NON VI E' DUBBIO CHE UNA NAZIONE PASSATA DA UN REGIME MONARCHICO AD UN REGIME REPUBBLICANO SIA UNA NAZIONE «DECLASSATA», E CIÒ NON PUÒ NON ESSERE AVVERTITO DA CHIUNQUE ABBIA UNA SENSIBILITÀ PER VALORI I QUALI, PER ESSERE SOTTILI E IMMATERIALI, NON PER QUESTO SONO MENO REALI.

sabato 12 dicembre 2015

Il Re in America e la bambina

 di Emilio Del Bel Belluz  


Sono sempre stato circondato da libri e da riviste specialmente quelle di un tempo. In quei giornali si trovavano spesso delle notizie ricche di umanità. Nella rivista - Oggi - del 1963 ho trovato la cronaca di un viaggio che fece Re Umberto II a New York.
In quell'ottobre del 1963 il Re  aveva 59 anni. Le foto lo riportavano vestito elegantemente e con il volto sorridente. Aveva compiuto questo viaggio su invito di alcune personalità americane. Gli americani avevano sempre ammirato la correttezza di Re Umberto II.
Non credo che nessun politico se ne sarebbe andato in esilio contando su oltre dieci milioni di cittadini che avevano scelto di votare per la monarchia. Il Re volle evitare una guerra, in quanto era una persona di grande cuore e di alti valori cristiani. Le persone umili hanno il potere di donare la serenità agli altri, ma che spesso non danno a se stessi. Le persone come Umberto erano nate per dare e non per ricevere. Giungeva a  New York il 16 ottobre alle ore 10.30, arrivando da Lisbona. Il giornalista che scrisse questo articolo era Gino Gullace.
Questo giornalista con penna delicata scriveva e raccontava un episodio che era accaduto al Re, incontrando una bambina.” L’ex sovrano stava visitando il Metroplitan Museum, a New York; per la  precisione, si trovava nella famosa sala degli impressionisti francesi. Una maestra di origine italiana, la signora Fasolino stava illustrando ai suoi piccoli allievi le caratteristiche di un Renoir. Quando notò Umberto interruppe la spiegazione per indicarlo discretamente alla scolaresca. Umberto  sorrise; in quel momento, dal gruppo dei piccoli visitatori si staccò una bambina. Si avvicinò a Umberto, abbozzò una riverenza e con la sua vocina aggraziata disse : “ Benvenuto Mister Re. Ma perché sei venuto a trovarci senza la corona?”. “ Perché Sua Maestà viaggia come privato e non in uniforme”, le rispose arrossendo la signora Fasolino. “ E’ proprio un peccato “, ribatté  la piccola prima di congedarsi con un’altra riverenza”. 
Credo che questo  piccolo fuori programma abbia divertito il sovrano, e penso che  quel sovrano così bello  sia stato ricordato dalla bambina per tutta la vita. Anche il Re si sarà portato con sé questo ricordo così dolce. Erano diciassette anni che aveva lasciato l’Italia,  ma non era stato dimenticato neppure in  America. In quei quattro giorni di visita ha partecipato a molti incontri con personalità della politica, come pure ebbe modo di incontrare molti italiani che abitavano in America. L’invito ufficiale gli era venuto dal cardinale Spellman, che desiderava presenziasse come ospite d’onore a una manifestazione di beneficenza che raccoglieva fondi per i poveri. Il Re si era dato a questa manifestazione con affetto ed entusiasmo.
Gli era capitato di incontrare un combattente della Grande Guerra che gli aveva donato una bandiera italiana. Anche questo episodio dimostrava che dopo 17 anni d’esilio non era stato dimenticato. Oltre al Cardinale Spellman aveva incontrato Rockefeller ed Eisenhower. Si era intrattenuto anche con molti uomini italiani di semplice estrazione che vedendo il Re sentirono per un momento d’avere  la loro patria vicina. Erano molti quelli che andarono in America a cercare fortuna. .
Per un attimo ho pensato a Carnera che con la  conquista del titolo mondiale in America  aveva reso felice gli italiani che vi abitavano. La commozione e l’affetto  che dimostravano nell’incontrare  il Re erano grandi e li permettevano di alleviare la sofferenza dovuta alla lontananza  dal suol patrio. Vi è un altro episodio avvenuto nella stessa mostra dove una bambina si avvicinò al re salutandolo. “ Nella sala dei quadri degli impressionisti, c’era un professore con il mento ornato di un pizzo rosso che spiegava ad alcuni studenti di scuola media i pregi di un quadro.
