NON VI E' DUBBIO CHE UNA NAZIONE PASSATA DA UN REGIME MONARCHICO AD UN REGIME REPUBBLICANO SIA UNA NAZIONE «DECLASSATA», E CIÒ NON PUÒ NON ESSERE AVVERTITO DA CHIUNQUE ABBIA UNA SENSIBILITÀ PER VALORI I QUALI, PER ESSERE SOTTILI E IMMATERIALI, NON PER QUESTO SONO MENO REALI.

sabato 19 marzo 2022

La Monarchia dal 22 a domani - VII parte

 



DOPO IL 25 LUGLIO

Il 25 Luglio riuscì come meglio: non si poteva pensare e ne va data lode al Re, sì che tutta Italia con esposizione di bandiere ai balconi, di ritratti del Re alle finestre, con cortei, che a Roma sostarono a lungo in piazza del Quirinale; aspettando; che il Re si affacciasse al, balcone, gli dimostrò la sua soddisfazione e riconoscenza.

Vi è cionondimeno chi crede che il Re avrebbe dovuto fin d'allora ritirarsi ed abdicare, data la sua ventennale adesione al fascismo. Senza ritornare sulla inconsistenza delle accuse al Re, né rilevare quanto meno l'incongruenza dell'abdicazione proprio nel momento in cui il Re era riuscito finalmente a liberare il Paese dall'incubo fascista, senza che fosse versata una goccia di sangue, anzi in perfetta tranquillità del Paese e con una soluzione del tutto costituzionale, resta pur sempre a demandarsi come il Re poteva «allora» immaginare che fosse anche solo desiderata questa sua determinazione; come poteva anche solo sospettare, indovinare che si sarebbe avuto «un seguito» tanto infelice, un disgraziato armistizio, la disorganizzazione dell'esercito, l'invasione del territorio nazionale sino alla necessità per il Governo di ridursi in un estremo angolo della Penisola.

Perché fu questa serie di disgraziatissimi avvenimenti «posteriori» che diedero appiglio per erigersi contro la Corona ai partiti estremi, i quali pur troppo, valorizzati per cause varie da Croce e Sforza, ebbero, rinvangando il ventennio fascista, possibilità di una violenta campagna denigratoria per i loro scopi politici.

E «allora», ma solo «allora» si presentò al Re l'opportunità di ritirarsi a vita privata, per dare alla Nazione col sacrificio di se stesso quell'«unità» di intenti, che si imponeva sopra ogni altra considerazione per scacciare lo straniero dall'Italia e finire la guerra. Monelli nel precisare che il Re aveva scelto fin dal 16 Luglio Badoglio a successore di Mussolini, aggiunge che fin d'allora fu contrario alle proposte del Maresciallo per un Gabinetto con Orlando o altri personaggi eminenti dei partiti antifascisti. E fu precisato dal Ministro della Real Casa, Duca Acquarone, che il Sovrano era ostile all'idea di un Gabinetto politico, che ciò «avrebbe potuto provocare una reazione immediata dei tedeschi»; aggiungendo: «è un ministero che non deve dar fastidio ». (1) Bonomi, secondo Monelli, anteriormente al 25 Luglio, sarebbe stato per un Governo militare che avrebbe però dovuto durare qualche settimana, per guadagnar tempo con la Germania e preparare le cose militari in modo da rendere facile il compito al Gabinetto che avrebbe dovuto subito succedergli per assumersi le più gravi decisioni politiche e per trattare l'armistizio. Soleri era per un Governo possibilmente non politico (viceversa Antonicelli nella sua commemorazione di Soleri l'« Opinione del 24 Luglio » n. 75 — scrive: «al Re disse tutta la verità, confidò le più appassionate speranze, non riuscì ad averne quel Ministero politico che egli giudicava giustamente necessario »). Grandi, secondo il suo Memoriale, avrebbe espresso al Ministro della Reale Casa l'avviso che l'incarico poteva essere assunto da un capo militare che non fosse compromesso col fascismo, escludendo chiunque fosse stato ministro con Mussolini, ma non aggiunge se il Ministero avrebbe dovuto avere o non colore politico. Orlando suggerì l'idea di, un governo di funzionari. La mattina, del 26 anche Grandi si fece vivo; pare auspicasse ad un ministero di concentrazione nazionale con fascisti convertiti, liberali o cattolici; il 27 fu visto con Federzoni nell'anticamera di Badoglio(2).

