di Emilio Del Bel Belluz
Primo Carnera morì, nella sua Sequals, il 29
giugno del 1967, dopo una malattia che lo aveva messo al tappeto, ma fino in
fondo aveva conservato la voglia di vivere. Le campane di Sequals suonarono a
morto, tutto l paese vicino alle montagne apprese che il suo cittadino più
importante era morto. Nei giorni precedenti Sequals era diventato il centro
dell’attenzione di tutta l’Italia. Vi giunsero giornalisti e tante altre
persone che volevano sapere delle condizioni cliniche del campione. Il giorno
della sua morte arrivò a Sequals, come inviato della Domenica del Corriere, una
delle penne più belle che il giornalismo abbia mai avuto: si trattava di Enzo
Tortora. Lo scrittore aveva già pubblicato alcuni articoli sul rientro di
Carnera in Italia. Enzo Tortora, vedendo la foto che lo ritraeva consunto dalla
malattia mentre scendeva dall’aereo, aveva maledetto il suo lavoro. Non avrebbe
voluto scrivere un pezzo su questo pugile perché gli faceva troppo male, ma lo
stesso prese in mano quella penna, e masticando tristezza scrisse un articolo
commovente che tanti hanno riletto. La sua penna così fluida per la seconda
volta quasi si inceppò nel dover raccontare ai suoi lettori, la morte del
campione. Scrisse un articolo veramente toccante. Per gli abitanti di Sequals,
Carnera rappresentava l’uomo che aveva fatto conoscere il paesino friulano in
tutto il mondo. Quanta fierezza nel pronunciare il nome Carnera. Da ogni parte
d’Italia arrivavano lettere e telegrammi alla famiglia, uno di questi glielo
inviò l’ultimo Re d’Italia. Per il Re, Carnera era davvero un caro amico, una
persona speciale che aveva fatto salire l’Italia sul tetto del mondo. Era
giunto anche il telegramma della vedova di Benito Mussolini, la buona Rachele che
era sempre stata una sua ammiratrice assieme alla famiglia. Altri telegrammi
erano stati inviati da molti politici italiani che non lo avevano dimenticato.
Era giunto il momento dell’ultimo commiato. Tantissimi, ma soprattutto i suoi
compaesani, non volevano assolutamente mancare. Trai i campioni della boxe
c’erano Nino Benvenuti e Duilio Loi. Al funerale di Primo Carnera non poté
partecipare il figlio Umberto che doveva sostenere un importante esame in
America. Questa mancanza venne in qualche modo sostituita dalla presenza della
figlia Giovanna Maria. Il giorno dei funerali, una grande folla partecipò al
rito, che venne celebrato nella chiesa dove il campione era stato battezzato e
dove si era sposato. Fece scorta d’onore alla salma di Carnera una
rappresentanza di soldati del 132° Reggimento carri, appartenente alla
Divisione Ariete, che in quel periodo si trovava a Sequals per delle
esercitazioni. Nell’omelia il parroco ricordò quello che Primo aveva sempre
fatto per la comunità di cui era parte integrante, nonostante le sue assenze
dal paese. Il parroco ripercorse le tappe più importanti della vita di Carnera.
Indicò anche il posto che era solito occupare durante le funzioni e il porta
candele dove la mamma di Primo accendeva un lume prima e dopo ogni
combattimento. Ricordò anche la triste storia in cui morì durante un incontro
Ernie Schaaf che procurò a Primo un dolore indelebile. Il parroco raccontò,
inoltre, che ogni volta che Carnera tornava a casa gli chiedeva sempre di dire
una preghiera per la sua famiglia, a cui era molto attaccato e che
rappresentava per Primo un valore assoluto e prioritario. Il sacerdote,
visibilmente commosso, rivolgendosi alle tante persone, disse che con la morte
di Carnera non si chiudeva una storia, ma si apriva un mito, perché Primo
doveva essere ricordato come un buon esempio di italiano e di cristiano. La
morte del campione fu davvero vissuta in Italia come un momento difficile da superare;
si chiudeva un grande capitolo della storia del Paese, una di quelle storie che
avevano fatto conoscere l’Italia nel mondo. Quando muore una persona cara si pensa
a quello che essa ci ha dato ed ognuno ne conserva un caro ricordo. Con la
morte di Carnera, un personaggio buono lasciava il mondo, e quel vuoto non è
stato mai colmato. Primo ha potuto raggiungere il buon Dio e riabbracciare i
suoi genitori. Il mito di Carnera continua a persistere anche se sono passati
tanti anni dalla sua nascita e dalla sua morte. Enzo Tortora scrisse “Caro,
insostituibile Carnera. Ci ha insegnato tante cose. Che i valori veri, in
fondo, sono sempre gli stessi: una terra, una casa, dei figlioli. In quel suo
corpaccione enorme aleggiava un angelo custode. Quando venne il suo momento, e
il curato di Sequals arrivò (Carnera era credente e buon cattolico), Primo disse:
“Padre, ho picchiato tanto, ma senza cattiveria”. È vero. Picchiò come si può
arare, picchiò come si può coltivare la terra. Per averne frutti. Ora non c’è
più. Chissà che direbbe, di certa forza che oggi viene usata per altri fini.
Lui che quando sentiva dire “Italia” si commuoveva come un bimbo. La amava
tanto da venirci a morire”.
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