Lo proponiamo perché in questo momento di smarrimento totale delle coscienze nei confronti della nostra Nazione certe figure luminose possano di nuovo essere d'esempio.
- L'isola nel sistema strategico
dell'Egeo
- Il concentrico attacco tedesco
- Valorosi episodi degli artiglieri
e dei marinai
- Gli ammiragli Campioni e Mascherpa furono condannati a morte
dal tribunale fascista rei «di aver eseguito ordini ricevuti dalle autorità
legittime e per aver tenuto fede al loro giuramento di sodati»
Proprio in questi giorni di
novembre, dal 12 al 16, vent'anni fa, si combatteva la battaglia di Lero. In realtà era il convulso finale
di una battaglia che era cominciata nei fatali giorni del settembre e che si era protratta senza
sosta per tutto il settembre e l'ottobre. Lero, fra le isole del Dodecanneso,
godeva di una situazione particolare: non aveva truppe tedesche di stanza. Fu dunque
del tutto naturale che gli Inglesi la scegliessero come base di operazioni nel
tentativo di assicurarsi il possesso dell'arcipelago, appeso. diciamo così,
sotto la pancia della Turchia. Nella visione strategica di Churchill, il «
colpo di mano» in Egeo aveva una primaria importanza: forse era il frutto
strategico migliore da cogliere al momento dell'armistizio italiano.
La
riconquista di Rodi,
isola capitale dell'arcipelago (Rodi era caduta in mano tedesca non ostante il
glorioso tentativo di difesa dell’ammiraglio
Campioni), la disponibilità dei
campi d'aviazione sparsi nelle isole, e soprattutto il sicuro possesso di Lero
avrebbero potuto, esercitare un'influenza decisiva sullo schieramento della
Turchia dalla parte degli Alleati, :facilitando così anche le comunicazioni con
la Russia attraverso gli Stretti, senza ricorrere alle vie dell'Artide e del
Golfo Persico. Ma il sogno di Churchill era destinato a sfumare. I tedeschi
furono così decisi, così rapidi, così efficienti nello stroncare il tentativo
inglese e nell'impadronirsi saldamente del possedimento italiano, che mutarono
probabilmente il corso stesso della guerra.
Di questa efficienza va dato atto
ai tedeschi. Vorremmo potere dire altrettanto del «come» quella operazione di
guerra fu condotta contro le nostre forze armate, ma non è obbiettivamente
possibile. Il «come» non può certo ascriversi a onore della Wehrmacht. Il
nostro Esercito e la nostra Marina si trovarono l'8 settembre nella situazione
che tutti sappiamo: completamente all'oscuro sulle trattative di resa con gli
alleati, furono posti improvvisamente dinanzi al compito di cessare ogni atto
di guerra contro gli alleati e di far fronte alla probabile offensiva
germanica.
Ammiraglio Inigo Campioni MOVM |
L'ammiraglio Campioni, governatore dell'Egeo e comandante in capo
delle Forze Armate dell'Arcipelago, pur non ricevendo altre comunicazioni oltre
l'ormai famosa proclama Badoglio, diramò a tutti i comandi dipendenti ordini
precisi (una volta tanto!) che erano ordini gravi, terribili, ma i soli che
dovessero essere dati per la legge dell'obbedienza. Gli ordini, tranne rari
casi d'insubordinazione o di fatale smarrimento, furono eseguiti sia in Rodi
che nelle isole dipendenti; ma la decisione combattiva, l'astuzia, la
spietatezza e soprattutto l'assoluto incontrastato dominio del cielo dei
tedeschi ebbero ragione delle resistenze: i presidi italiani furono
sopraffatti. Innumerevoli furono gli ufficiali passati per le armi come traditori.
E' in tutti ancor vivo l'orrore per quelle stragi perché sia necessario
parlarne ancora.
E così, sulla scorta del prezioso documentatissimo volume
edito dalI l'Ufficio Storico della Marina, compilato dall'ammiraglio di Divisione
Aldo Levi e rivisto dall'ammiraglio di Squadra Giuseppe Fioravanzo, potremmo
soffermarci sui tanti atti di valore che, a un onesto giudizio, fanno di
quell'impresa sfortunata una gesta gloriosa da iscrivere nella tradizione
militare italiana. Ma anche un sommario accenno ai tanti episodi ci
impedirebbe, per una evidente questione di misura, di occuparci della battaglia
di Lero (il più fulgido di quegli episodi)
di cui in questi giorni si celebra il ventesimo anniversario. Sia, il nostro
breve ricordo, omaggio alla memoria dei Caduti.
