Durante il periodo
del Regno e
quindi della Monarchia, non aveva
alcuna logica l’ esistenza
di un partito
o di un
movimento monarchico, aderendo alla
istituzione monarchica la grande maggioranza
dei parlamentari dalla
Destra al Centro-Sinistra, con l’eccezione
spiegabile del partito
repubblicano mazziniano, e
quella meno spiegabile
del partito socialista, nei suoi
vari tronconi, incapace di
imboccare la strada
del riformismo, salvo casi
sporadici seguiti da
espulsione, per cui, al
massimo esistevano delle
associazioni, per lo più
locali, che riaffermavano la
fedeltà alla Casa
Savoia, e tutto
questo oltre tutto,
fino al consolidarsi
del fascismo , come regime
a partito unico, che
già mal tollerava, anche dopo
la Conciliazione del
1929, l’ esistenza e l’attività
delle organizzazioni cattoliche, tenacemente difese
dalla Chiesa, tra cui
quelle universitarie, che servirono
infatti dopo il 25 luglio
1943, a costituire , insieme
con i vecchi
quadri del Partito
Popolare, l’ ossatura della
Democrazia Cristiana, il nuovo
nome assunto al
posto del “popolare”.
Perciò dopo l’ 8 settembre 1943 , di
fronte all’attacco concentrico
alla Monarchia dal
Nord, repubblica sociale, e dal
Centro- Sud, comitato di liberazione
nazionale, composto da partiti
liberale, democratico cristiano,
democratico del lavoro, socialista, comunista e d’
azione, particolarmente accanito contro
il Re Vittorio
Emanuele III, il Principe
Umberto, con fantomatici dossier, e
tutta Casa Savoia, si
pensò di riunire
nel Meridione, senza coinvolgere
il Sovrano, i
sostenitori del mantenimento
dell’ istituzione monarchica,
con iniziative varie, alcune
combattentistiche ed altre
politiche come il
Partito Democratico Liberale, dell’onorevole prefascista
(1919 -1926), ed antifascista,
Raffaele De Caro, dove
fece le sue
prime esperienze il
trentenne professore Alfredo
Covelli, ma è dopo
la liberazione di
Roma, nel giugno 1944, che nascono
sia il Partito
Democratico italiano, ad opera
di Enzo Selvaggi, anche lui
giovane di trentuno
anni ed all’inizio
della carriera diplomatica, con un
giornale battagliero “Italia
Nuova”, dove scrivevano il
marchese Roberto Lucifero, il
giornalista e scrittore
napoletano Alberto Consiglio, insieme con
numerosi giovani, sia una
associazione apartitica ,
l’Unione Monarchica Italiana, ( agosto 1944), anche
qui ad opera
di un giovane ufficiale , il conte
Luigi Filippo Benedettini
e di un
altro ex-ufficiale Augusto
De Pignier. E dal
Sud approdava a
Roma, dandone la Presidenza
al senatore Alberto
Bergamini, figura
prestigiosa di liberale
antifascista, già Direttore del
“Giornale d’Italia”, la Concentrazione Democratica
Liberale,con Segretario Emilio
Patrissi e Vice
Segretario Alfredo Covelli. Questa presenza
giovanile era senza
dubbio significativa ed
apprezzabile, ma logicamente mancava
di esperienze , con nomi
praticamente poco conosciuti, mentre i
“grandi vecchi“, ad eccezione
di Bergamini , ovvero Ivanoe
Bonomi, Benedetto Croce,
Enrico De Nicola, Luigi
Einaudi, Francesco Saverio Nitti, Vittorio Emanuele
Orlando, si erano tutti
piuttosto defilati di
fronte al problema
istituzionale, anche se successivamente, prima del
Referendum, fecero esplicite dichiarazioni
a favore del
mantenimento della Monarchia
dei Savoia, avendo abdicato
il 9 maggio
1946, Vittorio Emanuele, ed essendo
divenuto Re, il Principe
Umberto, che aveva
bene operato nei
due anni di
Luogotenenza.
Vi erano quindi
politicamente dei giovani
“generali”, ma mancavano i
“quadri”, né questi esistevano
nel Partito Liberale, l’unico dei
sei partiti del
CLN, che, a maggioranza si
fosse pronunciato a
favore della Monarchia, essendo sorto
come partito, proprio quando
si stava affermando
il fascismo, e quindi
non aveva potuto
costituire quella struttura
organizzativa che avevano
i “popolari” ed
i socialisti, e che , rimasta
“dormiente “ nel ventennio, permise agli
stessi, ed al Partito
Comunista di riprendere
l’attività dopo il
1944, in tutto il
territorio nazionale, via via
che lo stesso
venisse “liberato” dalle forze
anglo-americane, alle quali si
erano aggiunti anche
reparti del Regio
Esercito, e nelle regioni
ancora occupate dai
tedeschi di operare
clandestinamente con la
Resistenza.
