La mattina del 10, Ambrosio si
reca dal Re, «visto che il Governo dorme», - e il Re esprime la decisione di
prendere «subito» contatto con gli angloamericani - Indecisione tra Badoglio e
Guariglia se mandare un militare o un diplomatico e alla fine si sceglie il
Gen. Castellano, la cui missione «si limitava ad un approccio con la parte
anglo-americana, ristretto al campo militare per fornire delle notizie militari
e per riceverne , per concertare un piano di azione coniane tra le nostre forze
e quelle degli alleati».
E così continuava ancora a
mezzo agosto la prima manchevolezza di non avere lo stesso 25 Luglio iniziato pratiche,
naturalmente segretissime, a Londra e Washington per far loro sapere che
l'Italia, caduto il regime, intendeva sganciarsi senz'altro dalla Germania e trattare
per unirsi agli Alleati, sfruttando la promessa tante volte ripetuta dagli
Alleati stessi, che, caduto il Regime, l'Italia sarebbe stata trattata da
amica. Si obiettano le difficoltà che l'Italia avrebbe incontrato per porsi in
relazione con gli Alleati: pur non disconoscendole, parrebbe che esse non dovessero
essere addirittura insormontabili, tanto più che in quei primi momenti i
Tedeschi non erano ancora al parossismo della diffidenza come in seguito. E
allora, colla Marina in piena efficienza, se fornita di combustibili; con
l'aviazione ancora in forma, con l'esercito stesso, anche se sfiduciato, ancora
regolarmente inquadrato, l'Italia, in un con la fiducia che il nuovo regime
aveva ragione di inspirare, poteva sperare ben altro trattamento da parte degli
Alleati. Invece venti giorni di inazione avevano potuto dare l'impressione di
incertezza nel Governo.. tanto più dopo l'intermezzo di Tarvisio, e quindi ingenerare
quella diffidenza che andò purtroppo sempre più aggravandosi.
Anzitutto il Gen. Castellano
per prudenza non era stato munito di credenziali; (1) ed aveva un mandato
semplicemente generico, quasi solo, informativo ed essenzialmente solo di carattere
militare, ed infine gli era stato prescritto che l'Italia sarebbe stata pronta
a unirsi contro i Tedeschi sol quando gli Alleati fossero sbarcati in Italia.
E' francamente a stupire che con, questi semplici incarichi il Gen. Castellano
sia riuscito ad ottenere anche quel pochissimo che ottenne, ma essenzialmente
quanto Churchill e Rooswelt da Quebec promisero col telegramma, che fu poi
concretato nel Promemoria comunicatogli a Lisbona il 10 dal Gen. Smith per
incarico del Gen. Eisenhower col qua le «la misura in cui Le condizioni saranno
modificale in favore dell’Italia sarebbe dipesa
dall’entità dell'apporto che sarebbe stato dato dal Governo e dal popolo
italiano alle Nazioni Unite contro la Germania durante il resto della guerra».
(2).
A questa cobelligeranza
tennero fede con tutte le loro forze dalla Marina a quel poco di truppa cui fu
permesso di prendervi parte, al largo stuolo dei partigiani nel periodo
repubblicano: questa cobelligeranza che idealmente si ricollega anche a quella non
belligeranza dei nove mesi del 1939-40,
tanto rimproverata da Hitler al nostro Re, gli Alleati speriamo tengano alto
conto, secondo il loro impegno, nel fissare i termini della Pace alla nostra povera
Nazione.
•
Non atterrebbe al mio esposto
seguire le fasi delle trattative per l'armistizio; ma non credo potermi esimere
dal riassumerne i punti essenziali quali risultano dal citato libro del Gen.
Castellano, completando essa la dolorosa storia della nostra guerra.
Il Gen. Castellano ritorna a
Roma il 27, riferisce a Badoglio, sulle trattative e gli consegna le dure condizioni
di armistizio nonché il citato telegramma di
Quebec e conclude: «Il Maresciallo non parla e si, congeda senza esprimere il
suo parere (2). L'indomani 28 Badoglio, Ambrosio e Guariglia
vanno dal Re» precisa il Gen. Castellano «il Sovrano alle 11 fa dire a Badoglio
a mezzo di Acquarone, Prenda una decisione il capo del Governo e poi deciderà
lui. In un a sala dei Quirinale si riuniscono Badoglio, Ambrosio Guariglia:
dopo pochi minuti sono ricevuti dal Re che li trattiene per brevi istanti.... Dopo
aver parlottato ancora qualche minuto con Ambrosio e Guariglia; il Maresciallo
esce dal Quirinale. È di cattivo umore, va via senza salutare nessuno». Il Gen.
Castellano non fa commenti, pur essendo probabile che dal Gen. Ambrosio abbia
saputo come si sono passate le cose alla presenza del Sovrano: vale però la
pena di notare questa scena perché ognuno ne tragga quelle argomentazioni che
crede!
L'indomani 30 il Gen. Castellano
riparte per la Sicilia per definire le clausole d'armistizio nella speranza di
poterle migliorare, ma purtroppo si trova di fronte a nuove diffidenze a causa
dell'invio a Lisbona del Gen. Zanussi ad opera del Gen. Carboni che aveva allora
il comando della S.I.M., la cui azione quale Comandante il Corpo d'armata: l'8
e il 9 settembre ha ancora da essere chiarita.