Come si vede, le opinioni erano disperate, ma in genere piuttosto orientate verso un governo non politico, il che deve essere apparso al Re giustificato anche dall'apparizione, lo stesso giorno 26, di un «Appello» ad opera di cinque partiti - partito d'azione, democrazia cristiana, comunisti, di ricostruzione liberale (notare quella qualifica di «ricostruzione» che deliberatamente voleva escludere il risorgere del Partito liberale ante fascismo) e socialista, che rivendicavano senz'altro il diritto di «segnare il cammino ». Questa affrettata presa di posizione di cinque partiti era davvero poco rassicurante, sia perché per tre almeno di detti partiti il colore politico, era decisamente antimonarchico e non lasciava dubbi e per gli altri due, nulla era precisato sia perché tutti e cinque erano anonimi, sì che era logico dedurne che gli esponenti fossero semplicemente degli arrivisti disposti essenzialmente a segnare «il cammino» di loro gradimento senza garanzia alcuna che almeno fossero l'espressione di forti correnti in Paese.

Il Re pertanto non poteva a meno di essere diffidente di questa immediata presa di posizione, come del resto precisa in quel suo Pro-memoria rimesso a Badoglio il 16 agosto, di cui nel libro di Mussolini: «...deve essere lasciato ad un secondo tempo, e ad una successiva formazione di Governo l'affrontare i problemi politici         in clima ben diverso e più tranquillo per i destini del Paese.

D'altra parte, fra gli altri danni recati alla Nazione dal fascismo, vi fu appunto quello di non aver permesso per venti  anni che uomini seri si affacciassero alla vita politica e ottenessero il consenso del Paese : il Parlamento chiuso a chi non era fascista, la stampa aperta solo per lodi incondizionate al Duce e al fascismo; perfino le modeste assise dei consigli provinciali e comunali mute: non parliamo poi di assemblee politiche, sì che nessun uomo nuovo si era potuto presentare a dar prova delle sue facoltà politiche; donde il gravissimo imbarazzo del Re a scegliere dei Ministri.

In queste condizioni Egli credette miglior consiglio un ministero di tecnici, cadendo però nell'inconveniente di privarsi del necessario ausilio di Personalità, non come Capi Partito, ma quali valori personali che in un momento così critico, non solo con le loro doti pratiche di governo e lungimirante visione politica nel campo internazionale, ma altresì per il legame che avrebbero costituito tra governo e popolazione per la fitta rete delle loro relazioni politiche, avrebbero fatto sì che tra Governo e Paese non vi fosse quella frattura per cui questo dopo il 25 Luglio, quasi si adagiò nella serenità che colla caduta del fascismo non restasse che riprendere la vita ante 1922.

E invece occorreva provvedere, non solo a por fine alla guerra, ma operare in guerra il cambiamento del fronte!

Grandi nel suo Memoriale scrive che nel colloquio col Ministro, della Real Casa nella stessa notte dal 25 subito dopo la caduta del G. C. gli aveva fatto osservare «che la caduta di Mussolini doveva essere sincronizzata con un armistizio» aggiungendo: «lasciatemi andare immediatamente a Madrid per avvicinare gli Alleati e per preparare il terreno per ulteriori contatti ufficiali per la Pace». Il consiglio non fu abbastanza meditato al 26 luglio e disgraziatamente neppure subito dopo, tanto che solo a metà agosto - almeno a quanto si sappia - furono presi provvedimenti.

Il Gen. Castellano ne narra le dolorose vicende : (3) « intanto che si aspetta Guariglia, il Ministro degli Esteri, che arriva da Ankara solo il 29, nessuno si occupò della questione più scottante, il proseguimento o meno della guerra e intanto la Germania, che, percepita la crisi del nostro Paese, aveva seguito passo a passo l'aggravarsi della medesima, per cui il Governo di Berlino ne risultava perfettamente edotto, dal 26 luglio all'8 agosto ben otto divisioni, una brigata di elementi minori mandava nel nostro territorio».

Ambrosio allarmato provocò un convegno che, dapprima negato, ebbe poi luogo a Tarvisio il 6 agosto presenti Guariglia e Ribbentrop. Il convegno «lasciò alla parte italiana, ed anche ai diplomatici, l'impressione che il Tedesco non desiderasse il ritorno di una completa schiarita nei nostri reciproci rapporti per giustificare l'attuazione di quei progetti che avrebbero portalo la, Germania ad impadronirsi di tutte le leve di comando, compreso il governo, onde imporre al nostro Paese la sola funzione ritardatrice senza alcuna preoccupazione per le sorti d'Italia».

Prosegue il Gen. Castellano: «rientrata la missione a Roma il giorno 7, era d'attendersi qualche decisione. Ormai era chiaro che ogni ora perduta avrebbe portato a conseguenze disastrose. Il ministro degli Esteri tace; il Capo del Governo tace; cosa si aspetta? lo non so come sarà possibile giustificare di fronte alla storia questa dannosissima perdita di tempo ». Ed ha perfettamente ragione!

(1) P. Monelli :      cit. pag. 200 e pag. 126;

(2) P. Monelli, Op. cit. pag. 210

(3) Gen. Castellano, op. cit. pag. 71 e segg.

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