La figlia adottiva del Comandante racconta l’infanzia accanto
al grande armatore, tra ricordi familiari, crisi della Flotta e l’amore
intramontabile di Napoli
Di Francesco Di Bartolomei e Simone Ortolani
L’adozione e i primi ricordi della famiglia
Lei è stata adottata dal Comandante Achille Lauro e da sua
moglie Eliana Merolla quando aveva appena nove mesi. Ci può raccontare come
avvenne questa adozione?
Tanya: «Mio padre valutò sicuramente l’età, considerando anche il
fatto che avesse già figli da un precedente matrimonio. Tramite un’amica
thailandese, che conosceva i miei genitori naturali – entrambi thailandesi –
furono predisposti tutti i documenti per adottarmi».
Quali sono i suoi primi ricordi della famiglia Lauro e delle
case del Comandante?
Tanya: «Sono arrivata in Italia nel 1975, avevo solo nove mesi. I
primi ricordi risalgono a quando avevo un paio d’anni. Ricordo bene l’abitudine
di andare a prendere papà al lavoro tutte le sere, fino a quando ha continuato
a lavorare. Si cenava sempre tutti insieme, a casa di papà in via Crispi a
Napoli oppure da noi. Nei fine settimana eravamo sempre a Sorrento. Queste
erano le consuetudini della nostra famiglia».
Il padre attivo nonostante l’età e i regali di Natale
Che tipo di padre era il Comandante, considerando la sua età
avanzata?
Tanya: «Ho avuto probabilmente la fortuna di essere figlia in età
adulta. Quando fui adottata, papà aveva 88 anni. A differenza dei figli del
primo matrimonio, quando lui era era troppo impegnato a costruire la
Flotta, a fare il sindaco, il parlamentare o a gestire il Napoli Calcio, io ho
beneficiato molto delle sue attenzioni: giocava a palla, nuotava in piscina con
me, mi aiutava a fare i compiti. È stato un padre sorprendentemente attivo per
la sua età».
Ho letto che il Comandante la riempiva di regali, ma poi
voleva che li destinasse ai poveri per Natale. È vero?
Tanya: «Non so se arrivassero tutti da lui, ma sicuramente –
essendo la figlia più piccola – dagli impiegati della flotta e da persone a lui
vicine ricevevo molti doni. Ricordo una stanza piena di giocattoli. Papà e
mamma mi obbligavano a sceglierne due e il resto lo davamo alla chiesa per la
“Befana dei bambini”. Questa tradizione si svolgeva sempre nella chiesa di
Monticchio, dove ho fatto la prima Comunione, una chiesetta che papà aveva
contribuito a restaurare. Lì è custodita l’immagine della Madonna a cui era
molto devoto».
La famiglia Lauro e le reazioni al secondo matrimonio
Come reagirono gli altri membri della famiglia al matrimonio
di suo padre con sua madre?
Tanya: «I figli del primo matrimonio non erano favorevoli: un uomo
che sposa una donna di cinquant’anni più giovane e adotta una bambina…
comprensibilmente non fu una situazione facile, soprattutto per mia madre.
Credo che negli anni abbia fatto di tutto per essere accettata dal resto della
famiglia, dimostrando con atti concreti di non essere interessata ai beni di
papà, ma di amarlo in modo disinteressato e sincero. Finché papà fu in vita era
“la moglie del Comandante”, quindi intoccabile. Col tempo, si sono ricreduti e
le hanno voluto molto bene».
La crisi della flotta e la politica
Ha ricordi del commissariamento della Flotta e della
crisi finanziaria?
Tanya: «Ero molto piccola, avevo sei anni, ma ricordo che fu anche
l’inizio del declino della salute di papà: il commissariamento arrivò proprio
nell’ultimo anno della sua vita. Alla villa di Sorrento, dove passavo molto
tempo, ricordo tutti i mobili numerati, destinati all’asta. Questa immagine mi
è rimasta impressa».
In uno speciale di Mixer – La Storia siamo noi, il
commissario liquidatore della Flotta Simonetta Marsiglia ammise che
non vi fu la volontà delle banche di salvare le aziende del Comandante, al
sorgere delle prime difficoltà economiche: «Non si è capito se fu per un
fatto politico o per il timore di non potere più rientrare dei loro soldi».
Ercole Lauro, figlio primogenito, sostenne che una delle cause principali del
declino fu appunto la collocazione politica di suo padre, non allineato né con
la Dc né con il Pci. Lei cosa ne pensa?
Tanya: «Sì, credo sia vero. Anche mamma era convinta che, se papà
fosse stato allineato ai partiti dominanti, la Flotta non sarebbe stata
fatta fallire: il sistema politico ha infatti salvato aziende in condizioni
economiche peggiori.
C’era però anche un altro fattore: papà aveva una personalità molto forte ed
era un accentratore. Questa attitudine fu decisiva nella crescita
della Flotta, grazie alle sue idee, intuizioni e forza di volontà. Ma negli
ultimi anni, quando aveva più di 90 anni, divenne un limite: aveva poca fiducia
in chi lo circondava e credeva di poter ancora gestire tutto in un mondo ormai
cambiato. Eppure non era circondato da incapaci, ma i suoi collaboratori non
avevano l’autonomia necessaria per affrontare una situazione sempre più
complessa».
