di
Emilio Del Bel Belluz
Nella vita di Carnera arrivò la malattia. Da
qualche settimana non si sentiva bene, appariva sempre più stanco e questo gli
pesava. Il lavoro che doveva fare nella bottiglieria era diventato impegnativo,
e aveva bisogno di energie che a lui mancavano.
Pina aveva capito che qualcosa non andava e con fatica lo aveva convinto
a consultare un medico. Primo pensava ai tempi in cui fu ricoverato per essere
sottoposto all’intervento di nefrectomia a Padova e di gastrectomia per
un’ulcera, a Udine. Gli accertamenti eseguiti avevano diagnosticato il diabete
e la cirrosi epatica che non lasciavano nessuna speranza. Quello che subito si
notò era il grave deperimento fisico con la scomparsa dei suoi muscoli possenti
Da quel giorno la vita cambiò di colpo, e Primo incominciò a riflettere sulla
morte. Carnera non aveva ancora raggiunto i sessanta anni, e si considerava
ancora giovane. La moglie, compresa la gravità della malattia, gli stava sempre
più accanto con mille premure nei suoi confronti. Carnera aveva abbandonato il
lavoro alla bottiglieria, in quanto impossibile da espletare date le sue
condizioni fisiche. Il campione incominciò a pregare con più frequenza,
trovandone sollievo. I suoi figli
soffrivano nel vedere il padre in quelle condizioni, erano stai abituati a
paragonarlo ad una roccia a cui aggrapparsi nei momenti di difficoltà. Lo vedevano ora a letto, debole come un
pulcino, che faticava a parlare e la sua voce da tenore ora era diventata
flebile. Gli occhi di Carnera nella
solitudine si erano spesso inumiditi di lacrime, lo impauriva non la morte, ma
il dover lasciare la moglie e i figli che avevano bisogno del suo sostegno.
Umberto si stava preparando per l’ultimo esame di Medicina e Giovanna Maria
stava ultimando gli studi di Psicologia. Il sogno del padre, per cui aveva
preso tanti pugni, si stava finalmente avverando: due figli che sarebbero
diventati dottori. Il pensiero della morte era sempre più predominante. Suo padre l’aveva rischiata in guerra, combattendo
per lunghi anni, ma era tornato, ed era morto sul suo letto di casa. Carnera
ricordava che, pure lui, aveva rischiato di morire quando i partigiani lo
avevano portato in quel bosco. Primo disse a Pina che voleva tornare a Sequals
per morirvi, perché nel paese dove uno è nato anche l’ultimo respiro poteva
essere meno doloroso. Carnera prese una mano di Pina, voleva stingerla, ma non
ne aveva la forza, e una lacrima le scese sul volto. La donna aveva capito
tutto, e non si oppose alla sua richiesta. Primo voleva al più presto tornare
nella sua casa di Sequals da dove era partito, e dove ora era giunto il tempo
di tornarvi. Si sentiva come una vecchia nave che, dopo aver navigato per il
mondo, voleva tornare in porto. Pina non
perse tempo, andò dal medico che lo seguiva e gli chiese se sarebbe stato in
grado di affrontare il viaggio di ritorno. Il volto del medico si fece triste,
e disse alla moglie che Carnera non aveva molti mesi da vivere; la malattia lo
stava debilitando, e se voleva tornare in Italia lo doveva fare al più presto.
Il viaggio sarebbe stato lungo, ma non si poteva in nessun modo spegnere il
desiderio di un uomo che stava vedendo la fine avvicinarsi, e che sperava che,
come diceva Primo, l’aria del suo paese lo avrebbe fatto stare meglio. La donna
non era tipo da scoraggiarsi, e senza alcun indugio organizzò il viaggio,
dall’America all’Italia. La prima cosa che fece fu quella di vendere il negozio
che da qualche mese era stato chiuso. Lo acquistò un tifoso di Primo, che fece
al campione una buona offerta, che avrebbe permesso di campare alla meglio e di
far ultimare gli studi ai i figli. Carnera, sapendo che sarebbe tornato in
patria, spesso ripeteva che si sentiva meglio, e che stava guarendo. Nel
frattempo i giornali italiani e americani avevano scritto della malattia di
Carnera e del fatto che il pugile voleva tornare in Italia, al più presto.
Tanta gente venne a salutarlo e lo accompagnò all’aeroporto. Carnera disse
addio all’America che lo aveva salvato dopo l’abbandono della boxe ed ora il
suo cuore era emozionato perché avrebbe rivisto il suo paese. Gli dispiaceva di
dover partire senza i suoi figli, perché erano in prossimità della laurea. L’uomo più forte del mondo, ora, aveva
bisogno d’essere sostenuto mentre saliva la scaletta dell’aereo.
Nessun commento:
Posta un commento