Prima parte della conferenza tenuta dall'Ingegnere Domenico Giglio per il circolo REX il 23 Febbraio 2014
L ‘arrivo a
Brindisi - 10 settembre 1943
La corvetta
“Baionetta”, della Regia Marina, scortata dall’ incrociatore “Scipione
Africano”, gettando l’ancora alle
15 del 10
settembre 1943, nel porto
di Brindisi, portava con
il Re Vittorio
Emanuele III ed
il Capo del Governo,
Maresciallo d’ Italia Pietro
Badoglio, la legittimità dello
Stato Italiano,
assicurandone la continuità e
l’Ammiraglio Rubartelli,
comandante della Piazza, che
sul molo attendeva
sugli attenti e
salutava militarmente il Re,
rappresentava a sua
volta la fedeltà
al giuramento per il “bene
inseparabile del Re
e della Patria“, che
la Regia Marina, sulle
cui navi non
fu mai ammainata
la bandiera tricolore
con scudo sabaudo
e corona reale, aveva
osservato dimostrando che
lo Stato esisteva
e resisteva, e
pagando per questo
un prezzo altissimo
con l’affondamento da parte
di un bombardiere
tedesco, della nave ammiraglia
della “Flotta da
Battaglia”, la corazzata “ Roma “, con
tutto lo Stato
Maggiore, il suo Comandante
Del Cima ed
il Comandante in
Capo della Flotta, ammiraglio Carlo
Bergamini.
Iniziava così
quello che impropriamente è
stato chiamato “Regno
del Sud”, dal titolo dell’ omonimo
libro, uscito a Roma , alla
vigilia del Referendum, nel 1946, editore
Migliaresi, con prefazione
di Manlio Lupinacci, liberale e
monarchico, autore Agostino degli
Espinosa, testimone oculare degli
avvenimenti narrati, libro ancor
oggi fondamentale per
chi voglia conoscere
gli eventi di
quei mesi, fino al
4 giugno 1944, data
della Liberazione di
Roma, ricco di documenti
volutamente ignorati da
quasi tutte le
pubblicazioni successive, perché, come
ha giustamente osservato
Fabio Andriola, giornalista e
storico, in un articolo nel
settantesimo anniversario di
questi eventi, mentre sempre
più numerose sono
le pubblicazioni sul
movimento partigiano e
sulla repubblica sociale , vi
è “..una striminzita
pattuglia di volumi, alcuni dei
quali nemmeno molto
recenti, su quello che
è stato il
Regno del Sud …”, che
in realtà era
sempre il Regno
d’Italia, sia pure ridotto
inizialmente a quattro
provincie pugliesi,
auspicando che “…sarebbe
tempo che anche
chi militò al
Sud possa ritrovare
chi gli restituisca
voce e dignità.”
Ebbene grazie
ad Espinosa ed a pochi
altri testi noi
possiamo seguire quasi
giornalmente il lavoro
lento, ma costante svolto
in mezzo ad
ostacoli nazionali ed
internazionali, politici e militari, interni ed
esterni, del governo installatosi
a Brindisi “con
un lapis ed un pezzo
di carta”, e della presenza operosa
del Re, che già
all’indomani, 11 settembre, dalla Stazione
Radio di Bari, purtroppo poco potente
e soprattutto poco
conosciuta nel resto
dell‘Italia, poteva
precisare in un
Suo breve messaggio
agli italiani i motivi del
suo trasferimento, e non
fuga, in una zona
libera del territorio
nazionale, “…per la salvezza
della Capitale e
per potere pienamente
assolvere i miei
doveri di Re” terminando …”che Dio
assista l‘Italia in questa
ora grave della
sua storia!“.
