BOLZANO. Nella sterminata libellistica comparsa in occasione del centenario della Grande Guerra, c’è anche un libricino, dall’apparenza esile ma dagli obiettivi ben chiari. L’autore è Waldimaro Fiorentino, e il titolo del libro è, con la massima semplicità, “La Prima Guerra mondiale”, edizioni Catinaccio.
Fiorentino è uno che ha bisogno di poche presentazioni. Fare lo storico non è mai stato il suo mestiere, ma la passione per la storia l’ha accompagnato per tutta la vita, al punto che nel suo curriculum compaiono oltre 600 conferenze in tutta Italia su temi di storia contemporanea o di storia delle minoranze linguistiche. Il volumetto di Fiorentino, una sessantina di pagine in tutto, tiene a mettere a fuoco due particolari aspetti di un conflitto enormemente complesso e ricco di implicazioni economiche, politiche, strategiche, umane.
Vediamoli. Il primo: respingere al mittente l'accusa di fellonia all'Italia per il supposto voltafaccia nei confronti della “Triplice”. L’autore ricorda che il carattere dell’alleanza era dichiaratamente difensivo e prevedeva il soccorso degli alleati solo in caso di aggressione dall’esterno.
Inoltre il trattato prevedeva all'articolo 7 che gli alleati dovessero interpellare l’Italia prima di ogni azione militare e riconoscere al nostro Paese compensi equivalenti per ogni loro ingrandimento territoriale anche temporaneo. Inoltre una specifica clausola esonerava l’Italia da azioni di guerra dirette contro l'Inghilterra. Bene: nessuna di queste condizioni venne rispettata.
L’Italia non fu neppure interpellata prima dell’inizio delle ostilità e di compensi l’imperatore d'Austria non volle mai sentir parlare. Dunque l’iniziale neutralità italiana aveva solide motivazioni. Di fatto lo spirito della Triplice fu tradito proprio dagli imperi centrali, non certo dal nostro Paese.
L’altro aspetto che sta a cuore a Waldimaro Fiorentino riguarda ciò che accadde alla fine del conflitto, con l’Italia impegnata ad evitare la disgregazione dell’Austria, cosa che non viene mai ricordata.
«L'Austria - scrive l'autore bolzanino - si incamminò volontariamente verso la sua disgregazione e furono proprio le potenze vincitrici, prima fra tutte l'Italia, a mantenerla in vita: il Vorarlberg si offrì alla Svizzera, che declinò l’offerta; l'Austria tedesca votò l'annessione alla Germania, ma l’Intesa impedì l'unione; il Tirolo offrì la Corona della regione fino a Kufstein a Vittorio Emanuele III, il quale nel rispetto degli accordi tra le potenze dell’Intesa si fermò al Brennero».
Non solo, «L'Italia fece molto di più delle altre potenze per scongiurare la cancellazione dell’Austria dalla carta geografica; offrendosi persino di rinunciare ad alcune rivendicazioni».
Insomma, secondo Fiorentino, se l’Austria esiste ancora lo deve al Belpaese anche se oggi, soprattutto alle nostre latitudini, nessuno ha voglia di ricordarlo. (k.c.)
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