NON VI E' DUBBIO CHE UNA NAZIONE PASSATA DA UN REGIME MONARCHICO AD UN REGIME REPUBBLICANO SIA UNA NAZIONE «DECLASSATA», E CIÒ NON PUÒ NON ESSERE AVVERTITO DA CHIUNQUE ABBIA UNA SENSIBILITÀ PER VALORI I QUALI, PER ESSERE SOTTILI E IMMATERIALI, NON PER QUESTO SONO MENO REALI.

domenica 3 dicembre 2023

Saggi storici sulla tradizione monarchica - III

 


 FONDAZIONE DEL REGNO LONGOBARDO

Il ritorno dell'Italia sotto il diretto dominio imperiale, fu regolato da Giustiniano con una legge speciale detta « Pragmatica Sanctio » per cui vicino al diritto romano veniva data efficacia di leggi alle or­dinanze dei Re goti fino a Vitige incluso; l'Italia era ormai una pro­vincia dell'Impero governata da Costantinopoli, non ne facevano parte la Sicilia, considerata una specie di dominio privato imperiale, e la Sardegna e la Corsica dipendenti dal governo d'Africa. A capo del governo vi era il prefetto di pretorio mandato da Costantinopoli e i governatori delle provincie, scelti fra i grandi nobili o i maggior ecclesiastici.

I Goti avevano però costituito, nel tempo della loro dominazione, una specie di barriera alle invasioni di altri gruppi barbarici e questo si vide allorquando i longobardi, barbari appartenenti al gruppo marcomanno-svevo delle popolazioni germaniche, scesero in Italia abban­donando ad altri barbari, gli Avari, la Pannonia dove sino ad allora avevano risieduto. Guidati dal loro Re Alboino, nel 568 mossero verso l'Italia ed i bizantini non seppero opporre loro che una debolissima resistenza; le prime città prese furono Vicenza e Verona, poi Milano, ed infine l'invasione si propagò in gran parte della penisola.

Dopo i regni di Alboino e di Clefi, ucciso da uno schiavo nel 574, i duchi longobardi non elessero un nuovo re, e spartirono fra loro il territorio conquistato, diviso in tanti ducati indipendenti; questa si­tuazione però durò poco perché i duchi longobardi, persuasi della ne­cessità di avere un unico capo, anche per resistere alla insidie bizan­tine, elessero nel 584, come re, Autari, figlio di Clefi, a cui vari duchi cedettero metà dei loro territori.

Questo passo segnò anche il principio di una sistemazione della situazione politica e religiosa d'Italia; i longobardi ariani si accosta­rono a poco a poco al cattolicesimo soprattutto per merito del Papa S. Gregorio Magno e della figlia Teodolinda moglie 4i Autari, devo­ta cattolica. Adaloaldo, figlio di Teodolinda e del suo secondo marito Agilulfo, successore di Autari, fu il primo re longobardo di religione cattolica.

A questa conversione si accompagnò anche una certa civilizzazio­ne di costumi di questi popoli barbari ed una mitigazione della loro crudeltà verso le popolazioni locali che nei loro riguardi avevano la posizione di vinti. A differenza dei goti che si erano considerati rap­presentanti dell'impero, i longobardi avevano conquistato l'Italia con­tro l'impero e nessuna intenzione era in loro di romanizzare e di ci­vilizzare i loro costumi adattandoli a quelli delle popolazioni con­quistate. Questo risultato fu raggiunto con un'opera lenta e faticosa in cui la Chiesa ebbe la massima parte, attraverso il benefico influs­so dei Pontefici e dei Vescovi.

I successori di Adaloaldo, esponenti a volta a volta, delle due cor­renti una cattolica ed una ariana,, combatterono quasi tutti contro i bizantini, conquistando Genova e le due riviere, mentre i deboli esarchi rappresentanti dell'imperatore nulla seppero fare per riconquistare le terre perdute.

L'ultimo tentativo bizantino fu quello compiuto personalmente dall'imperatore Costante II che pose l'assedio a Benevento, ma sconfitto fu costretto ad abbandonare l'impresa (663). Dopo aver per­duto anche la penisola salentina, i bizantini negoziarono finalmente una pace con i longobardi, riconoscendone le conquiste, intorno al 680.

Il momento più fulgido del regno longobardo fu quello vissuto sotto Liutprando che certamente fu il maggiore dei sovrani della dinastia, che pensò anzi di riunire sotto il suo scettro tutta l'Italia sen­za tuttavia riuscirvi, anche perché osteggiato dal pontefice Gregorio II che pur in lotta con Costantinopoli per questioni teologiche, non volle tradire la fedeltà all'Imperatore.

Uno dei successori, Astolfo, entrò in Ravenna, che fino ad allora era stata sede del rappresentante imperiale, l'esarca, e giunse a recla­mare l'alta sovranità su Roma, da dove alcuni anni prima erano stati cacciati i bizantini, ponendosi la città sotto la guida di un duca elet­tivo e soprattutto del Papa. Trovò però la resistenza del Pontefice che ormai non doveva più tanto temere l'invadenza dei bizantini lontani, quanto quella dei longobardi vicini. In aiuto dei papi vennero i Franchi guidati dal loro Re Pipino che sconfisse Astolfo, obbligandolo alla consegna delle città dell'esarcato e della pentapoli al Pontefice; que­ste terre costituirono il primo nucleo del potere temporale dei Papi.

Ormai il dominio dei longobardi volgeva al termine, poiché benché vincitori dei bizantini, essi erano premuti dalla nascente potenza dell'antico regno franco che dopo lungo tempo di abbandono sotto lo scettro degli inetti sovrani della dinastia dei Merovingi, aveva tro­vato nuovo splendore sotto la guida di Pipino il Breve fondatore della dinastia Carolingia. Ai franchi si appoggiava il Papato, bisognoso di potenti aiuti e giunto ormai a rappresentare non solo una grandis­sima forza morale, ma anche un potere di un certo rilievo politico, quale effettivo possessore di Roma e del suo territorio.

La debolezza dei longobardi consisteva soprattutto nella situazione del Re, spesso costretto a lottare anche contro i suoi duchi, nella mancanza assoluta di una organizzazione finanziaria, nella necessità di procedere a sempre nuove conquiste perché il Re potesse ricom­pensare con territori ricchi i suoi partigiani. La struttura dello stato longobardo primitiva e sconnessa, non offriva quella resistenza che un potere centralizzato, anche debole, poteva più facilmente opporre ad urti esterni. Per questi motivi i longobardi non potettero riunire tutta l'Italia e fondare un regno che avesse una vita lunga e stabile, fatalmente essi dovettero scomparire di fronte a nemici più agguer­riti e dotati di una struttura politica più salda, e questo avvenne con la sconfitta che i longobardi subirono dai franchi e che pose fine al loro dominio in Italia.

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