Il 18 marzo 2022 saranno passati 39 anni dalla morte del Re Umberto II, che trascorse 37 anni in esilio e molti non l’hanno dimenticato. Infatti, sono tanti quelli che ogni anno affrontano il viaggio della memoria e si recano all’abbazia di Hautecombe in Savoia per andarlo ad onorare.
Gli anni non hanno affievolito la sua immagine, e il suo carisma.
Lo scrittore Indro Montanelli disse che sarebbe stato un buon Re se avesse potuto governare, e questo giudizio era condiviso da molti, anche da quelli che non erano monarchici. Il lago vicino alla bella Abbazia dove è stato sepolto, nel mese di marzo, ha dei colori stupendi, e l’acqua che scorre fa pensare al fluire del tempo. Ricordo quanta tristezza invadeva il mio cuore alla sua morte, anche perché trovavo ingiusto l’averlo fatto morire in esilio.
Il Re, anche se lontano dalla sua patria, si comportò sempre da sovrano che amava il suo Paese. Aveva sacrificato la sua vita per il bene della patria, non avrebbe voluto in nessun modo regnare in un trono macchiato di sangue. Il suo cuore di cristiano non glielo concedeva. Gli insegnamenti morali che la mamma Regina Elena gli aveva messo nel cuore gli hanno fatto condurre una vita che testimoniava la sua fede cristiana e la profonda onestà. Era un Re cattolico, nel vero senso della parola. Alla Chiesa, che lo aveva completamente dimenticato in vita, donò la Sacra Sindone. Ci si aspettava che almeno dopo la sua morte ogni tanto venisse ricordato, ma su di lui persiste un silenzio che fa davvero molto male. Il Papa non ha mai parlato di lui, né della Regina Elena che attende da anni di essere beatificata. Sarebbe un bel gesto per i Savoia, come lo è stato la beatificazione dell’imperatore Carlo d’Asburgo.
La Regina Elena si prodigò per tutta la vita per i deboli, i poveri, e i bambini abbandonati, ma tutto ciò non è abbastanza per farla dichiarare beata, anche se per molti lo è già. Il buon Umberto II le era molto legato, nutriva per lei un grande amore e rispetto di figlio. Spesso mi piace ricordarlo dal terrazzo della sua Villa Italia, a Cascais che osserva il mare, immalinconito dal ricordo della sua cara patria. Ogni persona nella vita fa degli errori, e questi ritornano alla mente con gli anni, e ci fanno riflettere.
Lo sbaglio che ha fatto il Re è stato quello di amare la sua patria con tutto se stesso, fino ad annullarsi per il suo bene. Anche in esilio ha aiutato economicamente le popolazioni colpite da calamità naturali.
Il Re visse una vita degna di essere ricordata dalle generazioni future. La scuola italiana non aiuta molto a conoscere la millenaria storia di Casa Savoia. Spesso penso a quanto bene volle al Re Umberto II, lo scrittore italiano, uno dei più tradotti all’estero: Giovannino Guareschi. La vicinanza del Re allo scrittore era evidente, le sue opere gli hanno tenuto compagnia nella silenziosa biblioteca dove si ritirava a leggere le sue più belle pagine.
Guareschi assomigliava al Re, non aveva cattiveria, amava la giustizia che sentiva come una forma di legge interiore che non si poteva violare. Tante volte ho scritto che una testa nobile, lascia una scia nobile e questo lo si è sempre visto nel re. Alla sua morte lessi un articolo comparso sul quotidiano Il Tempo, in cui si raccontava che la nostalgia di Umberto per la sua amata Italia, era talmente grande che, una volta in un ristorante a Roma, ci fu un cantante che si esibì con molto impegno ed emozione in una romanza famosa, vicino ad un telefono in collegamento con il sovrano, a Cascais.
La canzone era “ Casetta de Trastevere “. (…) “Casetta de Trastevere, casa de mamma mia
Pare che er monno stia cascanno appresso a te
Sogni e ricordi crolleno, tra er muro e quella porta
Mo' che mi' madre è morta, io nun te vedo più”(...)
Alla fine dell’esibizione, la gente aveva capito che dall’altro capo del telefono, vi stava ascoltando il Re d’Italia Umberto II, e tutti si misero a battere le mani, ininterrottamente, in onore ed in saluto del sovrano esule. Il Re è ancora sepolto in terra straniera, ma il suo posto assieme alla sua consorte dovrebbe essere il Pantheon, a Roma, dove sono sepolti alcuni reali di Casa Savoia.
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