Questo dopo
che la mattina
dello stesso giorno
il Re si
era recato a
visitare le fortificazioni della
città, accolto con affetto
da soldati ed
operai e dalla
popolazione che aveva
appreso del Suo
arrivo. E queste visite
ed incontri su
alcuni dei quali
ritorneremo successivamente furono
una attività costante
del Sovrano e
delle quali esiste
pure una modesta
documentazione fotografica,
particolarmente significativa perché
oltre ai militari, si
vedono finestre delle
abitazioni imbandierate, come a
Trani, il 7 ottobre, ed
insieme con il Re,
anche le
autorità religiose. Ed il
fatto che la
stessa documentazione fosse scarsa
e poco conosciuta
è la prova
della parzialità di
tante ricostruzioni storiche, tese a
denigrare la figura
del Sovrano ed
a sminuire l’ azione
per costituire nuove
unità regolari del
Regio Esercito che
partecipassero alla liberazione
del territorio nazionale
dalle truppe germaniche. E
proprio quella stessa
mattina dell’ 11, il
Comando Supremo dell’Esercito
dava l’ ordine a
tutti i comandi
di respingere con le armi
i tedeschi e
“…a Brindisi, nella pineta del
Collegio Navale, venne celebrata
una Messa al
campo, per gli allievi
dell’ Accademia Navale,
giunti il giorno
prima (10 settembre ) …da Venezia
sul piroscafo “Saturnia “… ed al
termine della funzione
gli allievi…. intonarono l’ Inno
Sardo , che implorava da
Dio la salvezza
del Re…”
Così Radio
Bari diventava l’ unico
mezzo per raggiungere
il resto dell’ Italia
per cui era
Badoglio, che a sua
volta aveva ricevuto
un caloroso messaggio
del Primo Ministro
inglese Churchill e
del presidente degli
Stati Uniti Roosevelt, incitante gli
italiani a “dare
il loro aiuto
in questa ondata
di liberazione” ad
avere “fede nell’ avvenire” ed
a marciare “a fianco
dei vostri amici
americani ed inglesi
nel movimento mondiale
verso la libertà.” , a
rivolgersi il successivo
13 settembre agli
italiani per una
prima spiegazione delle
vicende che avevano
portato all’ armistizio,
temi che
Badoglio stesso avrebbe
illustrato più dettagliatamente nel
successivo messaggio trasmesso
il 15 settembre
e pubblicato il
giorno successivo sulla
“Gazzetta del mezzogiorno”, di Bari, unico
giornale esistente, dalla necessità
dell’ armistizio, alle
responsabilità germaniche,
riaffermando la legittimità
del nostro atteggiamento
e del Governo, che
proprio in quei
giorni riceveva le
dichiarazioni di fedeltà, di
tutte le rappresentanze diplomatiche
italiane all’ estero,
escluso logicamente quella
di Berlino, prova anche questa
della vitalità dello
Stato, della legittimità del
Governo del Re, il
cui riconoscimento internazionale veniva confermato
dai pochi paesi
rimasti neutrali, quali l’ Argentina, il Portogallo, la Spagna, la
Svezia, la Svizzera e
la Turchia, dato che
erano state interrotte
precedentemente al 25
luglio le relazioni
diplomatiche od eravamo
in stato di
guerra con ben
44 paesi.