Ammiraglio Luigi Mascherpa MOVM |
L'isola
di Lero, dunque, fece storia a sé nella
tragica vicenda dell'Arcipelago.
Non si arrese se non allo stremo delle
forze, dopo oltre due mesi di sanguinosi combattimenti; e non si arrese per tre
motivi: 1) Non avendo truppe tedesche di stanza. fu più facile al sito
comandante, l'Ammiraglio Mascherpa, prepararsi all'attacco esterno germanico, e farvi fronte in più chiare condizioni
operative che non le altre isole;
2) per il forte contingente britannico sbarcato nell'isola: 3) perché
l'Ammiraglio Campioni, non ostante
fosse ormai prigioniero dei tedeschi nel comando di Rodi, si rifiutò di
diramare l'ordine di resa.
Contro Lero dunque si accanì con
maggiore violenza e senza esclusione di colpi il concentrico attacco tedesco.
Per valutare pienamente il valore dei soldati ed ufficiali italiani che per due
mesi difesero l'isola, basterà ricordare il disonorevole messaggio che il
generale di Divisione,della Wehrmacht fece lanciare in migliaia di copie dai
suoi aerei di ricognizione prima di iniziare l'interminabile bombardamento
dell'isola che culminò con lo sbarco e con la battaglia terrestre: « Marinai di
Lero! Conosciamo i nomi di coloro che vi hanno venduti agli inglesi. Quando sbarcheremo
li sottoporremo a terribili torture ».
Si stento a credere che tale messaggio
possa essere e stato scritto da un soldato, eppure porta la firma autografa del
generale Kleemanm (vedi pag. 152 del citato volume).
L'assedio aereo di Lero cominciò
sistematicamente il 26 settembre: durò giorno e notte, senza soluzione di
continuità per trentasei giorni, senza requie. Nel solo primo giorno d'attacco
vi furono 300 morti e circa 1000 feriti. Le batterie antiaeree si prodigarono
con formidabile tenacia. Nei primi due giorni fu danneggiato il porto, fu distrutto
l'aeroporto ed ogni parvenza di difesa aerea scomparve. I tedeschi distrussero
sistematicamente quasi tutto il naviglio alleato e italiano, gli impianti della
base navale e dei centri abitati, attaccarono una per una le batterie costiere
e i fortini delle vette montane, portarono danni ingenti alle vie e ai mezzi di
comunicazione. L'intera isola era come una grande nave da battaglia esposta da
sola all'attacco aereo continuato: si calcola che ogni giorno trecento aerei
tedeschi si alternassero sulle difese isolane.
E' facile dunque immaginare in quali
condizioni, italiani e inglesi subirono l'attacco frontale dello sbarco tedesco
all'alba del 12 novembre. L'isola di Lero ha una strana forma: un manubrio. Due
isole, cioè, legate da un istmo. Su quell'istmo, ormai frantumato nelle sue
difese costiere dall'incessante attacco aereo, si scatenò lo sbarco tedesco.
Non ostante, il fuoco delle artiglierie residue. I mezzi da sbarco germanici
riuscirono a penetrare nelle insenature defilate al tiro. La lotta dei nostri
artiglieri e dei nostri marinai fu accanitissima.
S.Ten Corrado Spagnolo MOVM |
E Basterà per tutti citare l'episodio
del sottotenente d'artiglieria Corrado Spagnolo che per tre volte ritorna alla
riconquista dei suoi pezzi con bombe a mano e all'arma bianca , e muore infine
crivellato di ferite.
Nel pomeriggio l'isola è
attaccata dal cielo. L'azione dei paracadutisti fu eseguita così a bassa quota
con tale audacia e spregiudicatezza che, di seicento, circa la metà finirono in
mare o si sfracellarono sulle rocce. Ma i rimasti, veri demoni della guerra si
lanciarono contro il nostro schieramento
con impeto straordinario e con una massa di fuoco eccezionale. Le nostre
batterie li contennero tuttavia per tutto il pomeriggio, per tutta la notte, fino
alla sera seguente: mai un attimo di sonno, non una sosta nella battaglia. Poi,
a corto di munizioni. dopo disperati duelli ravvicinati, furono sopraffatti. I paracadutisti
si mostrarono spietati non meno di quanto fossero stati audaci: fucilarono
tutti i nostri ufficiali. Un superstite, il sottotenente Aldo Rossi racconta che
un paracadutista tedesco che parlava l'italiano gli si avvicinò e disse:
«Signor tenente, se volete salva la vita vestitevi subito da marinaio semplice
». Altri due ufficiali furono salvati dallo stesso straordinario paracadutista.
