corpo elettorale, dato che
si dice essere
tendenza tipica quella
di schierarsi con
i vincitori, ma in
questo caso forse
dette argomenti agli
oppositori di centrodestra
perché l’ Italia non
finisse nelle braccia
delle sinistre, come dimostrarono
le successive elezioni
del 1948, che videro
sconfitto clamorosamente il
fronte democratico popolare, dove le
sinistre riunite si
erano nascoste sotto
l’effigie di Garibaldi.
Ritornando al
referendum che doveva
decidere sulla questione
istituzionale, ricordiamo
che il suffragio
universale era stato
esteso anche alle
donne, con l’elettorato attivo
e passivo, e questa
giusta ed improcrastinabile estensione
senza dubbio giovò
al causa della
Monarchia, perché la maggioranza
dell’elettorato femminile sia
per il timore
di un salto
del buio e per motivi
affettivi nei confronti
della famiglia reale, era
per il mantenimento
dell’istituto monarchico e
questo fu capito
dai propagandisti monarchici
che fecero affiggere
un bellissimo manifesto
con la fotografia
del Re, della Regina
e dei Principini
nei giardini del
Quirinale. Abbiamo detto del
Re, perché il 9
maggio 1946, Vittorio Emanuele
III, dopo 46 anni
di regno, aveva abdicato, forse un
po’ tardivamente, ed il
Principe Umberto, dopo quasi due
anni di Luogotenenza, era assunto al
trono assumendo il
titolo regale di
Umberto II. Su questo
atteggiamento monarchico della
maggioranza dell’elettorato
femminile le sinistre
erano convinte, per cui
essendo stato scelto
come simbolo repubblicano
nella scheda per
il referendum una
testa femminile con una
corona turrita, dei loro
propagandisti, nella Italia meridionale, diffusero fraudolentemente la
voce che quel
simbolo significava “la
regina”, e quindi le
donne dovevano sbarrare
quel simbolo, e senza dubbio
diverse donne caddero
nella rete !
Il Meridione , infatti, era in
stragrande maggioranza per
la Monarchia (
nella circoscrizione di Napoli - Caserta la Monarchia
ottenne 902.700 voti
e la repubblica 241.778 !), in quanto, sia pure sotto
un susseguirsi di
Dinastie, vedi le statue
dei diversi Re
nelle nicchie del
Palazzo Reale di
Napoli, il principio monarchico
aveva con sé
novecento anni di
storia. Così in meno
di un mese, il
nuovo Re, visitò le
principali città d’Italia, con
accoglienze entusiastiche di
enormi folle da
Roma in giù, e
meno numerose e più
tiepide, ma pur sempre
significative nelle città del Nord,
dove non
si potevano tenere in
molti casi , comizi
“pro Rege” per la
violenza prevaricatrice delle
sinistre repubblicane, che minacciavano
un moto rivoluzionario , “ o la
repubblica o il caos“, se la
Monarchia avesse prevalso, mentre il Re, nella sua grandezza
d’animo, aveva promesso un
secondo referendum se
la Monarchia avesse
vinto con un
piccolo scarto di
voti.
Sempre da
parte delle sinistre
si farneticava di
fantomatiche organizzazioni militari
segrete monarchiche, le “forze oscure della
reazione in agguato”, mentre sappiamo
bene che se
delle formazioni militar segrete esistevano, erano quelle
del Partito Comunista!
E
i partiti ? Della scelta
repubblicana di azionisti, socialisti e
comunisti, abbiamo già detto. Rimanevano la
Democrazia Cristiana, erede del
Partito Popolare di
Don Sturzo ed
il Partito Liberale. Entrambi i
partiti affidarono ai
loro congressi nazionali
la decisione istituzionale
e la scelta
democristiana, malgrado i numerosi
monarchici esistenti, fu a
maggioranza netta per
la repubblica, mentre i
liberali a maggioranza
si schierarono per
la monarchia. Per la
scelta repubblicana della
D.C. ,diversi esponenti lasciarono
il partito e
tra questi è
doveroso ricordare l’avvocato
milanese Cesare Degli
Occhi, che aveva militato
da giovane nel
Partito Popolare, del quale
era pure stato
autorevole esponente il
padre, Adamo Degli Occhi, e
che fu appunto
uno dei pochi
oratori per la
monarchia nelle piazze
del Nord, tra le difficoltà, i boicottaggi e
le violenze delle
sinistre repubblicane di
cui abbiamo già
parlato.
