3) LA FINE DEL MEDIO EVO.
Dopo la morte di Corradino
restarono sospesi per molto tempo i legami fra l'Italia e l'impero e cessata
ogni possibilità di unione fra questo e regno di Sicilia, i due stati divennero
naturalmente antagonisti. Le lotte interne delle altre regioni italiane
favorivano intanto la sottomissione dei comuni minori ai maggiori e l'accentramento
del potere nelle mani dei signori più potenti che diede origine alla formazione
delle signorie.
In alta Italia, sempre
maggiore Importanza veniva assumendo lo stato sabaudo, che sotto sovrani
illustri come Umberto beato, (*)
(1129-1189) Tommaso I (1178-1233) e Amedeo IV (1197-1253) aveva avuto parte
non indifferente nelle lotte politiche acquistando nuove città come Pinerolo e
Cuneo. In Lombardia cresceva la potenza di Milano, presto dominata dai Torriani
mentre a Verona si consolidava la signoria degli Scaligeri, più a sud la
famiglia degli Estensi con Obizzo II acquistava la signoria ereditaria e
perpetua di Ferrara, Modena e Reggio. A Venezia crebbe il potere della nobiltà
di fronte al Doge, concretandosi con l'istituzione del Maggior Consiglio (1172) e
di altri organi collegiali: i Pregadi, la Quarantia e il Senato e in seguito al
tentativo rivoluzionario di Baiamonte Tiepolo, il Consiglio dei dieci,
incaricato della sicurezza dello stato e dell'inquisizione politica.
Firenze fu in quell'epoca
insanguinata e divisa dalle lotte fra guelfi e ghibellini, poi fra guelfi
bianchi e guelfi neri, sempre seguite da vendette e proscrizioni e tutte le
città principali parteciparono a tali lotte fra le due fazioni, mentre Carlo
d'Angiò assumeva il ruolo di capo della fazione guelfa in Italia contro i
ghibellini fautori dell'Impero governato da Rodolfo d'Asburgo. (1273)
Le lotte italiane continuarono
acerbe nonostante l'intervento pacificatore dei Papi, alcuni dei quali furono
favorevoli ed altri contrari a Carlo d'Angiò, finché una rivolta scoppiata in
Sicilia contro gli Angioini non provocarono la scissione del suo regno perché
un parlamento siciliano proclamò re dell'isola Pietro Re d’Aragona, genero di
Manfredi; ne nacque un’aspra guerra tra Angioni e Aragonesi che fu combattuta
soprattutto per mare e che terminò con la pace di Caltabellotta conclusa fra
Carlo II figlio di Carlo D’Angiò e Federico figlio di Pietro III, la quale la
Sicilia sarebbe restata a Federico fino alla sua morte dopo di che sarebbe
tornata agli Angioini che mantenevano i territori continentali. (1302)
Si verificò in quel tempo,
l'importantissimo evento storico conosciuto con il nome di cattività
avignonese, cioè lo spostamento della residenza dei Papi da Roma ad Avignone,
città della Francia meridionale già appartenente agli Angioni e da questi poi
venduta al Patrimonio di San Pietro; questo periodo durato dal 1309 al 1376 fu
considerato in Italia di schiavitù per il Papato tenuto prigioniero dai re di Francia,
ma in realtà fu non differente da altri periodi, anche se l'influenza francese
si fece sentire spesso specie per l'elezione dei cardinali e del pontefice.
L'assenza del papa dall'Italia provocò però uno stato pietoso di abbandono in
Roma, ridotta a poche migliaia di abitanti e nocque a tutto l'equilibrio
politico della penisola. Roma abbandonata e ribelle ai rappresentanti
pontifici, si eresse a comune e in essa dominò per qualche tempo il tribuno
Cola di Rienzo, vittima poi delle sue stesse follie e crudeltà che ne
provocarono la caduta e la morte a furore di popolo.
L'Impero in questo periodo fu
praticamente assente e quando l'imperatore Enrico VII di Lussemburgo scese in
Italia per prendere la corona imperiale e sedare in qualche modo le lotte delle
fazioni, trovò l'ostilità dei Torrigiani a Milano che furono cacciati e
sostituiti dal vicario imperiale Matteo Visconti, di Firenze e del re Roberto
di Napoli. L'imperatore, in cui il grande. Dante Alighieri cacciato
da Firenze dall'avversa fazione dei guelfi neri tanto sperava per un
riordinamento della situazione italiana, si accinse a marciare contro gli Angioini
ma morì a Buonconvento presso Siena il 24 agosto 1313, lasciando l'Italia nell'anarchia.