La situazione non
cambiò molto nei
due anni dal
1944 al 1946 , per
cui la campagna
elettorale del Referendum
Istituzionale, e per la
Costituente, fu condotta in
ordine sparso.
Per la
Costituente vi era
una sola lista nazionale dichiaratamente monarchica, il Blocco
Nazionale della Libertà, con
simbolo una “Stella
a Cinque Punte”, che non
aveva però qualcosa
che richiamasse la
Monarchia, e che non
era presente in
tutte le circoscrizioni, ed alcune
liste altrettanto dichiaratamente monarchiche
anche nei simboli , ma
su scala locale, che
nel complesso presero
75.000 voti , ma nessun
seggio, disperdendo perciò il
voto che con
i 680.000, pari al
2,8%, del Blocco,
avrebbe fatto eleggere
più di 16
Costituenti. In ogni caso
la propaganda per
la monarchia ricadde
quasi esclusivamente sui
candidati del Blocco
nazionale della libertà, che
vide eletti i giovani
Covelli, Selvaggi, Lucifero, Benedettini, e tra
quelli più anziani
il generale Roberto
Bencivenga, tra i più
attivi patrioti a
Roma, nei nove mesi
della occupazione tedesca,
l’industriale Tullio Benedetti, presidente dell’ UMI , l’avvocato Francesco
Caroleo (padre dell’avv. Nunzio Caroleo , eletto al
Parlamento per il PNM
, nel 1953), l’avvocato Gustavo
Fabbri, il senatore Bergamini
ed il professore
Orazio Condorelli,dell’
Università di Catania
figura storica dei
monarchici siciliani, e che fu successivamente eletto
senatore per il PNM,
nel 1953, al quale
si deve una
amara frase pronunciata
già nel marzo
1947 e che
spiega tante cose
del mondo monarchico
da allora ad
oggi: “ Le mie speranze
per la Monarchia
si attenuano
quando partecipo alle riunioni politiche
monarchiche!”
Ritornando alla campagna per
il Referendum, nella quale
specie al Nord
fu anche in
molti casi impossibile
riuscire a tenere
comizi monarchici per
l’azione violenta ed
intimidatoria della sinistra
social comunista, dobbiamo
ricordare in Piemonte
l’opera del “Gruppo
Cavour”, dotatosi di un
battagliero settimanale, il “Cavour“, ed
i comizi di
un avvocato milanese, Cesare Degli
Occhi , di una famiglia
di antica tradizione
politica cattolica, che dopo
aver militato da
giovane nel Partito
Popolare e dopo
la caduta del
fascismo nella Democrazia
Cristiana, ne era uscito
dopo la scelta
congressuale repubblicana che
lui aveva combattuto
con tutte le
sue forze. Anche Degli
Occhi, dopo essere stato
eletto consigliere comunale
di Milano, fu successivamente mandato
nel 1953 in
Parlamento, dai monarchici della
circoscrizione Milano –Pavia,
ed attorno a Lui,
a Milano, crebbero dei
giovani monarchici tra
i più qualificati
intellettualmente e di indirizzo cattolico
e liberale, quali Mario
Foresio, Angelo Domenico Lo
Faso, Achille Aguzzi, tutti oggi
scomparsi, alcuni prematuramente,
e l’avvocato Lodovico
Isolabella, ed in epoca
successiva Massimo De
Leonardis, senza dimenticare
Guido Aghina e
due esponenti della
sinistra monarchica, Mario Artali, poi
deputato del PSI, e
Tebaldo Zirulia, divenuto importante
esponente sindacale.
La propaganda monarchica
poté avvalersi come
giornali della già
citata “Italia Nuova”
, del “Giornale della
Sera”, di qualche altro
di minore diffusione
nel Centro-sud, ed
al Nord del
“Mattino d’Italia”, diretto da
Massimo Mercurio, di estrazione
Partito Democratico, e
fu conclusa il
30 maggio, alla radio, dal
Ministro della Real
Casa, Falcone Lucifero, con un
messaggio di grande
apertura democratica e
sociale, che delineava le
linee di una
rinnovata Monarchia ed
interpretava il pensiero
di Umberto II, come
possiamo vedere dai
messaggi che il
Re inviò dall’esilio
agli italiani, sintetizzati “Autogoverno di popolo e
giustizia sociale”, che il PNM,
riportò sulla sua
tessera d’iscrizione.
