01/08/2015 di Silvia Mangano
Emanuele Filiberto Testa di Ferro |
Il duca Emanuele Filiberto, ritenuto il fondatore del moderno stato sabaudo, morì nel 1580, amato dai sudditi e rispettato come illustre condottiero e sovrano da tutta l’Europa.
Emanuele Filiberto, futuro duca di Savoia, nacque l’8 luglio 1528 a Chambéry, da Carlo II di Savoia e di Beatrice di Portogallo. Il suo stato di terzogenitura lo avviò automaticamente alla carriera ecclesiastica, tanto che il papa Clemente VII già nel 1530 aveva promesso al padre del fanciullo una berretta cardinalizia e il vescovato di Ginevra – città ancora appartenente al ducato: a corte venne definito “il cardinalino” e così lo si volle ritrarre in un quadro ancora oggi conservato a Torino. Tuttavia, la prematura scomparsa di entrambi i fratelli maggiori (Adriano e Luigi) costrinse la famiglia a indirizzarlo agli studi umanistici e militari per farne un erede di tutto rispetto nel proscenio europeo, abbandonando il progetto di farne un cardinale influente alla corte del Papa.
All’epoca, il ducato dei Savoia si trovava in un’infelice posizione: incombeva, a Oriente, la presenza francese, mentre a Occidente il ducato di Milano sarebbe presto passato in mano francese e poi imperiale. Non fu certo una sfortunata coincidenza se, nell’anno della sua successione a duca di Savoia (1553), il re di Francia decise di occupare le terre sabaude: il giovane duca, infatti, si trovava sul campo di battaglia a combattere a fianco dell’imperatore.
Fu il servizio prestato agli Asburgo fin dall’età di quindici anni che permise a Emanuele Filiberto di guadagnarsi la fiducia della famiglia imperiale. Fu caro amico di don Juan, il figlio naturale dell’imperatore che sconfisse i turchi a Lepanto, e per le doti strategiche e militari divenne comandante dell’Armata di Fiandre, a cui seguì nel 1556 il titolo di governatore.
Esiliato dalla propria patria, il Savoia servì tenacemente gli Asburgo nella speranza, una volta conclusa la guerra in corso da più di dieci lustri, di rientrare in possesso del ducato. Ciò avvenne soltanto nel 1559, alla stipulazione della pace di Cateau-Cambrésis, tramite cui i rispettivi sovrani di Francia e Spagna, Enrico II e Filippo II, si promettevo di cessare le ostilità. A garanzia della pace vennero strette salde unioni matrimoniali tra i due regni, unioni in cui fu compreso anche Emanuele Filiberto. Gli venne concesso di ritornare in possesso di quasi tutti i territori sabaudi – Ginevra, ormai protestante, entrava a far parte della confederazione svizzera –, solo e soltanto qualora avesse sposato Margherita di Valois, sorella di Enrico II e più vecchia del Savoia di cinque anni.
Tornato dall’esilio, trasferì la capitale a Torino e avviò una serie di riforme che traghettarono il ducato verso la modernizzazione dell’apparato statale. Centralizzò il governo e unificò il sistema finanziario, abolendo gli statuti cittadini e feudali che fino ad allora avevano garantito una certa disomogeneità amministrativa; abolì il latino come lingua ufficiale e preferì il volgare nei territori piemontesi e nel contado di Nizza e la lingua francese nei territori a ovest delle Alpi. Riuscì, inoltre, a costituire un esercito locale, che andò a sostituire quello di ventura (utilizzatissimi da tutti i sovrani dell’epoca) e che si ritagliò un piccolo spazio sul glorioso podio che spettò ai vincitori della battaglia di Lepanto (1571). In ambito religioso, attuò le riforme chieste dal Concilio di Trento, ma fu estremamente benevolo con la minoranza valdese all’interno del ducato, a cui concesse una forma di libertà di culto con la pace di Cavour (1561), considerato uno dei primi documenti da parte di un’autorità secolare concedenti libertà religiosa nell’Occidente europeo.
Il duca Emanuele Filiberto, ritenuto il fondatore del moderno stato sabaudo, morì nel 1580, amato dai sudditi e rispettato come illustre condottiero e sovrano da tutta l’Europa.
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