Pronta la lettera dell’Umi per chiedere il rientro delle salme reali in Italia. Già con Letta questione valutata. Sblocco dopo le anticipazioni de Il Tempo
Apparentemente tutto nasce da un invito. Quello spedito dall’Umi, Unione Monarchica Italiana, al presidente del Consiglio Matteo Renzi, con il quale si chiedeva al premier di partecipare ai festeggiamenti per il settantesimo compleanno dell’associazione, tenutisi ieri a Roma. La risposta di Renzi, costretto a disertare la manifestazione non per motivi «ideologici» ma semplicemente per un’agenda troppo intasata, ha rappresentato per l’Umi la conferma di quanto in ambienti monarchici si vocifera da tempo. E cioè che l’attuale inquilino di Palazzo Chigi non sarebbe del tutto ostile a portare avanti una pratica da troppo tempo aperta sui banchi dei vari governi succedutisi nel corso degli ultimi anni: quella del rientro in Italia dei Savoia sepolti all’estero. E così, nei prossimi giorni, il presidente dell’Umi Alessandro Sacchi dovrebbe prendere carta e penna per sollecitare ulteriormente l’esecutivo a prendere posizione in una querelle che, da qualsiasi ottica la si guardi, mette in gioco il destino delle spoglie di un capo di Stato italiano.
In realtà, però, la questione del rientro delle salme dei Savoia non si è riaperta solo negli ultimi giorni. Basta riavvolgere il naso di qualche mese. Siamo alla fine del 2013, in Egitto infuria la rivolta e Ugo D’Atri, presidente della Guardia d’Onore alle Reali Tombe del Pantheon decide di sensibilizzare l’allora premier Enrico Letta al destino delle spoglie di Vittorio Emanuele III, custodite ad Alessandria. Nella missiva, come rivela ai primi di dicembre il settimanale Oggi, la Guardia d’Onore si dice anche «disponibile a coprire l’onere finanziario dell’operazione». Come? Grazie a un lascito ereditario di Umberto II che il «re di maggio» avrebbe vincolato proprio al trasferimento in Italia della salma del padre.
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