LA MONARCHIA PARLAMENTARE UNICA
GARANZIA DI LIBERTÀ
Dopo due anni dalla caduta del
fascismo - Come ricostituire una classe politica e una forma durevole di
Governo Il Risorgimento nella storia d'Italia - Balbo e il suo «Discorso sulle
Rivoluzioni » - Democrazia diretta e democrazia indiretta - La tirannia e il
terrore come fondamento delle repubbliche italiane - D'Azeglio e le sue « Riflessioni»
sugli «Ultimi casi di Romagna» - Vi fu mai vera democrazia in Italia? - Croce
difende l'età liberale del nostro Parlamento - Come impedire una nuova
dittatura - Repubblica borghese e repubblica proletaria - Il mito delle masse e
la caduta della libertà - Un vecchio opuscolo di A. C. De Meis e la condanna
del demagogo.
Abbiamo esposto i fatti della
più recente storia d'Italia cercando di coglierne il significato, di studiarne
l'origine, di seguirne il corso, di indovinarne lo sbocco. Né il socialismo, né
il movimento operaio, né la democrazia parlamentare, né il liberalismo, né il
nazionalismo, ma tanto meno la Monarchia, cercarono o vollero la dittatura di
Mussolini. Essa fu il prodotto di alcune correnti di idee, non solo italiane,
ma universali e di alcuni avvenimenti determinati dalla crisi bellica e
post-bellica del 1914-1922, cui tutti hanno consciamente o inconsciamente
concorso. Senza dubbio quando Vincenzo Morello (Rastignac) si accaniva nella
critica al Parlamento, nei suoi articoli sulla Tribuna tra il 1905 e il 1915 (1),
egli non faceva che obbedire come ogni giornalista politico a una (1) Benedetto
Croce ricordava In un suo scritto sulla Città libera (13 settembre 1945) che il
Morello era stato nominato senatore per Il merito attribuitogli da Mussolini di
avere «discreditato il Parlamento ».
moda corrente o al gusto del paradosso e dell'esibizione intellettuale.
Era lo stesso atteggiamento che gli faceva scrivere la difesa di Corrado Brando
dopo la prima rappresentazione del «Più che l'amore ». Ogni epoca possiede
nella sua atmosfera dei pollini dispersi e vaganti che vengono raccolti e
servono alle più straordinarie e impreviste fecondazioni. Ma certo Rastignac
che era ottimo italiano e patriota, non pensava di danneggiare il suo paese, ma
di castigarne i difetti e di restaurarne i valori e accrescerne la cultura e il
prestigio. Così Gabriele D'Annunzio nel marciare da Ronchi su Fiume con un
battaglione di granatieri, e poi con l'instituire la Reggenza del Camaro per
fare di quella città un centro di azione contro la politica di Roma, non
pensava nel suo esasperato patriottismo e nella sua' accesa fantasia di poeta,
di fare assai più male all'esercito e alla sua disciplina tradizionale con
quell'atto di insubordinazione (che aveva la pretesa di parere eroica) che con
una battaglia perduta. Così i socialisti, nel celebrare i loro saturnali sulla
disfatta di Caporetto e nel convogliare tra l'autunno 1919 e l'autunno del
1920, tutto il malcontento della guerra da loro avversata, contro gli istituti
tradizionali dello Stato (Monarchia, Parlamento, Esercito) non pensavano di
aprire il varco alla dittatura fascista e alla servitù dei lavoratori, ma di
promuovere l'avvento della democrazia e il benessere degli operai.
La conclusione fu però quella che tutti abbiamo dolorosamente
esperimentata. Gli istituti tradizionali furono colpiti a morte e l'avventura
ebbe inizio. Il primo ad essere colpito fu il Parlamento che decadde tra il 1918
e il 1922 e fu poi imbavagliato il 3 gennaio 1925 e in seguito reso muto e
inoperante. Poi la Monarchia che, privata del Parlamento, venne ricattata e
costretta dal dittatore a una funzione meramente decorativa. Poi l'Esercito
condotto senza preparazione e senza armi in una guerra ingiusta e disastrosa. Ne risultò la rovina dell'Italia: la
sua divisione al di qua e al di là della linea del Garigliano e poi della linea
Gotica; ne derivò la perdita, almeno temporanea, della unità, autonomia e
indipendenza della Nazione conseguite durante il Risorgimento.