Il suo successore Ludovico il Bavaro si pose in contrasto con il papa Giovanni
XXII e aggravò le condizioni d'Italia con la sua discesa e con la nomina di un
antipapa, da lui chiamato Nicolò V.
Un qualche ordine venne
ristabilito con l'incoronazione dell'imperatore Carlo IV di Lussemburgo, eletto
dai principi tedeschi ostili a Ludovico ed alla morte di questo riconosciuto da
tutti, ma la sua influenza in Italia fu passeggera poché rimanendo in, pieno
accordo con il Papa egli ben poco si occupò delle cose d'Italia, tutto rivolto
ai problemi d'oltralpe.
Nel 1337 venne a morte
Federico re di Sicilia ma contrariamente ai patti di Caltabellotta lasciò il
regno in eredità al figlio Pietro II a cui successe poi il fratello Luigi; a
Napoli invece alla morte di Roberto nel 1343, salì al trono la nipote Giovanna
I il cui regno fu funestato dalle guerre fra i partigiani suoi e del marito
Principe Andrea d'Ungheria; alla morte di questo la regina fu anzi accusata di
assassinio e Re Luigi I d'Ungheria fratello di Andrea la costrinse alla fuga in
Francia, con il secondo marito Luigi di Taranto, e prese possesso del regno di
Napoli lasciandovi un luogotenente. Successivamente si venne ad un accordo e fu
incoronato Re, Luigi di Taranto che regnò insieme alla moglie (1352) e questo
permise ai sovrani napoletani d'intervenire nelle vicende siciliane per tentare
di riconquistare l'isola, riuscendovi in parte, ma
la guerra che ne nacque terminò nel 1372 con il riconoscimento di Federico III
d'Aragona a Re di Sicilia, sia pure come vassallo di Napoli e del Papa.
Il fallimento della politica
egemonica degli angioini favorì la costituzione e il rassodamento delle
signorie italiane; in Lombardia la signoria dei potenti Visconti aveva
sostituito i Torrigiani, i della Scala si erano rafforzati a Verona e a Mantova
si erano insediati i Gonzaga.
Altre signorie erano quelle
dei Carrara a Padova, dei Pepoli a Bologna, dei Manfredi a Faenza, degli
Oderlaffi a Forlì, dei da Polenta a Ravenna, dei Malatesta a Rimini e dei
Montefeltro ad Urbino. A repubblica continuavano a reggersi solo Genova,
Venezia, Lucca e Pisa, sia pure queste ultime spesso insidiate da Firenze, dove
dopo violente lotte fra popolo minuto e popolo grasso, cioè borghesia, con un
periodo signorile del condottiero francese Gualtiero di Brienne, detto il Duca
d'Atene, cominciava a sorgere la potenza dei grossi banchieri.
Agitata la vita dello stato
pontificio dove il potere dei comuni si alternava a quello delle grandi
famiglie della campagna romana, rese più forti dall'assenza del papato,
relegato ad Avignone.
Tale stato di cose provocò la
formazione delle Compagnie di ventura, cioè di milizie mercenarie che al
servizio dei signori combattevano per loro; dapprima comandate e composte
prevalentemente da stranieri, furono poi guidate anche da condottieri italiani,
fra cui celebri restarono Bartolomeo Colleoni, Erasmo Gattamelata e il Conte di
Carmagnola. La loro presenza rappresentò però uno dei periodi più tristi della nostra
storia nazionale perché segno di una deplorevole decadenza politica e morale.
(*) Umberto III fu il primo
dei principi di Casa Savoia fra quelli elevati agli onori degli altari; egli
apre una serie di beati e di venerabili a cui appartengono: il B. Bonifacio di
Savoia Arcivescovo di Canterbury, il B. Amedeo IX duca di Savoia, la B.
Margherita di Savoia Acaia vedova del Marchese di Monferrato e suora
domenicana, la B. Ludovica di Savoia figlia del B. Amedeo e suora francescana;
sono inoltre morte in concetto di santità, le venerabili Maria Clotilde regina
di Sardegna e moglie di Re Carlo Emanuele IV, Maria Cristina figlia di Vittorio
Emanuele I e moglie di Ferdinando II re di Napoli, Francesca Caterina e Maria
figlie di Carlo Emanuele I e Maria Clotilde figlia di Vittorio Emanuele II
comunemente detta « la Santa di Moncalieri ».
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