NON VI E' DUBBIO CHE UNA NAZIONE PASSATA DA UN REGIME MONARCHICO AD UN REGIME REPUBBLICANO SIA UNA NAZIONE «DECLASSATA», E CIÒ NON PUÒ NON ESSERE AVVERTITO DA CHIUNQUE ABBIA UNA SENSIBILITÀ PER VALORI I QUALI, PER ESSERE SOTTILI E IMMATERIALI, NON PER QUESTO SONO MENO REALI.

giovedì 28 marzo 2024

Saggi Storici sulla sulla Tradizione Monarchica - VI

 


 

I PRIMI ALBORI NAZIONALI

 

SOMMARIO: L'Italia comunale e la formazione degli Stati in Piemonte e in Sicilia - La decadenza dell'Impero - La fine del Medioevo - il Rinasci­mento - Le dominazioni straniere - Rivoluzione e restaurazione.

 

1) L'ITALIA COMUNALE E LA FORMAZIONE DEGLI STATI IN PIEMONTE E IN SICILIA

 

L'XI secolo è caratterizzato soprattutto dalla lotta titanica fra Papato e Impero per la difesa della Chiesa dall'ingerenza del potere civile. Tale lotta i cui presupposti sono da ricercare in quell'uso instaurato da Carlo Magno e seguito dai suoi successori, di servirsi dei vesco­vi e degli abati come di altissimi funzionari del potere civile, rag­giunse il suo acme nello scontro fra papa Gregorio VII e l'imperatore Enrico IV e terminò con l'episodio famoso di Canossa dove l'impera­tore, colpito dalla scomunica papale e minacciato di deposizione, fece ammenda dei suoi torti di fronte 9.1 Pontefice ricevendone in cambio l'assoluzione dalle censure ecclesiastiche. Tale pentimento non si di­mostrò sincero, perché poco dopo Enrico IV assediava Roma, costrin­gendo Gregorio VII a rifugiarsi a Salerno ove moriva profugo e in balia dei Normanni, suoi protettori e custodi, ma lo scontro ebbe poi definitiva composizione con il Trattato di Worms, firmato nel 1122 fra il papa Callisto II e l'imperatore Enrico V.

 

Mentre in Italia l'autorità imperiale diminuiva, un nuovo ordinamento cominciava a delinearsi con la creazione dei Comuni, nati soprattutto come tentativo della piccola nobiltà cittadina e dei ceti ricchi, dediti ai commerci, di sottrarsi alla giurisdizione della grande nobiltà feudale. Il comune, che è retto da magistrature elettive, ha come trama principale della sua vita, la lotta delle fazioni per la par­tecipazione al governo della città; di queste lotte sono protagoniste le consorterie nobiliari e le corporazioni delle singole professioni che cercano ognuna di prevalere sulle altre; accanto alle corporazioni eco­nomiche, vi sono compagnie d'armi, spesso basate sulla divisione della città in rioni, quartieri o contrade, che riuniscono sotto appositi capi i cittadini, sia per il servizio di polizia che per la difesa contro i nemici esterni.

 

A capo dei comuni, stanno spesso due consoli; ne troviamo infatti a Pavia nel 1084, a Milano nel 1097, a Bologna nel 1123, a Piacenza nel 1126. Più tardi il supremo magistrato fu il Podestà, scelto fra i cittadini di un altro comune, per assicurare la sua imparzialità nei confronti dei partiti cittadini.

 

A Genova e a Pisa le istituzioni comunali furono anche più pre­coci ed ebbero uno svolgimento diverso a causa della struttura mari­nara di quelle repubbliche; altre invece non attraversarono neppure lo stadio feudale come Venezia, che dopo un lungo periodo di dipenden­za dall'impero bizantino puramente formale, e governata di fatto dai suoi dogi, ebbe uno sviluppo navale notevolissimo strettamente con­nesso al potenziamento dei suoi commerci e all'ingrandimento dei suoi territori, che compresero le terre adriatiche a cominciare dal­l'Istria, la cui conquista ebbe inizio nella prima metà del IX secolo. An­zi per questa sua particolare posizione, Venezia divenne presto il punto d'incontro dell'Oriente con l'Occidente.