Il fascismo fu l'anti-risorgimento e non poteva concludere il suo ciclo che
con la distruzione di quella grande e quasi miracolosa opera.
Ora dopo due
anni dalla caduta di quel regime nefasto incombe su tutti l'obbligo
della ricostruzione. Si tratta di rimuovere le macerie e di ricostruire. Il
destino ha voluto che le nazioni che hanno. abbattuto la Germania
non si proponessero scopi di conquista e di rapina. Se fossimo stati nel
decimosesto o nel decimosettimo e decimottavo secolo la nostra unità sarebbe
scomparsa per lungo tempo. Le nazioni vittoriose avrebbero diviso il nostro
territorio a loro piacimento; e sarebbe stata colpa nostra e nostro danno
l'averne provocato l'azione con delle dichiarazioni di guerra non si sa se più
stolte o più infami. Per nostra fortuna gli anglosassoni portarono sulle loro
bandiere le «quattro libertà». Avemmo così i danni assai gravi della guerra
combattuta dall'uno all'altro capo della Penisola, ma salvammo l'unità del territorio
nazionale. Dovremo certo difendere le frontiere; impedire che dalla frontiera
giulia travalichino i Jugoslavi che non sono animati dagli stessi principi
degli anglosassoni; dovremo difendere le colonie che costarono grossi capitali
alla nazione e molto lavoro ai nostri coloni e fecero dell'Eritrea, della
Somalia, della Libia delle colonie non inferiori a nessun'altra del Continente
Nero. Dovremo difendere l'equilibrio mediterraneo: rinunciare senza dubbio al
dominio di questo mare che solo Ia mente esaltata di Mussolini poteva concepire
e affermare; ma difenderne l'equilibrio in rapporto alle nostre vitali necessità
di rifornimento, alle nostre lunghe coste, alla nostra
posizione geografica al centro di esso, alla nostra numerosa e densa
popolazione.
Questi obiettivi potranno essere raggiunti con cautela e prudenza perché
il risentimento inglese non potrà durare troppo a lungo e sarà nell'interesse
di quella nazione cercare di ricomporre l'interrotto equilibrio. Ma grosso
modo, pur tra tante devastazioni e miserie noi abbiamo recuperato la nostra
unità. Però essa non basta: essa va riempita della nostra volontà, delle nostre
idee, delle nostre opere. Bisogna ricostituire le fondamenta e gli istituti
dell'ordine politico e sociale. E in primo luogo bisogna definire il nostro
nuovo Stato. Gli angloamericani hanno applicato in Italia una incerta, poco concorde
e contradittoria politica. Essi si fondarono sul fuoruscitismo per muovere i
primi passi nella Penisola, ma poi si avvidero subito, con il caso Sforza, che
avevano sbagliato. Come sempre succede nei periodi delle lunghe dittature gli
emigrati politici non rappresentano che molto mediocremente e solo in modo
paradossale e contradittorio il paese di origine. Essi portano nelle loro idee,
nei loro propositi e nelle loro azioni assai più risentimento che ragionamento,
assai più volontà di parte che spirito di comprensione e di giustizia. Essi
sono, infine, una infima minoranza. Le lunghe dittature toccano tutto il paese:
impegnano tutte le classi, coinvolgono tutte le responsabilità: vi sono certo i
corruttori e i corrotti, i criminali e
profittatori, ma la enorme maggioranza continua a vivere la propria vita
senza dirette responsabilità nella errata condotta politica del paese. La
enorme maggioranza non ha colpe da scontare
ma solo piaghe da risanare e sventure da dimenticare. E’ stato quindi un
grave errore affidare il potere, con l'appoggio delle proprie armi vittoriose,
ai vendicatori e ai giustizieri dell'emigrazione. Essi non cercheranno di
riunire, ma di dividere ulteriormente, non cercheranno di sanare le piaghe comuni, ma le renderanno più dolorose e più aspre.