È certo non si può dire chiara
questa missione del Gen. Zanussi alla dipendenza di Roatta, capo di Stato Maggiore
dell'esercito, mentre vi era Castellano incaricato dal Governo e a sua
insaputa. A giudicare di queste - interferenze è ad augurarsi non tardi una
serena ed autorevole inchiesta che fra accuse, difese e giudizi che potrebbero
essere avventati e punti interrogativi (4) chiarisca le cose.
Basti qui accennare che
indubbiamente l'intervento del Gen. Zanussi fu così poco compreso dagli Alleati
che il Gen. Smith ebbe a confessare al Gen. Castellano che «il comportamento
del Gen. Zanussi aveva subito messo in allarme i generali alleati... aggiungendo
che nei successivi colloqui il contegno di Zanussi s'era fatto ancor più
ambiguo... e li aveva insospettiti anche nei confronti di Castellano, perché,
era evidente che dei due generali uno non era in buona fede...; le informazioni
chieste e fornite dall'Ambasciatore presso la Santa Sede avevano chiarito che
il vero rappresentante era Castellano e che pertanto la posizione di Zanussi diventava
insostenibile, tanto che in un primo momento voleva farlo arrestare e fucilare»
(5). Condotto in Sicilia le cose si erano chiarite, ma intanto le trattative
avevano subito un arresto in mezzo alla più sconcertante diffidenza.
Non seguirò oltre le fasi
della definizione e firma dall'armistizio che ci fu imposto, cui pur troppo
fece seguito il gravissimo incidente della sua proclamazione anticipata da
parte del Gen. Eisenhower. Nelle laboriose trattative per fissare a coordinare
la pro clamazione dell'armistizio con il richiesto lancio di una divisione di
paracadutisti a Roma, arrivo dal Tevere di chiatte di cannoni controcarro ed
altre materiale bellico, nonché con lo sbarco di ingenti forze, gli Alleati non
avevano mai voluto indicare, si diceva in omaggio alla necessità del segreto militare,
la data dello sbarco di queste forze, "al ciò il Gen. Castellano aveva
creduto poter supplire in base ad informazioni confidenziali coll'indicare al
Gen. Ambrosio che esso potesse avvenire tra il 10 e il 15 settembre forse il
12. Su questo forse a, Roma basò i suoi provvedimenti, sì che quando la mattina
dell'8 il Gen. Stong avvertì Castellano che quello era il giorno fissato per
l'armistizio (6) a Roma non si era pronti. Fu chiesta e supplicata una dilazione
per poter ricevere le forze alleate; la richiesta fu disgraziatamente male
interpretata, per la solita diffidenza da Eisenhower, il quale senz'altro l'annunziò
alla radio alle 18. Le cose furono chiarite poco dopo, tanto che Eisenhower non
dubitò di confessare: «Può darsi che io abbia sbagliato, ad ogni modo adesso
non possiamo tornare più indietro» (7). E così anche gli «sbagli» di chi
diventava in quel punto nostro amico, congiurarono alla rovina della nostra
Patria, che, non essendo la divisione paracadutisti potuta arrivare al Campo di
aviazione e le chiatte sul Tevere venire in aiuto ai presidi della Capitale,
questa si trovò ridotta alle sole forze Italiane, le quali non erano in, grado
di difenderla Sal l'occupazione tedesca. Almeno gli Alleati tengano conto di
questi «sbagli» che tanto ci costarono in rovine, perdite di uomini e durata
dalla guerra!
Prima di
procedere oltre, due parole sul cosiddetto «tradimento», per quanto alle accuse
di quei primi giorni sia universalmente subentrata una più serena valutazione.
In un opuscolo (8) pubblicato a cura del Gruppo Cavour durante il periodo
clandestino, il Prof. E. Crosa ne tratta dal lato giuridico, sostenendo
anzitutto che il trattato di alleanza colla Germania non essendo stato sentito
dal popolo italiano perché «in contrasto con le sue tradizioni, coi suoi
interessi, con la sua volontà», non è stato né giuridicamente dopo il 25
luglio, né moralmente violato, in quanto «il diritto internazionale nel
riconoscere. la piena competenza dei governi per la stipulazione dei trattati,
ne pretende la ratifica o dal Parlamento o dal popolo, ciò che non si può dire
abbia avuto il trattato in questione dato lo stato di asservimento cui era
soggetto il popolo italiano sotto il regime, tratto per di più volutamente in
errore sulla realtà e scopo degli accordi. E
conclude ricordando che «è canone di diritto internazionale - ed anche più -
è un canone morale prima che giuridico che' ogni trattato duri rebus sic
stantibus: ora le cose da noi erano tanto radicalmente mutate... da compromettere
l'esistenza dello stesso Stato ».
(1)
Gen. Castellano: op. cit, pag. 83 e segg.
(2)
Gen. Castellano: op. cit, pag. 110
(3)
Gen. Castellani: op. cit, pag. 125e segg.
(4)
Corriere di informazioni 22-24 febbraio 1946.
(5)
Gen. Castellano: op. cit, pag. 175 e segg.
(6)
Gen. Castellano: op. cit, pag. 189 e segg.
(7)
Gen. Castellano: op. cit, pag. 187
(8)
«il Tradimento»: ripubblicalo a cura del Gruppo
d'Unione «Camillo Cavour » quando l'Italia fu liberata.
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