E
la Chiesa? Nel Meridione
abbiamo già detto
di una tendenza
maggioritaria a mantenere
l’istituzione monarchica, ma il
Vaticano ed il
Nord? Vi era ancora
chi cercava la
rivincita del 20
settembre 1870, malgrado la
Conciliazione ed i
Trattati Lateranensi, vi era
chi nutriva sentimenti
absburgici ed austriacanti , come poi
si vide nei
risultati elettorali del Trentino,
la regione con
il maggiore squilibrio
di voti a
favore della repubblica.con 191.450
voti, contro 33728, alla Monarchia, pari al
15%, percentuale inferiore persino
alla Emilia Romagna! Il Pontefice, Pio XII, nei suoi
interventi, non poteva, è doveroso
dargli atto, prendere una
posizione netta a
favore o contro
la Monarchia, anche se
riflettendo sulle sue
parole appariva una
propensione contro il
cambiamento, che invece pare
fosse auspicato da
un suo stretto
collaboratore .
E
gli anglo-americani? Se l’ Inghilterra, finché Churchill
guidò il governo, aveva difeso
l’operato del Re
Vittorio Emanuele e
del governo Badoglio
dopo l’ 8 settembre, e Churchill particolarmente aveva
avuto una favorevole
impressione delle doti
del Luogotenente, il successo
elettorale laburista nelle
elezioni del 1945, tagliava ogni
speranza di un appoggio
anche solo simbolico
alla Monarchia. Quanto agli
Stati Uniti, per gli
stessi il principio
repubblicano era connaturato, per cui, anche
se personalmente subivano
il fascino dei
Principi e dei Re,
non potevano che
essere favorevoli alla
scelta repubblicana, senza pensare
che in questa
scelta sarebbero stati
determinanti i comunisti .
Della Unione
Sovietica inutile parlare
tanto era chiara
la scelta repubblicana, anche se
era stata nel
1944, la prima
ad instaurare rapporti
diplomatici con il
governo Badoglio.
Quindi Umberto
II era solo, con
il suo Ministro
al quale fu
affidato il compito
del messaggio radio
contenente le motivazioni
a favore della
Monarchia, a chiusura della
campagna elettorale per il
referendum, e non poteva
contare su adeguati
mezzi finanziari per
sostenere la campagna
elettorale monarchica, per cui
per la Costituente
vi fu un’unica
lista, non presente in tutte
le circoscrizioni, il
Blocco Nazionale della
Libertà, che si dichiarasse esplicitamente monarchica, pur avendo
un simbolo anonimo, una
stella a cinque
punte, più alcune liste locali, avente un
simbolo monarchico, (Alleanza Monarchica
Italiana, con 30.505 voti, il
Movimento Democratico Monarchico, con 29.916
voti ed il Partito
Patriottico Monarchico con 11.102
voti) che non raggiunsero
il quoziente e
dispersero i voti, che
furono 636.493, pari al
2,8% per il
blocco, con 16 deputati,cifra che
ritroveremo quasi eguale, come
percentuale, nel 1948
per il P.N.M., simbolo “Stella
a cinque punte
e corona reale”, voti
che rappresentano storicamente
lo zoccolo duro dei
monarchici “prima ed
innanzi tutto” ,
ideologicamente cattolico-liberali, storicamente risorgimentali, dinasticamente sabaudi.
Al referendum
invece i voti
per la monarchia
furono quasi 11 milioni, senza considerare
1.498.136 voti nulli, che
la Cassazione non
considerò tra i
“votanti, respingendo il ricorso
Selvaggi, malgrado
l’opinione contraria del
Procuratore Generale Massimo
Pilotti, ed è un
fatto incontrovertibile che
furono tanti gli
elettori che liberamente
espressero questa loro
preferenza, il che
dimostrava come la
scelta monarchica, svoltasi nelle
peggiori condizioni storiche
avesse ancora una
notevole consistenza.
Domenico Giglio
Bibliografia :
1) Pietro Silva –
“Io difendo la
Monarchia”. Editore De Fonseca –
gennaio 1946
2) Italicus ( Saini )- “Storia segreta
di un mese
di Regno”-editore Sestante - 1947
3) Domenico De Napoli –“Il
movimento monarchico in Italia
dal 1946 al
1954”-Loffredo editore -1980
4)I Monarchici (dalla Grande
Enciclopedia della politica)- Volume ! del 1993
e 2 del
1994- ed. EBE srl.
5)Fernando Etnasi- “ Repubblica o Monarchia -2 giugno 1946”-
editrice Dies- 1966
6)Falcone Lucifero ( introduzione del
prof.Perfetti)-“ L’ultimo
Re-diari
1944-1946”-ed.Mondadori-2002
7)Andrea Ungari – “In
nome del Re-i Monarchici dal
1943 al 1948” –editore Le Lettere- 2004
8)Aldo A. Mola –“Declino e
crollo della Monarchia
in Italia”- ed. Mondadori - 2006
9)Domenico Fisichella – “Dittatura e
Monarchia- L’Italia tra le
due guerre”. Ed. Carocci -2014
10)Paolo Rossi – “Storia d’Italia –dal
1914 ai nostri
giorni “ . Ed. Mursia - 1973
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