Sono
sempre stato circondato da libri e da riviste specialmente quelle di un tempo.
In quei giornali si trovavano spesso delle notizie ricche di umanità. Nella
rivista - Oggi - del 1963 ho trovato la cronaca di un viaggio che fece Re
Umberto II a New York.
In quell'ottobre del 1963 il Re aveva 59
anni. Le foto lo riportavano vestito elegantemente e con il volto sorridente.
Aveva compiuto questo viaggio su invito di alcune personalità americane. Gli
americani avevano sempre ammirato la correttezza di Re Umberto II.
Non
credo che nessun politico se ne sarebbe andato in esilio contando su oltre
dieci milioni di cittadini che avevano scelto di votare per la monarchia. Il Re
volle evitare una guerra, in quanto era una persona di grande cuore e di alti
valori cristiani. Le persone umili hanno il potere di donare la serenità agli
altri, ma che spesso non danno a se stessi. Le persone come Umberto erano nate
per dare e non per ricevere. Giungeva a
New York il 16 ottobre alle ore 10.30, arrivando da Lisbona. Il giornalista
che scrisse questo articolo era Gino Gullace.
Questo
giornalista con penna delicata scriveva e raccontava un episodio che era
accaduto al Re, incontrando una bambina.” L’ex sovrano stava visitando il
Metroplitan Museum, a New York; per la
precisione, si trovava nella famosa sala degli impressionisti francesi.
Una maestra di origine italiana, la signora Fasolino stava illustrando ai suoi
piccoli allievi le caratteristiche di un Renoir. Quando notò Umberto interruppe
la spiegazione per indicarlo discretamente alla scolaresca. Umberto sorrise; in quel momento, dal gruppo dei
piccoli visitatori si staccò una bambina. Si avvicinò a Umberto, abbozzò una
riverenza e con la sua vocina aggraziata disse : “ Benvenuto Mister Re. Ma
perché sei venuto a trovarci senza la corona?”. “ Perché Sua Maestà viaggia
come privato e non in uniforme”, le rispose arrossendo la signora Fasolino. “
E’ proprio un peccato “, ribatté la
piccola prima di congedarsi con un’altra riverenza”.
Credo
che questo piccolo fuori programma abbia
divertito il sovrano, e penso che quel
sovrano così bello sia stato ricordato
dalla bambina per tutta la vita. Anche il Re si sarà portato con sé questo
ricordo così dolce. Erano diciassette anni che aveva lasciato l’Italia, ma non era stato dimenticato neppure in America. In quei quattro giorni di visita ha
partecipato a molti incontri con personalità della politica, come pure ebbe
modo di incontrare molti italiani che abitavano in America. L’invito ufficiale
gli era venuto dal cardinale Spellman, che desiderava presenziasse come ospite
d’onore a una manifestazione di beneficenza che raccoglieva fondi per i poveri.
Il Re si era dato a questa manifestazione con affetto ed entusiasmo.
Gli
era capitato di incontrare un combattente della Grande Guerra che gli aveva
donato una bandiera italiana. Anche questo episodio dimostrava che dopo 17 anni
d’esilio non era stato dimenticato. Oltre al Cardinale Spellman aveva
incontrato Rockefeller ed Eisenhower. Si era intrattenuto anche con molti
uomini italiani di semplice estrazione che vedendo il Re sentirono per un
momento d’avere la loro patria vicina.
Erano molti quelli che andarono in America a cercare fortuna. .
Per
un attimo ho pensato a Carnera che con la
conquista del titolo mondiale in America
aveva reso felice gli italiani che vi abitavano. La commozione e
l’affetto che dimostravano
nell’incontrare il Re erano grandi e li
permettevano di alleviare la sofferenza dovuta alla lontananza dal suol patrio. Vi è un altro episodio
avvenuto nella stessa mostra dove una bambina si avvicinò al re salutandolo. “
Nella sala dei quadri degli impressionisti, c’era un professore con il mento
ornato di un pizzo rosso che spiegava ad alcuni studenti di scuola media i
pregi di un quadro.
