di Francesco Perfetti
Un saggio di Paul Sérant racconta un percorso intellettuale che va da Maurras a Claude Roy
Quando all'inizio degli anni '60 apparve la traduzione del suo Romanticismo fascista, Paul Sérant divenne popolare negli ambienti della destra italiana, in particolare del neofascismo: il libro era un affresco di quella che, in prima approssimazione, poteva essere chiamata la «cultura fascista francese» attraverso i ritratti letterari di sei scrittori «maledetti» o comunque scomodi: Drieu La Rochelle, Brasillach, Rebatet, Alphonse de Chateaubriant, Abel Bonnard e Céline.
I loro nomi evocavano una cultura «catacombale». Tuttavia, per quanto il «fascismo» francese così fatalista, crepuscolare e intriso di pessimismo apparisse ben diverso da quello italiano, quelle figure tragiche emanavano un fascino indiscutibile sui giovani del neofascismo e alcune loro opere erano divenute oggetto di culto.
Altri libri di Sérant furono tradotti in seguito come il saggio su Salazar e il suo tempo o l'inchiesta su I vinti della Liberazione dedicato all'epurazione postbellica nei vari Paesi europei. Quello che, invece, non è mai apparso in italiano è un bellissimo lavoro del 1978 dal titolo Les dissidents de l'Action Française ripubblicato ora in una nuova edizione (Pierre-Guillaume de Roux, pagg. 420, euro 29) accresciuta e arricchita da una puntuale prefazione di Olivier Dard, autorevole studioso della Sorbona e profondo conoscitore della storia della destra intellettuale francese. È un'opera che sotto certi profili e, in particolare, da un punto di vista strutturale si riallaccia a Romanticismo fascista, ma è, a mio parere, ben più importante perché chiarisce bene sia il peso che il pensiero di Charles Maurras ebbe nella cultura e nella vita politica francese del '900 sia i motivi dell'allontanamento di alcune personalità di rilevo dall'Action Française e dal suo fondatore sia ancora le differenze, piuttosto che le affinità, tra il nazionalismo e il fascismo.
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