di Domenico Giglio
Avvicinandoci
alla data dell’8
settembre, di cui quest’anno
ricorre il settantesimo
anniversario dell’armistizio,
è doveroso ed
opportuno ricordare alcuni
eventi relativi a
tale data.
L’ episodio
oggetto di questa
rievocazione è il
barbaro assassinio del
tenente colonnello Alberto
Bechi Luserna, Capo di
Stato Maggiore della
divisione paracadutisti Nembo, di
stanza in Sardegna, nel Campidano. Avuta la comunicazione dell’ armistizio un
battaglione della divisione
ebbe una reazione
di rifiuto dell’accettazione dello
stesso decidendo di
aggregarsi alle truppe
tedesche per proseguire
le ostilità. A tale
notizia il comandante
della Nembo, generale Ercole
Ronco, fedele al giuramento
al Re e
che nel dopoguerra
aderì al Partito
Nazionale Monarchico,
divenendone a Roma
un suo importante
esponente, ritenne
necessario inviare il
suo Capo di
Stato Maggiore dai
ribelli per convincerli
a recedere dal
loro ammutinamento. Così il
colonnello Bechi Luserna, il
10 settembre 1943, su
una auto di
servizio, con due reali
carabinieri raggiunse il
gruppo verso Macomer, e
fermato dai ribelli
ad un posto
di blocco istituito
sulla statale Carlo
Felice, dove oggi sorge
in ricordo un
cippo, in località “Castigadu”, fu barbaramente
ucciso da una
raffica di mitra, insieme con
uno dei carabinieri, mentre cercava
di parlare con i
paracadutisti sovversivi, ed il
suo corpo, chiuso in
un sacco fu
successivamente gettato in mare
dai suoi uccisori, alle Bocche
di Bonifacio .
Terminava così tragicamente, per mano
fratricida, la carriera di
uno dei più
brillanti ufficiali del
Regio Esercito, insignito di
quattro medaglie di
bronzo, per le
sue azioni in
Libia, in Etiopia e
ad El Alamein, con
la divisione paracadutisti
Folgore, di cui narrò
le vicende in
un suo scritto
“ I Ragazzi
della Folgore “, da cui
è stata poi
tratta l’epigrafe che
si trova nel
Sacrario Militare Italiano
di El Alamein, dove
si recarono, in doveroso
omaggio, il Re,Vittorio Emanuele
III, durante il suo esilio
in Egitto, insieme con
il figlio, il Re Umberto II, anche
Lui ormai esiliato :
“Fra le
sabbie non più
deserte - son
qui di presidio
per l’eternità i
ragazzi della Folgore – fior fiore
di un popolo
e di un
Esercito in armi . – Caduti per
un’idea, senza rimpianto,
onorati nel ricordo
dello stesso nemico , - essi additano
agli italiani, nella buona
e nell'avversa fortuna, - il cammino
dell’onore e della
gloria. – Viandante ,
arrestati e riverisci. – Dio degli
Eserciti , - accogli gli spiriti
di questi ragazzi
in quell'angolo del
cielo - che riserbi ai
martiri ed agli
Eroi .”
L’ Esercito ha giustamente
ricordato Alberto Bechi
Luserna intitolando al suo
nome
la Caserma di
Macomer, attualmente sede del
quinto reggimento del
Genio Guastatori,
appartenente alla Brigata
Sassari e recentemente
il 28 maggio
2010 il locale
Lions Club di
Macomer, con grande sensibilità
e coerenza con
i propri valori
fondamentali, ha donato
un busto, in pietra
basaltica, sorretto da una
colonna, con l’ effigie del martire,
esposto ad un
lato dell’ ingresso principale
della Caserma .
Il miglior suggello
alla figura di
Alberto Bechi Luserna, esempio fulgido
di fedeltà al
giuramento al Re, è
la motivazione della
medaglia d’oro conferitaGli
alla memoria:
“Ufficiale di
elevate qualità morali
ed intellettuali, più volte
decorato al valore, Capo
di S.M. di
una divisione di
paracadutisti, all’atto dell’
armistizio, fedele al giuramento prestato
ed animato solo
da inestinguibile fede
e da completa
dedizione alla Patria, assumeva senza
esitazione e contro
le insidie e
le prepotenze tedesche, il
nuovo posto di
combattimento. Venuto a conoscenza
che uno dei
reparti dipendenti,
sobillati da alcuni
facinorosi, si era affiancato
ai tedeschi, si
recava con esigua
scorta e attraverso
una zona insidiata
da mezzi blindati
nemici, presso il reparto
stesso per richiamarlo
al dovere. Affrontato con
le armi in
pugno dai più accesi istigatori
del movimento sedizioso, non desisteva
dal suo nobile
intento, finché, colpito , cadeva
in mezzo a coloro
che Egli aveva
tentato di ricondurre
sulla via del
dovere e dell’onore. Coronava così, col
cosciente sacrificio della
vita, la propria esistenza
di valoroso soldato, continuatore di
una gloriosa tradizione
familiare di eroismo .
Sardegna , 10 settembre
1943 .”
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