La sconfitta della
Monarchia, portò logicamente ad
una diversa impostazione
della battaglia politica, mirante a
riproporre il problema
istituzionale, con la nascita
di vari partiti
monarchici, in primo luogo, il
22 luglio 1946, a
Roma, il Partito Nazionale Monarchico, simbolo “ Stella
e Corona “ , ma non
vide, ad esempio, la confluenza
nello stesso, del Partito
Democratico Italiano, che preferì
entrare nel PLI, rafforzandone la
componente monarchica, tanto che l’onorevole
Roberto Lucifero, ne divenne
Segretario nazionale, sia pure
per un breve
periodo. Nel nuovo partito, PNM, di cui divenne
Segretario Nazionale l’ onorevole
Alfredo Covelli, che conservò
ininterrottamente tale carica, anche
nel successivo PDI e
PDIUM, (Partito Democratco Italiano
di Unità Monarchica), fino al
1972, data della scomparsa
del partito stesso, confluito nel
Movimento Sociale Italiano, eccettuato un
numeroso gruppo, particolarmente giovani , con
un Vice Segretario
del PDIUM, dr. Alfredo Lisi, entrarono subito
diversi ex-militari, che avevano
lasciato il servizio
attivo, per non riconoscere
la repubblica, ma che
certo non avevano
preparazione politica. E questa
fu prima forma
di monachismo, cioè la
fedeltà al giuramento
prestato a suo
tempo al Re, malgrado
che Umberto II, nel
messaggio lasciato alla
partenza per l’ esilio, li
avesse nobilmente sciolti
dallo stesso, insieme con
lo sdegno per
come si era svolto
il referendum ,
ed i ragionevoli
dubbi sul suo
risultato, che per anni
furono tra i
principali motivi, più che
giustificati, della
propaganda monarchica. In ogni
caso vi erano, tra
gli ex-militari, persone
dotate di
capacità organizzative ,
come ad
esempio il colonnello
De Carli, che resse per
anni l’ ufficio organizzazione del
PNM. Fondato il PNM , bisognava coprire
il territorio
nazionale con Federazioni
Provinciali e con
le Sezioni Comunali, molteplici nel
caso delle grandi
città, aprendo sedi dignitose, così da
poter effettuare un
regolare tesseramento e
poter presentare liste
alle varie elezioni
amministrative che si
tennero dopo il
referendum, particolarmente
nel Centro-Sud, volutamente escluso
da Romita, Ministro dell’ Interno, nel primo
turno elettorale svoltosi
volutamente al Nord, prima del
fatidico 2 giugno
1946, ed alle famose
elezioni politiche del 18
aprile 1948. In questo
primo banco di prova il
giovane partito ottenne
il 2,8% dei voti
e 14 deputati
,tutti concentrati tra
Campania, Puglie e Sicilia , tra i
quali , riconfermato Covelli, entrarono i
siciliani Alliata e
Marchesano ed il
napoletano Gaetano Fiorentino, del gruppo
del “comandante” Lauro, che si era avvicinato
al PNM, di cui
poi divenne Presidente
e finanziatore moderato, per
cui, nei movimenti monarchici, non vi
è stata mai ricchezza di mezzi finanziari, malgrado le accuse, le
dicerie ed altre
insinuazioni dei nostri
avversari di centro
e di sinistra.