Nel frattempo
arrivavano a Brindisi, i
componenti della Missione
Militare angloamericana, fra cui
era già Stone, che
poi ne divenne
capo all’epoca del
referendum, con i politici
Murphy, americano, e Mac Millan, britannico, futuro Primo
Ministro conservatore, con i
loro primi incontri
con il Re
e Badoglio, la loro
iniziale arroganza che
nel tempo sarebbe
andata modificandosi in
rispetto, per cui il
Mac Millan poteva dichiarare, un anno
e mezzo dopo, alla stampa italiana, il
25 febbraio 1945, quasi
a consuntivo: “…anche in
quei primi giorni ( settembre 1943 ) , il
concetto di un
governo italiano indipendente
fu tenuto in essere
e da quel
momento tutti i
nostri pensieri furono
diretti a ricostruire
per mezzo di
quel governo, l’Italia come
una nazione democratica. “
Purtroppo, le
accuse violente di
“tradimento” della Corona,
lanciate il 18
settembre da Monaco
di Baviera, richiedevano una
immediata articolata risposta
del Maresciallo Badoglio che, da Radio
Bari, il successivo 19
settembre effettuava una
sintesi storica di
tutti gli eventi
della guerra dal
10 giugno 1940
al 25 luglio
1943, riaffermando la necessità
dell’ armistizio, di cui, in fondo, era
convinto lo stesso
Mussolini, dopo il Convegno
con Hitler a Feltre,
del 18
luglio 1943, e ricordando la
lettera rispettosa che
lo stesso gli
aveva indirizzato nella
notte tra il
25 ed il
26 luglio, Badoglio dovette
anche tenere un
discorso esplicativo sugli
avvenimenti del 25
luglio, agli ufficiali del
Regio Esercito, a San
Pietro Vernotico ed
il Re volle
indirizzare il 25
settembre un proclama
ai “Marinai d’ Italia“
dove dava atto
agli stessi di
aver eseguito “…in
perfetta disciplina , alle condizioni
dell’armistizio, chiesto ed accettato
per il supremo
interesse del paese..”
ed aggiungeva “..Ho
condiviso tutta la
profonda amarezza della
vostra partenza ed ho offerto
con voi alla
Patria questa nuova
dura prova di dedizione e
sacrificio..” terminando: “Marinai
d’ Italia, dimostrate a tutti, quanto
ogni italiano può e
sa dare per
la libertà e
la salvezza della
Patria. “Il Re avrebbe
poi, l’ 11 ottobre, a Taranto,
passato in rivista la
flotta ivi presente.
Si avvicinava
intanto la data, il
29 settembre, di
un incontro molto
importante, per la sottoscrizione del “Lungo
armistizio“. Infatti a Cassibile, il
3 settembre, era stato
firmato, dal generale Castellano,
in nome del
Governo il “corto”
armistizio contenente le clausole
militari, per cui incombeva
come una “spada
di Damocle“ la firma
di questo secondo
documento con una
serie di articoli
impositivi. In questo periodo
il Re aveva
nuovamente parlato agli
italiani da Radio
Bari, il 24 settembre, questa volta
molto più a
lungo, ricordando nuovamente i
motivi del trasferimento
per “…evitare più
gravi offese a Roma,
città eterna, centro e culla
della cristianità ed intangibile
capitale della Patria”, esaltando l’ azione
e la fedeltà delle
Forze Armate, aprendo il
Governo alle forze
politiche ricostituitesi,
rivendicando i valori
del Risorgimento con
queste frasi: ”…facciamo che
la Patria viva e risorga… seguitemi, il vostro
Re è oggi, come
ieri, come sempre con
voi, indissolubilmente
legato al destino
della nostra Patria
immortale.“
Così il
28 settembre il
Maresciallo Badoglio,
insieme con il
ministro della Marina, ammiraglio De Courten, entrambi in
uniforme, si imbarcavano sull’ incrociatore “Scipione
Africano”, con la nostra
bandiera al vento, con
meta Malta, dove erano
attesi dai generali
Eisenhover ed Alexander e
dall’ammiraglio Cunningham, che
il precedente 23
settembre, a Taranto aveva già
concluso con De
Courten, il “gentlemen’s
agreement”, sull’ impiego
della flotta italiana, che
permetteva alla stessa
di riprendere il
mare con la
fierezza di un
tempo. A questo incontro
parteciparono anche il
Ministro dell’Aeronautica, gen. Sandalli ed
altri nostri capi
militari giunti invece
con un “S.79”.