Hillary
Garr, una studentessa sedicenne, si staccò dal gruppo e domandò chi fosse quel
signore che camminava accompagnato da un numeroso seguito. Quando seppe che era
l’ex Re d’Italia, Hillary lasciò il
professore con il pizzo rosso e giunta davanti a Umberto gli disse: “ Ciao Re”.
“ Ciao ”Era l’unica forma di saluto che ella sapeva in italiano. L’ex sovrano
si fermò, le strinse la mano, le rivolse cordialmente delle domande”.
L’indomani
mattina il Re con un aereo privato assieme al ministro della Real Casa Falcone Lucifero andarono alla fattoria dove
viveva Eisenhower. La visita del sovrano viene descritta in modo minuzioso con
queste parole: “Eisenhower vive nella sua fattoria di Gettysburg come
Cincinnato. Si arriva alla sua casa passando per un vialetto, a piedi. Di
solito, gli ospiti di riguardo sono attesi dal generale sulla soglia, ma per
Umberto venne fatta una eccezione. Eisenhower inviò all’aeroporto il generale Schultz, suo aiutante a
prelevarlo con la sua automobile. Ike era di buon umore. Come vide il nostro
fotografo disse, ridendo, a Umberto: “Maestà quello è l’unico uomo al mondo il
quale può dirci cosa dobbiamo fare ora e come dobbiamo metterci”. Il fotografo,
infatti, li pregò di fermarsi, di discorrere”. Il generale poi mostrò al Re alcuni cimeli della guerra, tra cui
alcuni giornali ed uno incollato ad una parete: “Herald Tribune del 1944. Su quello del sei giugno a
grossi titoli spiccava questa notizia: “Vittorio Emanuele III nomina il principe ereditario
luogotenente del Regno”. Il Re ebbe un
momento di tristezza che fu subito distratto dal dono di un libro, in cui il
presidente rievocava i tempi della presidenza. Il Re in quel viaggio non aveva
dimenticato il suo legame con la sua amata Italia. “
L’episodio
più imponente e più pittoresco si svolse all’indomani, sabato, davanti alla
chiesa della Madonna di Pompei, a Carmine Street. La strada sulla quale si
trova la chiesa fa parte del quartiere italiano di Greenwich Village. Qui
vivono decine di migliaia di vecchi immigrati di tutte le parti d’Italia. Fuori,
quasi tutte le botteghe portano nomi italiani e offrono al pubblico mozzarelle,
salami, oli d’oliva, che portano nomi come “ Pace o mio Dio” e “Olio mamma mia“.
Le donne vecchie camminano con la coroncina del rosario tra le mani e la testa
coperta da scialli. Qui c’è insomma un po’ d’Italia di cinquanta anni fa,
imbalsamata, dove la gente parla ancora della guerra di Tripoli o scrive ai
parenti per farsi giocare qualche numero all’otto sulla ruota di Bari o di
Palermo. Nella chiesa di Carmine Street,
la mattina di sabato c’era una messa in suffragio delle vittime del disastro
del Vaiont. Subito si sparse la voce che Umberto di Savoia avrebbe assistito a
quella messa, e due ora prima che cominciasse davanti alla chiesa c’erano
miglia di persone.
Umberto
giunse alle 10.30. Subito dalla folla cominciarono a levarsi voci prima
discrete e poi sempre più forti, in dodici dialetti e in lingua americana : “
God Bless You, Benedittu, Viva lu Re “. Le donne tendevano le mani, Umberto
stringeva tutte quelle che poteva e ripeteva “ Grazie, grazie” Mentre due
poliziotti gli aprivano un varco tra la gente. Quando la messa terminò la folla
era raddoppiata. Umberto rimase come imprigionato; una vecchietta allungò la
mano e gli accarezzò la guancia; un uomo di forme erculee si fece avanti e gli
presentò una bandierina dicendo : “Ho avuto l’onore di fare il soldato ai
vostri ordini”. Poi tutti cominciarono a battere le mani. Solo quando Umberto
estremamente commosso, raggiunse la vettura e partì, in Carmine street ritornò la quiete“.
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