Il 22 giugno S.A.R, il Principe Emanuele Filiberto di Savoia, compirà 53 anni, e come tanti italiani mi sento onorato di porgerGli gli auguri più sentiti.
Il 13 giugno u.s. era presente alla cerimonia in onore del Santo di Padova.
In un’intervista aveva dichiarato di essere molto devoto al Santo, come suo padre S.A.R Vittorio Emanuele di Savoia, e come il nonno Re Umberto II.
Quest’ultimo ebbe la possibilità di frequentare l’università di Padova dove si laureò in Giurisprudenza. Il Principe Emanuele Filiberto non ebbe la possibilità di frequentare alcuna università italiana perché visse in esilio fino al 2002. La figura del Principe è diventata molto popolare e degna di ammirazione perché attraverso gli Ordini Dinastici della Real Casa Savoia si prodiga con abnegazione in opere solidali e benefiche in tutto il mondo.
Mi viene in mente una frase di Lev Tolstoj :” Nella vita non vi è che una felicità vera: vivere per gli altri”. Un assioma messo in pratica dal Principe.
Non bisogna dimenticare la gentilezza d’animo e la disponibilità che dimostra verso le persone che Lo avvicinano per un saluto, una dedica o una foto.
Quando nacque il 22 giugno del 1972 a Ginevra, io ero un ragazzo che frequentava le scuole medie, e ricordo quel giorno perché i miei genitori avevano appreso la notizia dai giornali.
Il loro volto aveva un velo di tristezza perché il nipote di un Re doveva vivere in esilio. Non capivano quali colpe gli si potesse attribuire. I vecchi giornali di allora li conservo ancora, sono una testimonianza di una parte di storia scritta da persone ingiuste.
Fin da allora nutro un grande rispetto per Casa Savoia e una profonda ammirazione per la sua storia millenaria che ha portato all’unificazione d’Italia. Un grande desiderio del Principe è quello di poter portare al Pantheon Re Umberto II e la consorte Maria Josè. Per questo spera nell’assenso del nostro Presidente della Repubblica. Nel mio archivio in cui conservo da anni i giornali che trattano delle vicende della Real Casa Savoia ho trovato una pagina del Secolo XIX del 3 novembre 1983 che riportava una lettera molto interessante, inerente alla visita della principessa Marina Doria all’Ospedale Gaslini di Genova.
“Come tutti sanno, la Principessa Marina di Savoia, sposa di Vittorio Emanuele, ha accettato l’invito della Contessa Germana Gaslini a visitare l’ospedale pediatrico migliore d’Italia. Al di là dell’etichetta, essa è rimasta veramente commossa e ha detto che vedere bambini che soffrono è atroce, e sentendo che il Gaslini attraversava gravi difficoltà economiche, si è impegnata ad aiutare, anche finanziariamente, questo istituto.
Quando le hanno chiesto che cosa suo figlio conosce dell’Italia ha risposto : - Praticamente tutto: la nostra lingua, la storia, e l’arte. Ha un grande desiderio: visitare Venezia. Spero che possa esaudirlo, perché ogni volta che vede un italiano, chiede: “ Ma com’è la mia città?”, della quale porta il titolo, conferitogli dal nonno.- Io mi dico: anche lui è un bimbo che soffre, sia pur moralmente e, come i suoi genitori aiutano i nostri bimbi.
Non è proprio possibile un gesto di bontà, da parte italiana, permettendo a questo bambino incolpevole e di innegabile origine italiana, di esaudire quel desiderio di vedere Venezia, anche per una sola volta?
Perché vogliamo solo
“ricevere” e non “ dare” nulla, soprattutto se non con costa niente? (
Alda Stranieri). E tutto ciò, nonostante , che anche l’Italia avesse
firmato , nel 1977, la Dichiarazione di Helsinki che vieta a
tutti i popoli di infliggere l’esilio per ragioni politiche.
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