Lasciamo il
racconto dell’ incontro ad
Espinosa : “…Verso le
dieci (del mattino)
tutti insieme (Badoglio
e gli altri
capi militari) si imbarcarono
su di un
motoscafo” che li portò
sotto il bordo
della corazzata inglese
“Nelson”. “ Il maresciallo (Badoglio)
così, mise piede sulla
nave (per primo), mentre i
compagni cominciavano a
salire ( la scaletta ). Una compagnia di
“marines” rese gli
onori e i capi militari
inglesi ed americani
gli vennero incontro solennemente … al centro
stava il generale
Eisenhover…. Il maresciallo Badoglio
si rivolse dignitosamente ai
vincitori… e tutti si incamminarono verso
il quadrato della
grande nave, il maresciallo
Badoglio alla destra
di Eisenhover, gli altri
distribuiti secondo le
norme dell’etichetta, ma la
perfetta cortesia non
diminuiva l’apprensione degli
italiani”, che ne avevano
buoni e giustificati
motivi. Gli articoli del
“lungo armistizio”, sottoposti per la
firma a
Badoglio, erano numerosi e
pesanti, più di quanto
potesse essere preventivato, ma alla
fine, dato che alcuni
articoli in quei
venti giorni erano
già da considerarsi
superati, ed altri articoli erano
ineseguibili, l’armistizio
lungo fu firmato, accompagnato però
da una impegnativa
lettera di Eisenhover
nella quale veniva
precisato che tutti
gli articoli potevano
essere modificati con l’intensificarsi della
collaborazione e cooperazione
italiana alla guerra
di liberazione, come meglio
precisato e definito
nel successivo incontro
delle due delegazioni
al completo. Al termine dell’incontro
Eisenhover richiese che
per meglio definire
la nostra collaborazione l’Italia
dichiarasse guerra alla
Germania al che
Badoglio rispose correttamente
essere la dichiarazione
prerogativa esclusiva del Re, al
quale Egli avrebbe
riferito al ritorno
a Brindisi, che avvenne,
sempre con lo
“Scipione” la mattina
del 30, dopo che, nel
pomeriggio del 29, Badoglio
aveva passato in
rivista la Flotta
Italiana all’ ormeggio fuori
di Marsa Scirocco, il
che è particolarmente significativo
come lo fu
il comunicato ufficiale
del Quartier Generale
Alleato che, dopo aver
elencato i nomi
dei partecipanti all’ incontro, concludeva: “…il principale
argomento di discussione
è stato il
metodo per rendere
più efficienti gli
sforzi militari italiani
contro il comune
nemico tedesco. Alcune unità delle
forze militari italiane
di terra, di mare e
dell’aria sono già
impegnate attivamente contro
il comune nemico“.
Del resto
Eisenhover aveva personalmente, già in
precedenza, contestato le condizioni
punitive del “lungo armistizio”, definendole “accordo
disonesto”, come scrive Mac
Millan nelle sue
memorie, ma le stesse
gli furono praticamente
imposte da quel
“Gabinetto di Guerra”, inglese, che era
sì presieduto da
Churchill, ma che aveva
come vice il
leader laburista Attlee , che
sarebbe diventato “premier” nel
1945, e come Ministro
degli Esteri, il conservatore
Eden, la cui acredine
verso l’ Italia era
nota. Questa presenza laburista
al governo e
gli interventi alla Camera
dei Comuni di
numerosi deputati laburisti, sia contro
Badoglio ed i suoi collaboratori, ritenuti non
sufficientemente antifascisti,
sia a
favore di Sforza, rientrato dall’ USA, costringevano Churchill
ad intervenire per
riconfermare la fiducia
nel Re e
nel governo Badoglio
e ad esprimere invece
la propria sfiducia
nello Sforza, che vantava
i suoi anni
di esilio dorato
prima in Francia
e poi negli
Stati Uniti. Significativo a tale
proposito, anche perché
tipico di quel
sottile umorismo inglese
è questo scambio
di battute tra
il deputato laburista
Thomas, uno dei più
accaniti avversari del
Governo di Brindisi, che
lodava la lotta
del conte Sforza
contro il fascismo, al
quale Eden risponde: ”Il
conte Sforza durante
tutto quel periodo
si trovava negli
Stati Uniti. Deve aver
trovato molto dura
la battaglia contro
Mussolini.” Ed alla
replica del Thomas
che lo Sforza
era stato anche in
Francia, Eden replicava: ”La battaglia
contro Mussolini deve
essere stata altrettanto
dura da lì”.