Relazioni con la Famiglia Reale e il Napoli Calcio
Lei ha ricordi dei rapporti tra il Comandante e Re Umberto II
o la famiglia Savoia?
Tanya: «Ero troppo piccola. Nel 2006, però, mamma incontrò
pubblicamente il Principe Sergio di Jugoslavia, nipote di Re Umberto II, che
era venuto a Sorrento a rendere omaggio alla tomba di papà».
La vicenda di Achille Lauro ha segnato la storia del Napoli
Calcio: durante la sua presidenza la squadra vinse la Coppa Italia. Celebre
l’acquisto del calciatore svedese Hasse Jeppson per la cifra record di
centocinque milioni di lire, che gli valse il soprannome ’o Banco ’e Napule.
Alla sua prima caduta in campo, un tifoso esclamò: «È caduto il Banco di
Napoli!». Il Napoli fu vicino alla vostra famiglia dopo la morte del
Comandante?
Tanya: «Direi proprio di no, nemmeno quando mamma era in vita. Ho
però un ricordo personale: la domenica papà ci portava a vedere il Sorrento
giocare».
Trasferimento a Roma e popolarità
Dopo la morte del Comandante vi siete trasferiti a Roma.
Perché?
Tanya: «Ci trasferimmo anni dopo la morte di papà, il 15 novembre
1982. Mamma non voleva più vivere a Napoli, per via dei ricordi. Roma era
abbastanza vicina a Napoli, dove vivevano i suoi fratelli e i miei cugini, ma
allo stesso tempo un luogo che le permetteva di staccarsi da un passato troppo
doloroso».
Che percezione ha della popolarità che suo padre continua ad
avere?
Tanya: «Da bambina ricordo quanto fosse amato dai napoletani e dai
sorrentini. Ho dei flash: quando tornavamo da Sorrento e passavamo per il
porto, c’era sempre qualche poliziotto che voleva scortarlo a casa, ma lui
diceva all’autista: “Seminalo”. Il giorno dei suoi funerali mi resi davvero
conto dell’affetto del popolo napoletano».
Ci racconti di quel giorno.
Tanya: «Ricordo una folla enorme. Arrivai in chiesa dopo mamma e le
guardie del corpo mi sollevarono sopra la gente, come ai concerti, per farmi
entrare. La folla mi toccava come fossi un ex voto: “La figlia del Comandante”.
Solo allora mi resi conto di quanto fosse amato».
Rivalutazione culturale e mediatica
Si assiste oggi a una rivalutazione della figura di Achille
Lauro.
Tanya: «È una figura che nell’immaginario collettivo resta
celebrata. Viene visto come un antesignano di Silvio Berlusconi: lo ha
preceduto nell’industria, nell’editoria, nella politica e nel calcio».
Prima di Berlusconi, Lauro fondò anche, con Andrea Torino,
una televisione, Canale 21…
Tanya: «Qualche anno fa una persona che stava lavorando sugli
archivi di Canale 21 mi inviò un video che mi riguardava: fu molto commovente».
Come giudica oggi la figura pubblica di suo padre?
Tanya: «Le polemiche politiche degli anni ’50 e ’60 hanno lasciato
il posto a una valutazione più obiettiva dei suoi meriti imprenditoriali.
Chiunque, in buona fede, non può che riconoscerli. È probabilmente la più
grande figura imprenditoriale del Sud Italia nel Novecento».
L’eredità e l’affetto dei napoletani
Il Comandante è stato una leggenda per i napoletani: dal
celebre «Viva Lauro!» pronunciato da Totò al Musichiere alla
canzone scritta da Mario Merola, Il Comandante. Cosa prova di
fronte a tanto affetto popolare?
Tanya: «L’amore di tante persone per papà mi riempie il cuore. È
bello che la sua memoria sia rimasta così viva tra i napoletani. Oggi, se
cerchi “Achille Lauro” su Google, esce prima il cantante e non il Comandante,
ma la gratitudine per lui è stata tramandata anche a generazioni che non
l’hanno conosciuto».
Questo affetto è ancora vivo oggi?
Tanya: «Sì. Lo noto anche nei piccoli episodi. Una decina d’anni fa
parcheggiai l’auto a Napoli e il parcheggiatore, mentre giocava a scopa,
buttando il re di denari disse: “Io mi gioco Achille Lauro”. Non sono banalità:
fanno capire quanto fosse ancora vivo il ricordo, nonostante fossero passati
tanti anni dalla sua morte. Anche al cimitero capita spesso che persone mi
chiedano: “Posso accendere una candela? Mio padre o mio nonno lavorava per il
Comandante, gli saremo sempre riconoscenti”».
Eppure Napoli non gli ha ancora dedicato una strada o una
piazza. Che ne pensa?
Tanya: «È una vergogna. Non lo dico da figlia, ma da cittadina: per
tutto ciò che ha creato per i napoletani non è giusto. È un dato di fatto che
strade e piazze vengano intitolate a persone con meriti molto inferiori ai
suoi».
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