Il
consolidamento elettorale del
PNM negli anni
successivi al 1948, iniziato con
le elezioni regionali
sarde del 1949, con
oltre l’11% di
voti, e con quelle
siciliane, dove entrò nel
governo dell’isola con
importantissimi assessorati, l’industria
con l’on. Bianco e l’
istruzione con l’on.Castiglia, e
con alcune importanti
elezioni amministrative, culminato con
i risultati del 7 giugno
1953, ed i 40
deputati e 16
senatori, fu accompagnato
logicamente dal rafforzamento
della struttura organizzativa, con un
Movimento Giovanile, la cui
importanza non fu
mai apprezzata a
sufficienza, ma che oggi
in una visione
storica costituisce il
maggiore titolo di
vanto del partito
monarchico. Infatti nel decennio
1948 – 1958 si costituirono
in numerose città, oltre
ai gruppi universitari
dove esistevano Atenei, dei
nuclei di giovani
validi, oltre al già
citato gruppo milanese, i
cui esponenti, se in
vita, perché molti sono
mancati prematuramente,
partecipano ancora oggi alla battaglia
monarchica. A titolo indicativo
e non esaustivo, ricordiamo a
Torino, i fratelli Giancarlo
e Roberto Vittucci, e
Vincenzo Pich, a Biella Gustavo Buratti e
Mario Coda, A Padova, Giulio De
Renoche, Paolo Cadrobbi e Carlo
Crepas, a Pisa, Bruno Brunori, Ettore Mencacci e
Nino Bergamini, a Roma, oltre
al gruppo più
anziano dei Nicola
Torcia, Giovanni Semerano, Renato Ambrosi
de Magistris, Michele Pazienza, Vito Andriola, Enzo Mauro, Riccardo Papa, Edoardo
Albertario, Gabriella Cro, i più giovani Domenico
Giglio, Antonello Delcroix, Gianvittorio Pallottino, Amedeo De
Giovanni, Mario Pucci,
Manuel Miraglia, Camilla Sibilia, Marzio di
Strassoldo, divenuto
successivamente Magnifico Rettore
ad Udine. A Napoli, Gustavo Pansini, Luca
Carrano, Mario Miale, Carlo Antonio
del Papa, a Bari Waldimaro Fiorentino ( oggi a
Bolzano) e Carlo Alberto
Dringoli, a Genova, Domenico Fisichella, Arduino Repetto, Luciano Garibaldi, Giulio Vignoli
e Pippo Tarò, a
Catania, Enzo Trantino ed
Antonio Paternò di
Roccaromana, e poi
alcuni singoli come
Sergio Boschiero a
Vicenza, Enzo Barbarino a
Trieste, Edilberto Ricciardi
a Salerno, Bruno Melis
a Cagliari ed
a Pescara Vincenzo Vaccarella .
Ritornando al PNM , a
rafforzarne la base
storico –poiltica, sempre dopo
il 1948 , entrarono, forse su
segnalazione superiore, un nutrito
gruppo di ambasciatori
da Roberto Cantalupo, che pubblicava
un periodico “ Governo”
di notevole spessore
culturale, a Raffaele
Guariglia, Guido Rocco, Armando Koch, Emanuele Grazzi, che
se rafforzarono i
vertici, non coprirono il
fabbisogno di quadri
operativi, dove si stavano
avvicinando diversi professionisti e
funzionari dello stato, ma
rimanevano numerosi gli
ex-militari, fra cui molti
carabinieri, nella sezioni comunali
e periferiche. I quadri
invece, lo si
constatò nelle elezioni
del 1958, si stavano
costituendo proprio con
i giovani, mancanti ancora
di adeguata istruzione
politica ed elettorale, in quanto
non era mai
esistita una “scuola
di partito”, ed il
primo ed unico
“Manuale dell’ attivista”,
scritto da Angelo
Domenico Lo Faso, uscì
solo nel 1957, ben
undici anni dopo
la fondazione del
partito. Malgrado quanto affermato
dagli antimonarchici e
dalla stampa di
“regime”, nel PNM la
presenza della nobiltà
era limitata, basti guardare
i vertici del
partito e gli
stessi gruppi parlamentari, per cui
si può serenamente
affermare il suo
carattere interclassista,
maggiormente riscontrabile tra
i giovani.
Un notevole contributo
storico-politico-culturale , a
Roma, fu dato dalla
fondazione nel 1947 , da
parte di monarchici
dichiarati, di un “Circolo
di Cultura ed
Educazione Politica”, denominato
“REX”, indipendente da partiti
ed associazioni, aperto a tutti,
ma non
legato a nessuno, ancora oggi
operante e giunto
al suo 67° ciclo,
che inizialmente riuniva
per venti domeniche
all’anno, monarchici e simpatizzanti, con conferenze
affidate a relatori
ed oratori di
grande prestigio e cultura,
dato che, allora, il mondo
monarchico in genere, dal
PNM , all’ UMI, ed altri gruppi, era
ricco di personalità, dai Rettori
d’Università, quale Allara a
Torino, Menotti De Francesco
a Milano, Origone a
Trieste, Papi a Roma, al
grande latinista Ettore
Paratore, agli storici Ghisalberti, Levi e Volpe,
che ne
fu anche Presidente
Onorario, elenco anche questo
indicativo, ma non esaustivo.
Quanto poi agli
esponenti nei comuni
e nelle provincie, vi
furono personalità locali
che occupavano tutti
gli spazi, dal caso
più clamoroso di
Achille Lauro , eletto Sindaco
trionfalmente a Napoli
nel 1952, e nel
1956 con la
maggioranza assoluta dei
voti, ad un Oronzo
Massari, che conquistò il
Comune di Lecce, con
“Stella e Corona”, senza bisogno
di alleanze.