Pure altalenanti
erano gli articoli
ed i commenti
della stampa angloamericana sulle
vicende italiane, anche se il
“The Times”, all’epoca il più prestigioso
giornale inglese, dava atto
al Re ed a
Badoglio della loro
azione ed il
9 ottobre scriveva: “Il
Re suscita un
grande lealismo verso
la sua persona
dalle truppe e dalla popolazione contadina (sic). Egli ha
ricevuto manifestazioni d’affetto
nelle città e
nei villaggi (sic) dell’ Italia
Meridionale e dalle
truppe presso la
zona di combattimento
dove si è
mostrato di sua
iniziativa.”
Si giungeva
così finalmente, il 13
ottobre, alla dichiarazione di
guerra alla Germania, consegnata rocambolescamente a
Madrid dalla nostra
Ambasciata alla Ambasciata
Tedesca e si
entrava così ufficialmente
nella “cobelligeranza“ con
gli angloamericani,
cobelligeranza che si cercò
più volte, senza riuscirvi, di
trasformare in una
vera ed anche
formale “alleanza”, anche perché
contro l’ Italia, si erano
cominciati a muovere
francesi de gaullisti,
jugoslavi e greci, che
non erano stati
tenuti informati dagli
angloamericani su tutte
le nostre vicende, come pure, fino
a quel momento
l’ Unione Sovietica era
stata semplice spettatrice.
In precedenza, e
precisamente il 21
settembre, si era mosso
personalmente il Re, quel
Re che secondo i
politicanti antifascisti pensava
solo ai suoi
interessi ed a
quelli della Monarchia, con una
lunga lettera personale
al Re d’Inghilterra
ed al Presidente
degli Stati Uniti, per
chiedere un miglioramento
nel “cambio” della
moneta, a favore delle
condizioni di vita della
nostra popolazione ed il
ritorno del potere
civile del governo, oltre alle
provincie pugliesi e sarde, alle
altre provincie meridionali
già liberate, lettera nella
quale riaffermava la
volontà Sua e del
Governo di ritornare
al regime parlamentare,
non appena ciò
fosse stato possibile
e di intensificare
il nostro impegno
militare per “raggiungere
al più presto Roma“
e spingersi anche
con le nostre
truppe verso l’ Italia
settentrionale. Le lettere ricevettero
risposte entrambe cortesi, forse di
più quella di
Roosevelt, ma in parte
elusive, e negativa, sul
fatto di una possibile
alleanza, quella di Giorgio
VI. In ogni caso è
significativo il tono rispettoso
nei confronti del
Capo di uno
Stato, purtroppo vinto.
