NON VI E' DUBBIO CHE UNA NAZIONE PASSATA DA UN REGIME MONARCHICO AD UN REGIME REPUBBLICANO SIA UNA NAZIONE «DECLASSATA», E CIÒ NON PUÒ NON ESSERE AVVERTITO DA CHIUNQUE ABBIA UNA SENSIBILITÀ PER VALORI I QUALI, PER ESSERE SOTTILI E IMMATERIALI, NON PER QUESTO SONO MENO REALI.

venerdì 25 gennaio 2019

Ricordiamo con affetto profondo ed infinita tristezza Marco Grandi



di Salvatore Sfrecola

Un tragico incidente stradale ieri ha privato gli amici e la comunità dei monarchici di Marco Grandi, avvocato, docente di storia contemporanea, allievo di Francesco Perfetti a Genova, componente della Consulta dei Senatori del Regno. Viveva a Corinaldo, una ridente cittadina marchigiana dalla quale proveniva la sua famiglia di illustri servitori dello Stato. Il nonno, Domenico, Generale, era stato Ministro della guerra nel Governo di Antonio Salandra, nel 1914. Il papà, Mario, aveva svolto le funzioni di Aiutante di campo del Principe di Piemonte Umberto.
Marco era una persona garbata, un grandissimo signore, un uomo di cultura, idealista ma concreto nelle prospettazioni politiche e nelle iniziative che assumeva nella sua cittadina ed ovunque fosse chiamato a svolgere una attività di diffusione e approfondimento di fatti di interesse storico e politico. A Corinaldo aveva organizzato importanti convegni storici e concorsi con premi per i giovani studenti delle scuole ai quali si rivolgeva per invitarli a considerare l’importanza delle proprie radici civili e nazionali, per risvegliare in loro il senso della nostra storia contro la narrazione faziosa, distorta e disonesta, che si accompagna da sempre al referendum del 2 giugno 1946 ed al "gesto rivoluzionario" del successivo 12 giugno che Re Umberto subì perché l’Italia non cadesse nella guerra civile alla quale i comunisti erano pronti nel caso avesse prevalso la Monarchia. Il Re, appartenente alla Casata che aveva unificato l’Italia, non poteva accettare che gli italiani si battessero gli uni contro gli altri, anche se era consapevole dell’ingiustizia che aveva subito per le condizioni nelle quali il referendum istituzionale era stato organizzato e gestito, in dispregio di una verifica autentica della volontà popolare.
E qui vale la pena di ricordare quel che Indro Montanelli, nel febbraio 2001, disse a Re Simeone II di Bulgaria, che era andato a trovarlo nella sua casa di Milano, in viale Piave, accompagnato proprio da Marco e dal nostro caro amico Camillo Zuccoli, oggi Ambasciatore del Sovrano Militare Ordine di Malta presso la Repubblica di Bulgaria: "Al mio amico Ciampi - affermò Montanelli - dico sempre che se alla catena della nostra Storia togli l'anello di Casa Savoia tutta la catena cade". E lo ha ripetuto più volte anche nel suo “L’Italia della Repubblica” (Rizzoli 1985) quando afferma che “di coloro che avevano votato Repubblica… Pochissimi si erano resi conto che, con la Monarchia, l’Italia rinnegava il Risorgimento, unico tradizionale mastice della sua unità. Era un mastice che non aveva mai operato a fondo e che aveva alimentato più una retorica che una coscienza nazionale. Ma scomparso anche quello, il Paese era in balia di forze centrifughe che ne facevano temere la decomposizione. Aizzata dai socialcomunisti, la lotta di classe deflagrava con una violenza proporzionale alla repressione cui per vent’anni l’aveva sottoposta il fascismo; mentre il regionalismo, fomentato soprattutto dai democristiani, assumeva, specialmente in Sicilia, gli estremi del separatismo”.
Scrive Giovanni Semerano in un commosso ricordo di Marco, dei suoi “tenerissimi affetti familiari, la sposa Paola e il figlio Domenico oggi increduli e disperati”, per la mancanza di questo uomo nobile e buono nel quale era “sempre presente, vivo e irriducibile l'amore per la Patria declinato nella fedeltà e nella devozione - non astratta perché più che meritata - al nostro grande e indimenticabile Re Umberto, che di Marco e di Paola fu testimone di nozze”.
Ricorda ancora che “in quel giorno felice, accanto al Re e agli sposi vi era anche un uomo al quale Marco, insieme al compianto Gian Nicola Amoretti, era legatissimo: Edgardo Sogno, l'eroe Medaglia d'oro della Guerra di Liberazione che, con il suo coraggio, ardimento, coerenza e fermezza, rappresentava un esempio e un simbolo altissimi di cosa significhi essere patrioti monarchici”.
Semerano nel suo ricordo non avrebbe potuto trascurare l’impegno politico di Marco Grandi nel Partito Liberale Italiano, insieme ad alcuni amici scomparsi e ricorda “tra i tanti valorosi parlamentari ed esponenti monarchici liberali: Augusto Premoli, Luigi Durand de la Penne, Roberto Cantalupo, Benedetto Cottone, Luigi Barzini jr., Umberto Bonaldi, Vittore Catella, Giuseppe Alpino, Emilio Pucci, Giuseppe Fassino,  Vittorio Badini Confalonieri, Giorgio Bergamasco, Umberto e Vittorio Emanuele Marzotto, Enzo Fedeli, Sam Quilleri, Alberto Giomo, Aldo Frumento”.
Ho visto Marco l’ultima volta l’8 dicembre 2018 a Castiglion Fibocchi in occasione di un incontro con il principe Amedeo di Savoia, quando il Presidente dell’Unione Monarchica Italiana, Avv. Alessandro Sacchi, gli ha conferito la medaglia d’argento della fedeltà monarchica, un riconoscimento voluto dal re Umberto II che aveva attribuito al Presidente dell’U.M.I. il compito di individuare chi lo meritasse. L’aveva accolto con profonda commozione. Ero accanto a lui in quel momento e ricordo il suo sorriso timido, le brevi parole con le quali ha ringraziato per questo riconoscimento per attività lungo decenni che aveva svolto sempre convinto di fare solo il suo dovere di italiano e monarchico.
Poche ore prima della tragedia aveva parlato con il Principe Aimone, che aveva accompagnato il 3 novembre 2018 a Roma quando nella Sala Umberto è stato ricordato il centenario della Vittoria. C’erano quel giorno anche i giovanissimi principi Umberto e Amedeo.
Esterrefatti “increduli e disperati” i lettori di Un Sogno Italiano si uniscono alla moglie Paola e al figlio Domenico nel dolore e nel ricordo.
Ciao Marco.
24 gennaio 2019

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