FONDAZIONE DEL REGNO LONGOBARDO
Il ritorno dell'Italia sotto il diretto dominio imperiale, fu regolato da Giustiniano con una legge speciale detta « Pragmatica Sanctio » per cui vicino al diritto romano veniva data efficacia di leggi alle ordinanze dei Re goti fino a Vitige incluso; l'Italia era ormai una provincia dell'Impero governata da Costantinopoli, non ne facevano parte la Sicilia, considerata una specie di dominio privato imperiale, e la Sardegna e la Corsica dipendenti dal governo d'Africa. A capo del governo vi era il prefetto di pretorio mandato da Costantinopoli e i governatori delle provincie, scelti fra i grandi nobili o i maggior ecclesiastici.
I Goti avevano però costituito, nel tempo della loro dominazione, una
specie di barriera alle invasioni di altri gruppi barbarici e questo si vide
allorquando i longobardi, barbari appartenenti al gruppo marcomanno-svevo
delle popolazioni germaniche, scesero in Italia abbandonando ad altri barbari,
gli Avari, la Pannonia dove sino ad allora avevano risieduto. Guidati dal loro
Re Alboino, nel 568 mossero verso l'Italia ed i bizantini non seppero opporre
loro che una debolissima resistenza; le prime città prese furono Vicenza e
Verona, poi Milano, ed infine l'invasione si propagò in gran parte della
penisola.
Dopo i regni di Alboino e di Clefi, ucciso da uno schiavo nel 574, i duchi
longobardi non elessero un nuovo re, e spartirono fra loro il territorio
conquistato, diviso in tanti ducati indipendenti; questa situazione però durò
poco perché i duchi longobardi, persuasi della necessità di avere un unico
capo, anche per resistere alla insidie bizantine, elessero nel 584, come re,
Autari, figlio di Clefi, a cui vari duchi cedettero metà dei loro territori.
Questo passo segnò anche il principio di una sistemazione della situazione
politica e religiosa d'Italia; i longobardi ariani si accostarono a poco a
poco al cattolicesimo soprattutto per merito del Papa S. Gregorio Magno e della
figlia Teodolinda moglie 4i Autari, devota cattolica. Adaloaldo, figlio di
Teodolinda e del suo secondo marito Agilulfo, successore di Autari, fu il primo
re longobardo di religione cattolica.
A questa conversione si accompagnò anche una certa civilizzazione di
costumi di questi popoli barbari ed una mitigazione della loro crudeltà verso
le popolazioni locali che nei loro riguardi avevano la posizione di vinti. A
differenza dei goti che si erano considerati rappresentanti dell'impero, i
longobardi avevano conquistato l'Italia contro l'impero e nessuna intenzione
era in loro di romanizzare e di civilizzare i loro costumi adattandoli a
quelli delle popolazioni conquistate. Questo risultato fu raggiunto con
un'opera lenta e faticosa in cui la Chiesa ebbe la massima parte, attraverso il
benefico influsso dei Pontefici e dei Vescovi.
I successori di Adaloaldo, esponenti a volta a volta, delle due correnti
una cattolica ed una ariana,, combatterono quasi tutti contro i bizantini,
conquistando Genova e le due riviere, mentre i deboli esarchi rappresentanti
dell'imperatore nulla seppero fare per riconquistare le terre perdute.
L'ultimo tentativo bizantino fu quello compiuto personalmente dall'imperatore Costante II che pose l'assedio a Benevento, ma sconfitto fu costretto ad abbandonare l'impresa (663). Dopo aver perduto anche la penisola salentina, i bizantini negoziarono finalmente una pace con i longobardi, riconoscendone le conquiste, intorno al 680.
Il momento più fulgido del regno longobardo fu quello vissuto sotto
Liutprando che certamente fu il maggiore dei sovrani della dinastia, che pensò
anzi di riunire sotto il suo scettro tutta l'Italia senza tuttavia riuscirvi,
anche perché osteggiato dal pontefice Gregorio II che pur in lotta con
Costantinopoli per questioni teologiche, non volle tradire la fedeltà
all'Imperatore.
Uno dei successori, Astolfo, entrò in Ravenna, che fino ad allora era
stata sede del rappresentante imperiale, l'esarca, e giunse a reclamare l'alta
sovranità su Roma, da dove alcuni anni prima erano stati cacciati i bizantini,
ponendosi la città sotto la guida di un duca elettivo e soprattutto del Papa.
Trovò però la resistenza del Pontefice che ormai non doveva più tanto temere
l'invadenza dei bizantini lontani, quanto quella dei longobardi vicini. In
aiuto dei papi vennero i Franchi guidati dal loro Re Pipino che sconfisse
Astolfo, obbligandolo alla consegna delle città dell'esarcato e della pentapoli
al Pontefice; queste terre costituirono il primo nucleo del potere temporale
dei Papi.
Ormai il dominio dei longobardi volgeva al termine, poiché benché
vincitori dei bizantini, essi erano premuti dalla nascente potenza dell'antico
regno franco che dopo lungo tempo di abbandono sotto lo scettro degli inetti
sovrani della dinastia dei Merovingi, aveva trovato nuovo splendore sotto la
guida di Pipino il Breve fondatore della dinastia Carolingia. Ai franchi si
appoggiava il Papato, bisognoso di potenti aiuti e giunto ormai a rappresentare
non solo una grandissima forza morale, ma anche un potere di un certo rilievo
politico, quale effettivo possessore di Roma e del suo territorio.
La debolezza dei
longobardi consisteva soprattutto nella situazione del Re, spesso costretto a
lottare anche contro i suoi duchi, nella mancanza assoluta di una
organizzazione finanziaria, nella necessità di procedere a sempre nuove
conquiste perché il Re potesse ricompensare con territori ricchi i suoi
partigiani. La struttura dello stato longobardo primitiva e sconnessa, non
offriva quella resistenza che un potere centralizzato, anche debole, poteva più
facilmente opporre ad urti esterni. Per questi motivi i longobardi non
potettero riunire tutta l'Italia e fondare un regno che avesse una vita lunga e
stabile, fatalmente essi dovettero scomparire di fronte a nemici più agguerriti
e dotati di una struttura politica più salda, e questo avvenne con la sconfitta
che i longobardi subirono dai franchi e che pose fine al loro dominio in
Italia.
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