di Emilio Del Bel Belluz
Carnera lasciò la lotta libera nel 1962. Aprì un ristorante a Beverly Hills, che portava il suo nome, e nel quale vi andava a mangiare molta gente dello spettacolo, perché era vicino agli studi cinematografici. Il ristorante aveva le pareti tappezzate dalle foto di Carnera. Primo era ancora tanto famoso che gli veniva spesso richiesto di raccontare le sue avventure pugilistiche e i momenti più importanti della sua vita. Questo divenne un punto di ritrovo di un mondo particolare, di cui Carnera era felice di fare ancora parte. Carnera spesso veniva ancora chiamato a girare delle pellicole, con suo grande piacere.
Il buon Primo immaginava il momento in cui quei film venissero proiettati al grande pubblico, ed in particolare a quello italiano. Durante le riprese di alcuni film aveva conosciuto dei pugili che recitavano, e di cui era rimasto amico. Il suo locale era frequentato da un peso massimo che non aveva avuto fortuna con la boxe. Era diventato povero, e senza fissa dimora. Carnera, pertanto, lo aveva aiutato a trovare una stanza da una persona di fiducia, che gli permetteva di poter avere un tetto sopra la testa per dormire. Inoltre, Primo gli aveva garantito due pasti al giorno che consumava nelle cucine e gli offriva del denaro per dei piccoli lavoretti che faceva nel ristorante, facendolo sentire meno a disagio. Alla sera, spesso, Carnera si intratteneva con lui davanti a un buon bicchiere di vino. Quel pugile aveva subito un grosso trauma fisico durante un combattimento, impedendogli di continuare a lottare. La sua storia aveva commosso Carnera e per questo lo aveva aiutato a vivere dignitosamente. La donna che lo ospitava era molto umana e comprendeva appieno la sua sfortuna. Carnera si occupò del pugile per tutta la vita. Nel mondo dello spettacolo il campione aveva come amico anche John Wayne, che frequentava anche fuori dal locale.
Lo stare a contatto con il mondo dello spettacolo aveva permesso a Primo di ricostruirsi una nuova vita gratificante.
Carnera, successivamente, dovette vendere il ristorante e con la moglie acquistò una bottiglieria di liquori, vini ed olio. Nel suo cuore aveva sempre l’Italia e nel suo negozio vendeva solo prodotti italiani. In breve tempo si fece una grande clientela. I suo figli continuavano a studiare con molto profitto. Umberto e Giovanna Maria con il tempo frequentarono l’università, con grande soddisfazione del padre. Carnera non aveva avuto la possibilità di fare degli studi regolari, si era fermato alle elementari, sentendosi a disagio per tutta la vita.
Con Pina aveva sempre sognato di dare un’ istruzione ai figli, con la speranza che potessero conseguire una laurea. Carnera, nonostante il lavoro impegnativo della bottiglieria, trovava il tempo per raggiungere i suoi compaesani. La sua terra era come se lo avesse stregato, e come se ci fosse un cielo speciale che lo attendesse. Tutti lo accoglievano con grande calore e quando i giornali scrivevano che era tornato al paese, molta gente lo veniva a trovare, per farsi fare un autografo. La popolarità non era mai diminuita con il passare degli anni e ciò non poteva che allietare il pugile che si sentiva sempre sulla cresta dell’onda. Gli anni passavano velocemente, e vedeva la vecchiaia ancora molto lontana. Il lavoro alla bottiglieria lo impegnava molto, dalla mattina alla sera, era sempre lui ad aprire e chiudere i battenti. I clienti erano per lo più italiani che vivevano in quei posti. La maggioranza dei quali si fermava da lui e comprava anche l’olio italiano che importava. Era visitato da molti attori che aveva conosciuto ai tempi del ristorante e con i quali aveva intrattenuto rapporti di cordialità.
Con gli anni, però, la stanchezza si fece sentire e vista la chiusura del negozio a notte inoltrata, preferiva rimanere a dormire nel locale. La moglie gli portava da mangiare e gli indumenti puliti. I figli continuavano a ripagarlo dei tanti sacrifici che faceva. Una volta il suo Umberto gli disse che voleva intraprendere la carriera del pugile, aveva un fisico atletico e gli sarebbe piaciuto ripercorrere le orme del padre. Umberto in quel momento della sua vita, forse provato da qualche delusione, voleva imparare a boxare. Quella notizia non mise di buon umore il padre che la stessa sera gli manifestò la sua contrarietà. Nel mondo delle boxe bastava un Carnera, e gli disse che non c’era posto per lui.
Umberto non voleva sentire ragioni, e continuava a ripetere che aveva parlato con un allenatore e questi gli aveva consigliato di provare, di allenarsi in palestra. Con il nome che portava avrebbe potuto essere conosciuto e in breve tempo si sarebbe fatto una carriera tra i pesi massimi. L’idea della boxe la conservava in cuore da anni, e per Umberto sembrava la più bella occasione della sua vita, che gli avrebbe fatto guadagnare molto. L’allenatore che gli aveva messo in testa quelle cose, magari, era convinto, che anche al padre non sarebbe dispiaciuta quella sua scelta. Carnera lo aveva ascoltato in silenzio, anche se dentro di sé aveva una grande voglia di dirgli quello che pensava, non si pronunciò. In casa ne aveva parlato con Pina, e questa gli aveva detto d’essere contraria alla sua scelta, della boxe non ne voleva più sentirne parlare.
