Nel 2010 , alla
vigilia del centocinquantesimo anniversario
della proclamazione del
Regno d’ Italia,anniversario che
veniva “pudicamente” definito
della “Unità”, i monarchici
avrebbero dovuto approfittare
di questa ricorrenza
per riaffacciarsi alla
ribalta rilanciando i
motivi ispiratori del
Risorgimento , le
realizzazioni del nuovo
Regno , oggetto di una
campagna astiosa , faziosa e
negatrice di questi
eventi , da parte di
nostalgici degli Stati
“assolutisti “, preunitari, tra
i quali in
prima linea i
neoborbonici.
Dobbiamo dire
che l’attuale Stato
repubblicano una sua
parte positiva la
fece: l’on. Napolitano si recò
al Pantheon a
rendere omaggio alla
tomba di Vittorio Emanuele II
“Padre della Patria“,
nei suoi discorsi
e messaggi ebbe
parole serene e
positive per la
nascita del Regno;
a Torino fu
aperta una eccezionale mostra
dedicata a “ Vittorio
Emanuele II - Il Re
Galantuomo“, con un volume
di straordinario interesse (Editrice Fabbrica
delle Idee ), in quanto
i diversi autori, nessuno dei
quali monarchico, studiando ed
esaminando dai più
vari punti di
vista la figura
e l’opera del
Re, convenivano tutti in
una valutazione positiva
dello stesso, poi le
varie mostre dedicate
a Margherita, prima Regina
d’Italia, definita “icona dell’
Italia Unita”, una mostra a
Roma, su “La
Macchina dello Stato“ , con
volume edito da
“Electa“, che documentava l’ enorme
sforzo della unificazione
in tutti i
campi dell’ attività statuale, effettuato, pur tra
difficoltà economiche e finanziarie notevoli, dal
nuovo Stato unitario, e così pure
altre mostre sparse
per tutta l’ Italia.
E
i monarchici mentre
passava l’ autobus del
centocinquantenario? Qualche
celebrazione episodica e
sporadica, qualche articolo ,
qualche lettera ai giornali,
una serie di
conferenze però limitate
a Roma, anche se
poi successivamente e
fortunatamente raccolte in
un volume e
poI... Anche la richiesta
di ripristino, ampiamente motivata, dei
nomi sabaudi a
cominciare da Vittorio
Emanuele II, nelle città
che li avevano
cancellati ed in
quelle che non
li avevano avuti, era
una occasione unica, irripetibile, purtroppo
mancata, per far conoscere
l’ azione decisiva della
Monarchia e di
Vittorio Emanuele, per il
raggiungimento dell’Unità,
sogno ed
aspirazione della parte
migliore del popolo
italiano, la più colta
e generosa, anche se
forse minoritaria, in termini
numerici assoluti, dato l’altissimo
livello di analfabetismo
che esisteva,
particolarmente nelle regioni
meridionali e che
rendeva le masse
insensibili a questi
motivi ideali.
Ed
ora? Adesso sta
passando l’ autobus del
centenario della prima
Guerra mondiale, la Grande
Guerra; per l’ Italia, la Quarta
Guerra d’ Indipendenza, e si
prevedono convegni, mostre,
studi, pubblicazioni, ma in queste
quante saranno le
note positive ed i riconoscimenti per
la Monarchia e
per il Re
Vittorio Emanuele III, il
“Re Soldato”, non per
definizione retorica, ma “fotografica”
di questo Sovrano che
praticamente stette al
fronte, insieme con i
suoi soldati, per 41
mesi, avendo delegato i suoi poteri
civili, allo Zio, Tommaso di
Savoia, duca di Genova, quale
suo Luogotenente Generale. Leggeremo tanto
e di più
sul rovesciamento delle
alleanze, come fatto genetico
dell’ Italia, falsità storica,
ma di
grande effetto, sulle ragioni
dei neutralisti, anche queste
da documentare, perché non
basta la frase
giolittiana del “parecchio”, su Caporetto, sui 600.000 morti, come se
Francia, Gran Bretagna, Germania,
Austria e Russia
non ne avessero
avuti molti e
molti di più , sulla
responsabilità dell’ Italia
nella guerra, dimenticando che
eravamo entrati in
guerra il 24
maggio 1915, dopo dieci mesi
dall’inizio del conflitto
e tante altre
accuse o mancati
riconoscimenti, come
sicuramente il silenzio
su Peschiera e
su altri fatti
positivi.
Dobbiamo essere
preparati a tutto
ciò, dai giornali alla
televisione, specie nei canali
e nelle trasmissioni
storiografiche, dalle
librerie quando si
presentassero nuovi libri
sulla guerra ed
essere pronti ad
intervenire ed a
replicare e le
nostre manifestazioni siano
aliene dalla retorica, affrontino anche
i temi più
amari, perché non si
perda di vista
quello che rimane
una verità incontrovertibile e
cioè che l’ Italia
con la grande
guerra, era assunta al
livello di potenza
europea, aveva dimostrato di
essere una nazione
ed un popolo
unito, che il soldato
italiano non era
secondo a nessuno, aveva confermato
che lo Stato
esisteva ed
era robusto in tutte
la sue strutture
e tutto questo
è particolarmente necessario
ricordare e documentare
perché oggi la
polemica è passata
dall’ antirisorgimento al secessionismo, con argomentazioni per
lo più egoistiche, e
quindi moralmente miserabili, ammantate di
ricordi che la
polvere dei secoli
aveva ricoperto, quando invece
la parte più
importante degli stessi
era stata assorbita
e rivitalizzata nella
visione unitaria che
il Regno aveva
dato di tutte
le piccole storie
di cui erano
ricchi gli italiani, pur
nella loro divisione, che lentamente, nei secoli, dal
XVI° in poi, ci
aveva posto ai
margini della grande storia
europea, che era anche
allora la storia
del mondo.
Domenico Giglio
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