 

Il Comune aveva però nella stessa struttura i germi della signoria ed ebbe minore durata dei due potenti stati di carattere feudale che si erano intanto formati in Italia, il primo nel settentrione, il secondo nel meridione. Lo stato sabaudo ebbe origine nei primissimi anni dell'XI secolo nelle terre che si estendono fra le contee di Moriana e di Ginevra e quelle di Vienna nel Delfinato e di Aosta; il nocciolo di questi domini furono il Chiablese, il Vallese ed altre terre concesse dall'imperatore Corrado II il Salico ad Umberto Biancamano o dalle bianche mani, pare verso il 1034, in premio di una vittoria da questi riportata contro i borgognoni di Ottone di Champagna.

 

Infinite sono state le ipotesi sugli ascendenti di Umberto Bianca-mano, chi lo avrebbe voluto figlio di Beroldo, discendente da Vitichindo duca di Sassonia, chi da Ottone Guglielmo conte di Borgogna. Luigi Cibrario, il più autorevole degli storici sabaudi, parla anche di un Ma-nasse di Savoia e Noyon, possibile padre di ~erta, ma si resta sem­pre nel campo delle ipotesi, non comprovate da alcun argomento di carattere risolutivo.

 

 Il feudo sabaudo si ingrandì rapidamente, specie per il matrimonio di Oddone con Adelaide di Susa che portò al marito le contee di To­rino, di Susa e del Chisone, ed il titolo di Marchese d'Italia. Successori di Oddone, morto intorno al 1060, furono i figli Pietro I e Amedeo II (*), Umberto II e Amedeo III che mori di peste a Nicosia di Cipro, al ritorno dalla II crociata contro gli infedeli; egli primo fra i principi della sua casa, ottenne dall'imperatore Enrico V, suo cugino, il titolo di Vicario perpetuo dell'impero in Italia, che diede ai conti sabaudi un grande prestigio nel quadro politico dell'epoca.

 

Contemporaneamente all'altro estremo della penisola un altro stato si andava formando sulle rovine degli antichi possedimenti bizan­tini, il regno normanno. I normanni, guerrieri di provenienza nordica, cominciarono ad infiltrarsi nell'Italia meridionale, approfittando del­le lotte fra greci e longobardi, ponendo la loro prima sede ad Aversa, di cui divenne conte il normanno Rainolfo; da questa città divenuta centro di raccolta delle bande provenienti dalla terra francese da essi detta Normandia, la conquista si irradiò progressivamente approfit­tando delle propizie condizioni politiche. I fratelli Altavilla condottieri normanni furono arruolati dal principe di Salerno e successivamente chiamati in Puglia da quelle popolazioni per combattere contro i bi­zantini, riuscirono a sconfiggerli formando nel territorio una serie di contee. Prevalsero su tutti Guglielmo d'Altavilla e il suo successore Roberto il Guiscardo; questi penetrò in Calabria, invano osteggiato

 

da Papa Leone IX che il 18 giugno 1053 fu sconfitto a Civita, continuò poi le conquiste aiutato dal fratello Ruggero, assumendo il titolo di Duca di Puglia e di Calabria. I greci furono completamente espulsi dalla penisola e l'ultimo principato longobardo, Salerno, cadde nel 1077 nelle mani dei Normanni. Il conte Ruggero, fratello di Roberto, riuscì poi a conquistare la Sicilia scacciandone i Saraceni, completando così la conquista normanna del meridione.

 

L'unificazione dei due regni estintasi la discendenza di Roberto, avvenne sotto il figlio di Ruggero, Ruggero II nel 1127 e fu conferma­ta dall'investitura che questi ottenne dall'antipapa Anacleto II. Il vero Papa Innocenzo II e l'imperatore Lotario II tentarono di opporsi, ma invano; il Papa sconfitto e fatto prigioniero, si rassegnò con il trattato di Mignano nel 1139 ad investire Ruggero II del regno di Biella, come vassallo della Santa Sede, ottenendo la restituzione di Benevento.

 

(*) Amedeo II, che mori intorno al 1080, ebbe parte nel più importante av­venimento dell'epoca, la famosa visita dell'Imperatore Enrico IV a Canossa dove si trovava Papa Gregorio VII, ospite della contessa Matilde di Toscana; l'imperatore fu accompagnato in quella difficile circostanza dalla suocera Ade­laide vedova di Oddone di Savoia e dal cognato Amedeo II che sembra interce­dessero per lui presso il Pontefice.


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