La moglie di Carnera non aveva mai assistito a nessun combattimento del marito, sia da pugile che da lottatore. Alla donna spaventava il sangue che fuoriusciva dalle ferite e, allo stesso tempo, non aveva dimenticato quello che era accaduto a Ernie Shaaf e al giovane Bertola, morti entrambi sul ring. Per far sbollire le velleità del figlio, che continuava a insistere con la boxe, ci pensò Primo.
Una sera gli disse che gli avrebbe dato il permesso di diventare pugile, a condizione che facesse qualche ripresa con il padre: doveva sconfiggerlo. La sfida venne approvata dal figlio, e quel combattimento si svolse nella palestra dove si allenava da tempo, ad insaputa del padre. Umberto decise di accettare questa sfida così provocatoria, ma giusta. Il suo allenatore gli aveva detto che il padre non avrebbe retto perché era troppo anziano.
Venne la sera in cui padre e figlio si affrontarono, e Carnera fece quello che non avrebbe mai voluto fare, mise al tappeto il figlio con un pugno potente. Quello fu il primo e l’ultimo incontro del figlio. Il ragazzo con l’occhio tumefatto, e medicato dalla madre, disse al padre che sarebbe diventato un buon medico, e riprese subito gli studi.
In famiglia Carnera erano più che sufficienti i pugni presi dal padre per far studiare i figli. La vita alla bottiglieria riprese a scorrere placida. Il figlio non accennò più di volere salire sul ring per eguagliare il padre. Umberto amava studiare, essendo figlio di una persona famosa, ci teneva a primeggiare. Il papà gli aveva sempre detto che una persona che era emigrata doveva dimostrare una bravura superiore agli altri ed una grande umiltà.
Quello alla fine era ciò che bisognava fare e Umberto ascoltava sempre i saggi consigli del padre. Una mattina, che Carnera non dimenticherà mai, fu quella in cui venne a trovarlo una persona che gli era cara. Primo e la moglie stavano aspettando i figli che tornassero dalla scuola, quando suonarono alla porta, e apparve Umberto II il Re d’Italia, venuto a fargli visita. Carnera non trovò parole e chiamò subito la moglie e le annunciò il gradito ospite. Pina, alla quale non mancavano le parole, lo fece accomodare in salotto. Il Re chiese subito dove fossero i figli, ed Umberto in particolare.
Primo spiegò che stavano a scuola, ma che sarebbero presto ritornati, e con molta timidezza, la moglie chiese al Re se voleva fermarsi a mangiare qualcosa con loro. Il sovrano sorrise e con felicità accettò quell’ invito a pranzo. Il Re raccontò che era venuto in America per alcuni giorni, e aveva sentito la voglia di venire a trovare una persona che aveva sempre ammirato e che aveva dato gloria all’Italia nel mondo.
Carnera era poco loquace dall’emozione, gli sembrava di vivere un sogno. Pina era intenta a preparare qualcosa di buono, ed il sovrano si mise a raccontare della sua vita. Nella casa di Cascais riceveva tanta gente che proveniva da più parti d’Italia. Tanti altri gli scrivevano. Tutto quello lo aiutava a vincere la malinconia per essere così lontano dal suo Paese, in cui desiderava moltissimo ritornare. Carnera lo ascoltava e comprendeva cosa significasse stare lontani dall’Italia, ma lui poteva tornarci in ogni momento.
Nella tristezza dell’esilio gli piaceva osservare le navi in lontananza ed immaginare che una di esse venisse a prenderlo. Quando si é lontani dalla terra dove si è nati, capita spesso di essere dimenticati.
Il Re esprimeva così il suo tormento. Carnera condivideva il grande dispiacere del sovrano. Primo raccontò che durante i suoi molti incontri aveva sempre portato con sé la bandiera Sabauda, che gli aveva regalato la sua maestra delle elementari.
Primo volle mostrare al Re quella bandiera che lo aveva accompagnato in quegli anni, e disse che con quello stendardo si sentiva italiano in ogni posto del mondo si trovasse.
Il Re prese quella bandiera e volle ringraziare Carnera di quel gesto. Il campione disse che l’aveva baciata davanti al pubblico, dopo la vittoria mondiale. Quella sera erano tante le bandiere del Regno d'Italia che sventolavano in segno di gloria, e tanti italiani che erano emigrati in America ne erano orgogliosi. Mentre parlavano arrivarono urlando i figli di Carnera, non immaginando che ci fosse un ospite in casa.
Umberto vide, subito dopo, il Re d’Italia, di cui aveva parlato molto ai suoi amici e dicendo loro che era un amico del padre. Umberto si avvicinò al sovrano e gli pose la mano.
Il Re disse che era cresciuto, e sicuramente a scuola andava bene in italiano. Il ragazzo sorrise, mentre dietro di lui si era nascosta Giovanna Maria che, essendo più timida, non aveva il coraggio di farsi vedere. Quel giorno a casa Carnera si celebrò un avvenimento molto importante che non si sarebbe scordato facilmente. Pina tra l’altro aveva preparato un pranzo da Re, e il buon amico fece onore alla tavola. Il vino rigorosamente italiano venne degustato dal sovrano, si trattava di un vino friulano che Carnera si faceva mandare da Sequals.
Il Re felice di quella buona accoglienza si sentì come se fosse stato nella sua dimora in Italia. Carnera, salutandolo, lo abbracciò come se fosse un vecchio amico di famiglia. Quella sera Primo raccontò ancora una volta ai suoi figli del suo primo incontro con il sovrano. Carnera era convinto che Umberto II sarebbe stato di sicuro un buon Re , se avesse potuto governare. Quella sera, davanti al fuoco acceso, Carnera sentì che la sua bandiera sabauda era diventata ancora più preziosa dopo che era stata toccata dal Re.
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