Il volere “tutti
i monarchici in
un solo partito”, slogan iniziale
del PNM, se fece
affluire subito numerosi
iscritti, guadagnando nel numero, non
facilitò la realizzazione
di una omogenea
linea storico culturale,che incominciando dal
Risorgimento, ne attualizzasse
i suoi valori
di libertà e di
democrazia, e proseguisse fino
alla Guerra di
Liberazione, ricordando e rivendicando
la fedeltà
al Re, dell’Esercito, della Marina
e dell’Aviazione, e la presenza numerosa
e qualificata di
monarchici nella Resistenza, forse per
la necessità degli
“apparentamenti”, imposti
dalla legge elettorale
per le elezioni
amministrative, dal 1952,
con il
Movimento Sociale Italiano, ma
che videro la
conquista dei Comuni
di Bari, Foggia, Avellino,
Benevento, Salerno e Napoli, con
sindaci tutti del
PNM, risultato il partito
maggioritario dell’ alleanza.
Il successivo evolversi
della situazione partitica
dopo il 1954, con
scissioni dolorose e
riunificazioni tardive, se
non influì sull’ organizzazione, che vide
defezioni, ma anche il
raddoppio del numero
di sedi e dirigenza, acquisendo qualche
nuovo interessante esponente, fu
però negativa per
i giovani che
non affluirono più
numerosi dopo il
1961 ma , fortunatamente, trovarono
nuovi spazi nel
Fronte Monarchico Giovanile
dell’ UMI, dove alla dirigenza
del professore Ernesto
Frattini, giovane ricco di una grande
cultura, successivamente
prematuramente scomparso, al
quale si deve
la pubblicazione di
una serie di
quaderni, oggi introvabili,
di argomenti storici
e politici, ma meno
ricco di doti organizzative, era seguita
la dirigenza dinamica
di Sergio Boschiero, con la
quale abbiamo una
ulteriore qualificata generazione
di giovani , da Antonio
Tajani ,a Domenico De Napoli, Antonio Galano, Massimo Mazzetti, Michele D’ Elia, Antonio Ratti, Salvatore Sfrecola,Antonio Maulu, Pier
Carlo De Fabritiis, Fabio Torriero, Marco Grandi
ed il caro, sfortunato amico Gian Nicola
Amoretti.
La diaspora del
partito monarchico degli
anni ‘60 di
cui si avvantaggiarono democristiani
e maggiormente i
liberali portò alla
infelice decisione del
1972, di cui abbiamo
fatto precedente cenno , e
la residua organizzazione, malgrado i
nobili tentativi della
“Alleanza Monarchica”, per coloro
che avevano rifiutato
la confluenza nel
MSI di mantenerla
regolarmente in vita, grazie
al valoroso periodico
mensile di Roberto
Vittucci, e del C.A.M. ( Centri Azione
Monarchica), per coloro che
invece avevano aderito
al MSI, per non
esserne schiacciati, si andò
assottigliando di anno in anno , anche
se vi sono
state alcune interessanti
adesioni, ed una successiva
fioritura spontanea di
giovani monarchici.
Nella diaspora sopra
citata ed in
altre vicende di
separazioni e scissioni
qualcuno vede la
causa anche in
un deficit di
democrazia interna e
nell’assenza di un
dibattito politico ed
ideologico, che non ha
consentito di fidelizzare
l’ elettorato, razionalizzandone le
convinzioni monarchico sabaude, lasciando spazi
solo ad encomiabili
sentimenti, che l’andare dei
tempi e l’evolversi
generazionale non hanno
più la presa
emotiva che pure aveva costituito
la base dell’ iniziale discorso
politico.
Domenico Giglio
Bibliografia :
- Cesare Degli Occhi – Piero Operti: “Il Partito Nazionale Monarchico” poi cambiato in “Il Movimento Monarchico“ - editrice Nuova Accademia – Milano ( senza data-1955?)
- Domenico De Napoli: “Il Movimento Monarchico in Italia dal 1946 al 1954” – Editore Loffredo –Napoli – 1980
- ”Grande Enciclopedia della Politica – I Monarchici – volume 1 – settembre 1993 ; volume 2 –marzo 1994 – edizioni Ebe s.r.l.- Roma
- Andrea Ungari: “ In nome del Re – i monarchici italiani dal 1943 al 1948” –edizioni “Le Lettere”-Firenze -2004 – Biblioteca di Nuova storia Contemporanea- Collana diretta da Francesco Perfetti.
- Andrea Ungari –Luciano Monzali: ”I monarchici e la politica estera italiana nel Secondo dopoguerra “ – editore Rubbettino - 2012
Nessun commento:
Posta un commento