NON VI E' DUBBIO CHE UNA NAZIONE PASSATA DA UN REGIME MONARCHICO AD UN REGIME REPUBBLICANO SIA UNA NAZIONE «DECLASSATA», E CIÒ NON PUÒ NON ESSERE AVVERTITO DA CHIUNQUE ABBIA UNA SENSIBILITÀ PER VALORI I QUALI, PER ESSERE SOTTILI E IMMATERIALI, NON PER QUESTO SONO MENO REALI.

lunedì 16 giugno 2014

Istria, quell’agosto di sangue ancora senza colpevoli


1946: esplode una catasta di bombe sulla spiaggia, 66 le vittime e decine i feriti Il testimone Livio Dorigo: «Pola era un’enclave alleata al centro di troppe tensioni»


di Luciano Santin

Il 18 agosto 1946 Pola è un’enclave angloamericana dal destino incerto, anche se appare probabile la sua assegnazione alla Jugoslavia. A Vergarolla, dove è in corso una gara natatoria, una catasta di bombe lasciate incustodite sulla spiaggia esplode, causando 66 vittime e una cinquantina di feriti. Le inchieste che seguono stabiliscono che si è trattato di atto doloso, senza indicarne responsabili o finalità. E Vergarolla viene dimenticata. L’oblio dura sino al 1996, quando il Circolo Istria erige una stele sul sagrato del duomo di Pola. E in seguito affida allo storico Gaetano Dato una ricerca, oggi pubblicata da Libreria Editrice Goriziana con il titolo Vergarolla. 18 agosto 1946
Di qui nascono l’interrogazione parlamentare Garavini (Pd) per una commissione d’inchiesta, e la commemorazione tenuta venerdì scorso a Montecitorio, cui ha presenziato Livio Dorigo, testimone della strage e presidente del Circolo Istria.


Dorigo, dunque si trattò di un gesto voluto?
«Le inchieste esclusero la deflagrazione spontanea, anche se ce n’erano già state due, al Molo Carboni e a Vallelunga. Per citare L’Arena di Pola, la città era “assediata dagli esplosivi”, con depositi non sorvegliati, spesso saccheggiati dai pescatori. Gli Alleati, che non volevano accuse di responsabilità, dissero che, senza innesco, le bombe non potevano scoppiare, ma L’Arena
espresse dei dubbi».


La vulgata degli esuli dice che l’attentato voleva indurre gli italiani ad andarsene. Gli studi di Dato portano certezze?
«No. La scelta, del resto, era già stata fatta. All’opzione per l’esodo avevano aderito 28 mila capifamiglia su 70 mila abitanti. Il Messaggero Veneto – all’epoca giornale della destra – scrisse anzi che i polesani erano stati colpiti “per privarli di quella forza d’animo dimostrata nella decisione di abbandonare tutto, di distruggere tutto se lo straniero dovesse un giorno calpestare le pietre poste sulla strada della città dai legionari romani”. Ma alla vigilia delle decisioni internazionali un attentato del genere poteva ritorcersi contro Tito».

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