Hillary Garr, una studentessa sedicenne, si staccò dal gruppo e domandò chi fosse quel signore che camminava accompagnato da un numeroso seguito. Quando seppe che era l’ex Re d’Italia,  Hillary lasciò il professore con il pizzo rosso e giunta davanti a Umberto gli disse: “ Ciao Re”. “ Ciao ”Era l’unica forma di saluto che ella sapeva in italiano. L’ex sovrano si fermò, le strinse la mano, le rivolse cordialmente delle domande”.
L’indomani mattina il Re con un aereo privato assieme al ministro della Real  Casa Falcone Lucifero andarono alla fattoria dove viveva Eisenhower. La visita del sovrano viene descritta in modo minuzioso con queste parole: “Eisenhower vive nella sua fattoria di Gettysburg come Cincinnato. Si arriva alla sua casa passando per un vialetto, a piedi. Di solito, gli ospiti di riguardo sono attesi dal generale sulla soglia, ma per Umberto venne fatta una eccezione. Eisenhower inviò all’aeroporto  il generale Schultz, suo aiutante a prelevarlo con la sua automobile. Ike era di buon umore. Come vide il nostro fotografo disse, ridendo, a Umberto: “Maestà quello è l’unico uomo al mondo il quale può dirci cosa dobbiamo fare ora e come dobbiamo metterci”. Il fotografo, infatti, li pregò di fermarsi, di discorrere”. Il generale poi mostrò  al Re alcuni cimeli della guerra, tra cui alcuni giornali ed uno incollato ad una parete: “Herald  Tribune del 1944. Su quello del sei giugno a grossi titoli spiccava questa notizia: “Vittorio  Emanuele III nomina il principe ereditario luogotenente  del Regno”. Il Re ebbe un momento di tristezza che fu subito distratto dal dono di un libro, in cui il presidente rievocava i tempi della presidenza. Il Re in quel viaggio non aveva dimenticato il suo legame con la sua amata Italia. “
L’episodio più imponente e più pittoresco si svolse all’indomani, sabato, davanti alla chiesa della Madonna di Pompei, a Carmine Street. La strada sulla quale si trova la chiesa fa parte del quartiere italiano di Greenwich Village. Qui vivono decine di migliaia di vecchi immigrati di tutte le parti d’Italia. Fuori, quasi tutte le botteghe portano nomi italiani e offrono al pubblico mozzarelle, salami, oli d’oliva, che portano nomi come “ Pace o mio Dio” e “Olio mamma mia“. Le donne vecchie camminano con la coroncina del rosario tra le mani e la testa coperta da scialli. Qui c’è insomma un po’ d’Italia di cinquanta anni fa, imbalsamata, dove la gente parla ancora della guerra di Tripoli o scrive ai parenti per farsi giocare qualche numero all’otto sulla ruota di Bari o di Palermo. Nella chiesa di Carmine  Street, la mattina di sabato c’era una messa in suffragio delle vittime del disastro del Vaiont. Subito si sparse la voce che Umberto di Savoia avrebbe assistito a quella messa, e due ora prima che cominciasse davanti alla chiesa c’erano miglia di persone.

Umberto giunse alle 10.30. Subito dalla folla cominciarono a levarsi voci prima discrete e poi sempre più forti, in dodici dialetti e in lingua americana : “ God Bless You, Benedittu, Viva lu Re “. Le donne tendevano le mani, Umberto stringeva tutte quelle che poteva e ripeteva “ Grazie, grazie” Mentre due poliziotti gli aprivano un varco tra la gente. Quando la messa terminò la folla era raddoppiata. Umberto rimase come imprigionato; una vecchietta allungò la mano e gli accarezzò la guancia; un uomo di forme erculee si fece avanti e gli presentò una bandierina dicendo : “Ho avuto l’onore di fare il soldato ai vostri ordini”. Poi tutti cominciarono a battere le mani. Solo quando Umberto estremamente commosso, raggiunse la vettura e partì, in Carmine  street ritornò la quiete“.   

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