NON VI E' DUBBIO CHE UNA NAZIONE PASSATA DA UN REGIME MONARCHICO AD UN REGIME REPUBBLICANO SIA UNA NAZIONE «DECLASSATA», E CIÒ NON PUÒ NON ESSERE AVVERTITO DA CHIUNQUE ABBIA UNA SENSIBILITÀ PER VALORI I QUALI, PER ESSERE SOTTILI E IMMATERIALI, NON PER QUESTO SONO MENO REALI.

venerdì 29 novembre 2019

La Monarchia necessaria


di Julius Evola

Tratto da “Il Borghese”, n. 43, Roma, 24 ottobre 1968.

Nell’intento di individuare i contributi che, dottrinalmente, i principali partiti oggi considerati in Italia come di Destra potrebbero eventualmente dare alla definizione e alla costruzione di un vero Stato di Destra, dopo aver esaminato, nel precedente articolo, il liberalismo, analizzeremo ora il partito monarchico. In un terzo ed ultimo scritto ci occuperemo del MSI.

Circa il partito monarchico, vi è da rilevare una incongruenza fra il suo peso numerico, contando esso oggi, rispetto agli altri qui considerati, il minor numero di membri, e il peso che potrebbe invece avere la corrispondente idea. È abbastanza enigmatico il declino numerico dei fautori della monarchia in Italia. Infatti si sa che nel referendum istituzionale la repubblica ebbe il sopravvento di stretta misura, sembra perfino con manipolazione dei risultati e non aspettando, a ragion veduta, il ritorno di un gran numero di prigionieri di guerra che avrebbero votato quasi tutti per la monarchia. Dove è dunque andata a finire quella minoranza considerevole, di molti milioni, che anche in regime repubblicano avrebbe potuto fornire una fortissima base ad un partito monarchico unitario?

Alcuni vorrebbero che la dispersione sia dovuta ad un supino assuefarsi al clima sfaldato e materialistico generale, venuto subito a prevalere nell’Italia «libera». Altri vedono la causa nell’incapacità e nella divisione dei partiti monarchici, il che, peraltro, farebbe ricadere buona parte della responsabilità sul sovrano in esilio, il quale avrebbe avuto il dovere di rimettere risolutamente le cose a posto e di affidare la sua causa a uomini qualificati e coraggiosi. In fatto di mancanza di coraggio, è caratteristico che si era perfino giunti a sopprimere la denominazione di «monarchico» al partito, mentre, in un servile omaggio al nuovo idolo, il «democratico» è stato sottolineato.

Ma quel che forse è ancor peggio, non vi è stato nessuno, in Italia, che si sia presa la pena di formulare una dottrina precisa della monarchia e dello Stato monarchico. Come eccezione, abbiamo ascoltato alcuni discorsi di propaganda di dirigenti monarchici nelle ultime elezioni politiche. Ebbene, se sono state avanzate critiche contro il regime di centrosinistra al governo (analoghe più o meno a quelle dei liberali e del MSI), della monarchia non si è affatto parlato, non è stato detto, cioè, in che termini l’esistenza di un regime monarchico porterebbe ad una modificazione essenziale dello Stato attuale, in che modo la monarchia dovrebbe essere concepita, quali dovrebbero essere la sua forma e la sua funzione, il resto essendo, in fondo, secondario, consequenziale e contingente.

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