Così è avvenuto con l'epurazione che da due anni paralizza l'amministrazione
del paese, così avviene con la campagna inaudita di ingiurie e di calunnie
contro la Monarchia. Tanto più grave è stato l'errore alleato in quanto
l'emigrazione non veniva solo dai paesi anglosassoni, ma anche dalla Russia.
Dall'azione dei capi delle due opposte emigrazioni è risultato una politica
folle e suicida che tende a dividere il paese per sempre e cioè a raggiungere
il risultato che neppure Mussolini e i tedeschi poterono ottenere. Già la
cultura, l'economia, l'ambiente sociale del Mezzogiorno e del Settentrione
differiscono tanto profondamente e sensibilmente da far pensare che noi ci troviamo
non al 1945, ma al 1861 quando Costantino Nigra scriveva a Cavour le sue
memorabili lettere da Napoli sulla situazione meridionale. Già i movimenti
autonomisti e separatisti si moltiplicano a nord e a sud e nelle Isole. Eppure
la coalizione voluta dagli Alleati e da loro sostenuta come unica base di
Governo continua nella sua azione pericolosa e distruttiva. Che questo possa
rientrare nei piani del comunismo si comprende facilmente. Asserviti a una
potenza straniera e perfino a quella Jugoslavia che cerca di respingerci fino
al confine del 1915 e ci domanda una somma di riparazioni (da pagare con
macchine e utensili) tale da costringere alla fame le nostre maestranze
operaie per alcuni decenni, essi non hanno altra cura che provocare il male irreparabile
e la servitù perpetua' della nazione ai funzionari sovietici di cui essi sono
l'avanguardia stipendiata e disprezzata. Che lo stesso programma sia dei socialisti
si comprende assai meno. Le vecchie campagne dell'Avanti! contro la Monarchia,
l'Esercito, la borghesia, il clero, specialmente del periodo mussoliniano di
quel giornale, possono spiegare certi ritorni e certe nostalgie nel romagnolo
Nenni, cresciuto allievo all'ombra del Mussolini, uscito con
il predappiese dal socialismo per il dissenso sull'intervento; partito in
guerra come lui e come lui ritornato sergente e fondatore di fasci; infine,
rinsavito e rientrato nell'ovile socialista. Ma come uomini del valore e della
cultura moderna di Saragat, di Calosso, di Silone, di Treves e l'antico riformista
Modigliani possano seguire un tale indirizzo politico e vendicativo e
distruttivo che giunge a porre sotto accusa il vecchio duca del Mare, glorioso
superstite della guerra vittoriosa del x915 e D918, è assai più difficile a
comprendere. I democristiani, i liberali, i demolaburisti, reagiscono sulla
loro stampa con grande franchezza e a volte con dura violenza di linguaggio, ma
poi rimangono legati alla concentrazione. Tutto ciò si poteva comprendere
sino alla cacciata dei tedeschi dal suolo patrio, ma è ormai insostenibile.
Bisognava allora che la coalizione restasse unita perché essa corrispondesse
all'alleanza delle Potenze anglosassoni con il comunismo per vincere la
Germania. Ora gli anglosassoni hanno potuto già giudicare che cosa si nasconde
sotto le formule della democrazia progressiva di Mosca. La recente conferenza
di Londra non ha raggiunto nessuno degli obiettivi per i quali si era riunita.
L'Italia non ha le sue frontiere e non ha la sua pace. È ancora un territorio
occupato. Lo stesso fenomeno si verifica per i paesi balcanici ove il dominio
russo si esercita incontrollato e violento come il dissidio tra il Gabinetto
Groza e Re Michele ha dimostrato.
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