NON VI E' DUBBIO CHE UNA NAZIONE PASSATA DA UN REGIME MONARCHICO AD UN REGIME REPUBBLICANO SIA UNA NAZIONE «DECLASSATA», E CIÒ NON PUÒ NON ESSERE AVVERTITO DA CHIUNQUE ABBIA UNA SENSIBILITÀ PER VALORI I QUALI, PER ESSERE SOTTILI E IMMATERIALI, NON PER QUESTO SONO MENO REALI.

martedì 5 marzo 2024

Trigesimo della morte del Principe Vittorio Emanuele

 di Emilio del Bel Belluz


 C’è una frase che spesso mi capita di citare, scritta da J. Wasermann, che esprime verità” …. Non ti posso descrivere come mi sento quando mi trovo di fronte all’ingiustizia, non importa se fatta a me o ad altri. Mi passa da parte a parte; mi dolgono il corpo e l’anima; mi pare che mi si colmi la bocca di sabbia e che io debba soffocare lì per lì”. 

Questo è quello che ho provato in questi giorni. Infatti sono rimasto tristemente colpito per come i rappresentanti politici del mio Paese abbiano accolto la notizia della morte del figlio di Re Umberto II: solo qualche espressione di vicinanza alla famiglia è stata fatta. Per non parlare della stampa italiana che non ha ritenuto doveroso riservargli il titolo di Principe, anche la stampa cattolica ha relegato la notizia nelle ultime pagine. E pensare che fu Re Umberto II a donare alla Chiesa la Sacre Sindone. 

La televisione ha fatto vedere delle immagini di S.A.R. con le manette ai polsi per reati di cui è stato dichiarato innocente. È venuto a mancare un atteggiamento di rispetto sia verso Casa Savoia, sia verso tutti i monarchici e, non sono pochi, che sono rimasti fedeli alla dinastia che ha scritto un millennio di storia italiana. Nel referendum del 1946 quasi la metà degli italiani aveva votato per la monarchia, lo scarto era stato minimo, senza tener conto dei brogli elettorali. 

Re Umberto II fu costretto all’esilio per evitare una guerra civile. Piero Nenni disse: “O la Repubblica o il caos”. 

Tanto era l’odio verso la monarchia e, precisamente, verso i discendenti di Casa Savoia. Re Umberto quando veniva attaccato da commenti negativi e pieni di livore nei suoi confronti amava citare lo scrittore americano, James Baldwin, che così scriveva: “Una delle ragioni per cui la gente si aggrappa così tenacemente all’odio è che sembrano avere la sensazione che una volta svanito l’odio gli resterà solo il vuoto e la pena”.   

 

 

  In questi giorni di dolore mi sono sentito vicino a Emanuele Filiberto come se fosse mio figlio. Avrei voluto dirgli che ogni padre avrebbe voluto avere un figlio come lui. Non potrò mai dimenticare le parole affettuose che il principe Emanuele Filiberto ha espresso nei confronti del suo genitore: lo considerava una persona cara, un amico, un maestro, un confidente a cui rivolgersi nelle avversità della vita. Si sentiva che questi sentimenti sgorgavano dal cuore, da una fonte pulita. Qualcuno scrisse che ai genitori e ai maestri non si deve mai abbastanza. Ai funerali mi ha colpito il figlio Principe Emanuele Filiberto, il suo volto scolpito dal dolore, le lacrime trattenute nel suo cuore e la dignità con cui ha dato l’ultimo saluto al feretro avvolto dalla bandiera sabauda. Anche la consorte era affranta dal dolore, ora rimasta sola dopo un lungo percorso trascorso assieme alla persona amata. Nessun rappresentante del governo italiano è stato presente alle esequie: troppa indifferenza che ha fatto male a molti. Un capitolo di storia è stato chiuso, ma sono certo che il principe Emanuele Filiberto continuerà nelle varie opere di beneficenza, iniziate dai suoi predecessori, come uomo di buon cuore che egli è.

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