Torniamo
al 13 ottobre : l’annuncio ufficiale
della dichiarazione di
guerra alla Germania
veniva dato con
un discorso di Badoglio ed
il successivo 18, il
Re, a sua volta
dirigeva un proclama
ai soldati, ed intensificava
le sue visite
nei centri della
Puglia, da Trani a
Foggia, a Manduria ed
a Lecce, mentre il
principe Umberto si
recava il 19
a Napoli, accolto con
entusiasmo dalla popolazione
ed il successivo
20 ottobre in
Sardegna. A sua volta
il Ministro della
Marina, De Courten, riteneva opportuno
riunire tutti gli
ufficiali della Regia
Marina, rivolgendo agli stessi un
discorso molto ampio
ed articolato che
toccava tutti i
punti sui quali
potevano essere sorti
dei dubbi, dalla assoluta
necessità “… di deporre
le armi quando
tutte le possibilità
di difendersi siano
esaurite ed il
paese minaccia di
precipitare in una
irreparabile rovina..”, per cui
“…la richiesta e la conclusione
dell’armistizio da parte
dell’Italia sono quindi
pienamente giustificati, e rispondono
alla più esigente
morale e non
possono essere contestati
da nessuno, anche se è
stato alleato” . Aggiungeva la sua sorpresa
per la comunicazione
dell’ 8 settembre, per cui
si prospettavano la
soluzione di attenersi
lealmente alle clausole
dell’ armistizio che prevedevano
il trasferimento della
flotta o la soluzione
dell’ autoaffondamento. De
Courten precisava che
nella scelta di
eseguire le clausole
armistiziali, perché l’autoaffondamento non
avrebbe fatto altro
che peggiorare la
sorte futura dell’ Italia, gli era
stato di conforto
il colloquio nelle
prime ore della
notte del 9
settembre con il
Grande Ammiraglio Thaon
di Revel, che gli
aveva confermato che “
questa ( dell’ accettazione ) è la via da seguire“, e
così pure si
era pronunciato in
un colloquio telefonico
l’ammiraglio Bergamini , che,
dice sempre De
Courten “stimavo altamente
per il suo
senso di abnegazione
e per la
sua capacità di
assumere ogni più
alta responsabilità”. All’
ammiraglio si deve
infatti un messaggio
alla flotta prima della
partenza da La
Spezia di una
elevatezza morale e
di un valore
storico assoluto , forse
ineguagliato: “…questa via noi
dobbiamo prendere ora
senza esitare, perché ciò
che conta nella
storia dei popoli
non sono i
sogni e le
speranze e le
negazioni della realtà, ma la
coscienza del dovere
compiuto fino in fondo , costi
quello che costi..”
ed a Lui
costò la vita! Da
queste parole potete
valutare l’ abisso che
separa l’ onore militare
da quello di
certi politici nello
stesso periodo storico! De Courten, che, come già
detto, aveva raggiunto
un accordo di
collaborazione con l’ ammiraglio
Cunningham, riportava agli ufficiali l’apprezzamento che
lo stesso ammiraglio
aveva avuto nei
confronti della Regia
Marina, concludendo il suo
discorso con la
necessità della recente
dichiarazione di guerra e
con un appello
agli ufficiali “..che
pensino solamente all’ adempimento del
proprio dovere” e “
..stiano a fianco
dei propri equipaggi“
che hanno bisogno di
sentirli vicini “ e che questo
doveva essere il
loro “più alto
dovere “.
Accenti invece
più politici aveva
avuto Badoglio parlando
agli ufficiali del
Regio Esercito, il 15
ottobre in agro
di San Giorgio
Jonico , anche per controbattere
le accuse che
pervenivano dal Nord, e
per preparare le
basi per la
partecipazione di un
primo nucleo dell’ esercito alla
battaglia d’Italia a
fianco delle armate
angloamericane.
Nel frattempo
si risvegliava anche
la vita politica, con
la libertà di stampa
decretata il 30
ottobre, e si aprivano
le cataratte delle
polemiche nei confronti
del Re, “complice del
fascismo” ( dimenticando il 25
luglio), di cui si richiedeva
l’ immediata abdicazione , insieme con
la rinuncia alla
successione del Principe
Umberto, ed addirittura il
passaggio della corona
al Principe di
Napoli, di sei anni, con
una reggenza. Polemiche che
avrebbero toccato il
loro culmine nel
Congresso di Bari ,del
gennaio 1944, e di cui
tratteremo più avanti, e
su queste posizioni
abdicatarie troveremo purtroppo
anche Benedetto Croce , forse
dimentico del voto
di fiducia dato
al Senato , al governo
Mussolini ,dopo il delitto Matteotti ed
il discorso del
3 gennaio 1925.
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