Ma vi fu anche chi, spinto da un misterioso imperativo della coscienza, volle
seguire la via contraria. Una batteria si è arresa. I vincitori sfilano dinanzi
ai superstiti allineati e chiamano fuori gli ufficiali per fucilarli.
S.Ten Ferruccio Pizzigoni MOVM |
Il sottotenente
di artiglieria Ferruccio Pizzigoni ha perso giubba e gradi nella f furia della
battaglia: è vestito in modo che può confondersi con la truppa. I marinai lo
circondano, non vogliono che egli si mostri. Ma egli fa un passo avanti e dice:
«Anch'io sono ufficiale, e voglio seguire la sorte dei miei colleghi».
Pizzigoni è una delle medaglie d'oro di Lero.
Alcuni ci accusano di retorica
quando parliamo del valore militare italiano, ma non ha importanza: sappiamo chi
sono e perché lo fanno.
Ma è solo in qualche settore che
gli italiani sono stati sopraffatti. Il 13, la battaglia di Lero continua, e i tedeschi
non riescono a progredire. Il 14, inglesi e tedeschi sono di fronte. Il
colonnello French attacco le posizioni germaniche sul monte Appetici, ma il suo
battaglione è decimato ed egli stesso trova morte gloriosa sul campo. Il giorno
15 i tedeschi passano al contrattacco appoggiati da forti formazioni aeree.
Molte nostre batterie resistono ma molte altre
vengono annientate. Ed ancora una, volta si ripete il barbarico massacro
degli ufficiali, a freddo. Nella notte fra il 15 e il 16, i tedeschi ricevono
rinforzi; e appena si fa giorno ripartono all'attacco. Ora inglesi e italiani combattono
fianco a fianco: due italiani riempiono di meraviglia gli inglesi: il capitano
Cacciatori e il suo soldato Cavezzale. Lottano contro i tedeschi alla
baionetta, li sbaragliano, contendono loro i pezzi d'artiglieria con le bombe a
mano. Cavezzale, crivellato dall'ultima raffica, uccide alla baionetta il suo
uccisore. Cacciatori, ferito alle ginocchia, alla fronte, col braccio destro
maciullato riesce a salvarsi. Gli imprevisti del destino lo avvieranno poi per
mare e lo porteranno fino a, Brindisi da dove riprenderà la lotta nel Corpo di
liberazione. Ma ormai la superiorità tedesca è schiacciante.
Al Comando dell'ammiraglio Mascherpa
giunge la subdola offerta di una resa separata: in compenso gli si offre salva
la vita.
L'Ammiraglio rifiuta sdegnosamente:
«Resisteremo fino alla fine; e per lo meno un minuto di più degli inglesi». Si
arresero infatti gli inglesi, ormai decimati, e lo stesso generale Tilney accompagnò
il parlamentare tedesco a trattare la resa con gli italiani. A Mascherpa non
restò che chinare il capo alla fortuna avversa. Il 23, su un mezzo tedesco, fu
avviato alla prigionia, al processo e alla morte. I fascisti repubblicani
vollero il «privilegio» di giudicare i due ammiragli e nel loro odio cieco
vollero infamarli di tradimento. Il macabro processo si celebrò a Parma.
Mascherpa cadde trafitto da Piombo fratricida accanto al suo superiore diretto,
l'ammiraglio Campioni che da Rodi non aveva voluto emanare l'ordine di resa. La
motivazione della Medaglia d'oro che accomuna nella postuma gloria i due
ammiragli dice: «Processati e condannati da un tribunale iniquo per avere eseguito
ordini ricevuti dalle autorità legittime e per avere tenuto fede al loro
giuramento di soldati, mantennero contegno fiero e fermo fino al supremo sacrificio
della vita».
Gino De Sanctis
Ai difensori dell'Isola di Lero, possedimento Italiano del Dodecaneso, furono concessi: 7 Ori al V.M., 65 Argenti, 194 di Bronzi, 289 Croci di Guerra e Encomi per tutti.
Ci spiace non poter pubblicare le foto di tutti. A tutti rendiamo onore.
Ci spiace non poter pubblicare le foto di tutti. A tutti rendiamo onore.
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