Mi sono scoperto monarchico. Anzi cesaropapista. Comincio ad aver dubbi persino sulla bontà di quella breccia in Porta Pia.
Sì, perchè Papa Francesco, oltre le simpatie unanimi che raccoglie trasversalmente - dai bikers incolti (nella barba) con le Harley ai radical chic colti passando per i rivoluzionari pronti a sostituire nelle magliette il volto suo alla faccia del Che - è uno che sta mostrando che vor dì essere un capo, anzi un monarca. E' stato eletto giusto quattro mesi fa ed ha: abbracciato, nel segno della continuità, Ratzingher e scritto un'enciclica a quattro mani con lui, spostato-riposto-sostituito un po' di cortigiani in Curia, dato più di una bacchettata allo IOR e ai lussi prelateschi a 4 ruote, andato ipso facto a Lampedusa e, in ultimo, posto mano alla riforma della giustizia oltre Tevere e nelle sedi dei nunzii apostolici. Niente promesse, niente proclami, niente annunci.Lo ha fatto. Motu proprio. Che meraviglia. Peraltro, non potendo delegare, senza aver perso un appuntamento da quelli istiituzionali a quelli con la gente, dentro e fuori il calendario liturgico.
Del resto non deve fare campagna elettorale, nè convincere elettori grandi o piccoli che siano, lobby più o meno potenti, alleati e partigiani, nè distribuire poltrone e borse, nè misurare col bilancino le quote di maggioranza. Vuoi mettere non dover passare da sfinenti disegni di legge, millanta commissioni ed emendamenti, esternazioni, dichiarazioni, litigi da camera e da telecamera, discussioni pre-aula, in-aula, post-aula, bi-camere, voti pianistitici o segreti, conte, assenze, tradimenti, minoranze e maggioranze, eccezioni formali e formalismi, revisioni, approvazioni, controlli a ogni passaggio, firme e pubblicazioni lunghe come una Quaresima.
E' un monarca e decide. Punto. E lo fa con il piglio che chi comanda deve avere. Senza esitazioni. Sì, va bene, la sua elezione è stata «suggerita» dallo Spirito Santo in un Conclave e non è avvenuta con una matita copiativa in una scalcinata cabina elettorale dal popolo che sacramenta a ragione, e questo qualcosa vorrà dire, tuttavia è l'esito che è interessante. Bastano pochi metri e un fiume per dividere un luogo dove la riforma della giustizia è stata fatta in un amen (ebbé) da un altro in cui vige ancora il Codice Rocco e di riforma della giustizia si parla dai tempi di Salvemini e Nitti. E si tralasciano tutte le altre ipotesi di riforme. Un triste Rosario laico mai concluso. Decenni per finire una strada come per coprire una buca o mettere in sicurezza una scuola, figuriamoci il resto. Ergo sono monarchico. Di più: cesaropapista.
[...]
Nessun commento:
Posta un commento