di Emilio del Bel Belluz
C’è una frase che spesso mi capita di citare, scritta da J. Wasermann, che esprime verità” …. Non ti posso descrivere come mi sento quando mi trovo di fronte all’ingiustizia, non importa se fatta a me o ad altri. Mi passa da parte a parte; mi dolgono il corpo e l’anima; mi pare che mi si colmi la bocca di sabbia e che io debba soffocare lì per lì”.
Questo è quello che ho provato in questi giorni. Infatti sono rimasto tristemente colpito per come i rappresentanti politici del mio Paese abbiano accolto la notizia della morte del figlio di Re Umberto II: solo qualche espressione di vicinanza alla famiglia è stata fatta. Per non parlare della stampa italiana che non ha ritenuto doveroso riservargli il titolo di Principe, anche la stampa cattolica ha relegato la notizia nelle ultime pagine. E pensare che fu Re Umberto II a donare alla Chiesa la Sacre Sindone.
La televisione ha fatto vedere delle immagini di S.A.R. con le manette ai polsi per reati di cui è stato dichiarato innocente. È venuto a mancare un atteggiamento di rispetto sia verso Casa Savoia, sia verso tutti i monarchici e, non sono pochi, che sono rimasti fedeli alla dinastia che ha scritto un millennio di storia italiana. Nel referendum del 1946 quasi la metà degli italiani aveva votato per la monarchia, lo scarto era stato minimo, senza tener conto dei brogli elettorali.
Re Umberto II fu costretto all’esilio per evitare una guerra civile. Piero Nenni disse: “O la Repubblica o il caos”.
Tanto era
l’odio verso la monarchia e, precisamente, verso i discendenti di Casa Savoia.
Re Umberto quando veniva attaccato da commenti negativi e pieni di livore nei
suoi confronti amava citare lo scrittore americano, James Baldwin, che così
scriveva: “Una delle ragioni per cui la gente si aggrappa così tenacemente
all’odio è che sembrano avere la sensazione che una volta svanito l’odio gli
resterà solo il vuoto e la pena”.
In questi giorni di dolore mi sono sentito
vicino a Emanuele Filiberto come se fosse mio figlio. Avrei voluto dirgli che
ogni padre avrebbe voluto avere un figlio come lui. Non potrò mai dimenticare
le parole affettuose che il principe Emanuele Filiberto ha espresso nei
confronti del suo genitore: lo considerava una persona cara, un amico, un
maestro, un confidente a cui rivolgersi nelle avversità della vita. Si sentiva
che questi sentimenti sgorgavano dal cuore, da una fonte pulita. Qualcuno
scrisse che ai genitori e ai maestri non si deve mai abbastanza. Ai funerali mi
ha colpito il figlio Principe Emanuele Filiberto, il suo volto scolpito dal
dolore, le lacrime trattenute nel suo cuore e la dignità con cui ha dato
l’ultimo saluto al feretro avvolto dalla bandiera sabauda. Anche la consorte
era affranta dal dolore, ora rimasta sola dopo un lungo percorso trascorso
assieme alla persona amata. Nessun rappresentante del governo italiano è stato
presente alle esequie: troppa indifferenza che ha fatto male a molti. Un
capitolo di storia è stato chiuso, ma sono certo che il principe Emanuele Filiberto
continuerà nelle varie opere di beneficenza, iniziate dai suoi predecessori,
come uomo di buon cuore che egli è.
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