NON VI E' DUBBIO CHE UNA NAZIONE PASSATA DA UN REGIME MONARCHICO AD UN REGIME REPUBBLICANO SIA UNA NAZIONE «DECLASSATA», E CIÒ NON PUÒ NON ESSERE AVVERTITO DA CHIUNQUE ABBIA UNA SENSIBILITÀ PER VALORI I QUALI, PER ESSERE SOTTILI E IMMATERIALI, NON PER QUESTO SONO MENO REALI.

lunedì 13 maggio 2013

La Monarchia e il Fascismo - Terzo capitolo - I


3 - I GOVERNI DI GIOLITTI E BONOMI CON SFORZA E CROCE ACCUSATI  DI ARMARE LE SQUADRE FASCISTE (1921)


Le ultime elezioni libere: nasce la Camera che voterà le leggi della dittatura fascista
- Continuano le imboscate e gli eccidi fra le fazioni in una atmosfera di guerra civile.
- In mezzo a tanta follia il Re porta la Sua parola di saggezza.


L'estrema sinistra e la dittatura bolscevica.

Il fascismo è oramai al servizio degli industriali e degli agrari che lo finanziano e, tollerate le squadre d'azione queste vengono gettate contro le organizzazioni operaie rosse. Il pericolo fascista incomincia a delinearsi ora. D'altronde non è possibile venire ad una transazione. Vi è bensì una tendenza che vorrebbe instaurata una certa collaborazione fra le classi, ma gli animi sono troppo inaspriti da ambo le parti, dalla borghesia reazionaria ma soprattutto dalla intransigenza oppositrice dell'estremismo di sinistra, al quale si aggrega in certe circostanze quello democristiano. Così i due estremismi, sovversivo e reazionario, non possono incontrarsi. Ma più per colpa dei primi fallisce il ritorno alla normalità, all'armonia produttiva, mentre in alcuni settori logorati dalla stanchezza si profila vago ma insistente il miraggio della Dittatura come unica salvezza dal minacciato sfacelo. Giolitti al potere costituisce una garanzia alla ricomposizione solidale dei vari ceti della borghesia che cerca una soluzione ai problemi scaturiti dalla guerra, ma l'indebolimento portato da questa a tutta la compagine dello Stato richiederebbe l'opera solidale di tutte le classi. Il sovversivismo di sinistra invece impedisce lo svolgersi di questa funzione e con la sua opera disgregatrice porta la Nazione sull'orlo della catastrofe.

Non vi sono soltanto i problemi interni che pesano sul Governo, vi sono le quistioni internazionali la cui soluzione ha fortemente disilluso il Paese. L'atteggiamento degli Alleati nella imposizione del Trattato di Versaglia non è altro che la premessa, la giustificazione dell'Italia di domani portata di conseguenza a gettarsi nelle braccia della Germania. Giolitti, fedele all'osservanza dei trattati, obbliga D'Annunzio ad evacuare Fiume, ma la Nazione è sentimentalmente con lui poiché la marcia di Ronchi nella sua romantica audacia fu una sfida alle inconcepibili ed ingiuste vessazioni dell'Intesa contro di noi. Questo episodio commovente ma doloroso che avrebbe dovuto saldare le classi nello spirito della solidarietà nazionale contro le insidie dello straniero, servì invece a socialisti e repubblicani, da piattaforma sulla quale schierarsi a favore del nemico, mentre sulle piazze d'Italia infuria la guerra civile ch'essi provocano ed alimentano con nefande propagande. Ad Aulla, i socialisti, incontrato il tenente Lepro Lepri lo investono, sol perché è ufficiale dell'esercito, al grido di Viva Lenin, egli risponde Viva l'Italia e lo pugnalano alle spalle, lo bastonano a sangue e poi fuggono non senza avergli sparato un colpo di rivoltella. Dopo lo scempio dello studente Sonzini commesso a Torino da guardie rosse che bisognerebbe dantescamente punire cancellando dal loro volto i lineamenti umani - scrive il Corriere della Sera - nulla era avvenuto di così odioso come il gesto della belva socialista che, dopo uno dei soliti agguati eroici, si getti su un ferito inerte e lo finisce. E' la sete di sangue, è la delinquenza tripudiante; ed è la denunzia degli effetti d'una scuola che non si chiude ancora. Bisogna dunque finirla. Ma se i predicatori di violenze non danno il segnale della fine, questa degenerazione messicana delle lotte civili in Italia continuerà. Se le moltitudini ignoranti, avvelenate dalla demagogia senza scrupoli, non saranno richiamate al rispetto della libertà, gli episodi sanguinosi non potranno che, diventare più frequenti e più gravi. E' necessario considerare la questione con senso di umanità e non con perfida polemica ».

Ma la catena dei delitti continua. A Modena viene assassinato lo studente Mario Ruini, ferito in una dimostrazione. La popolazione insorge, i funerali sono imponenti ma i socialisti gettano bombe a mano sul corteo che è assalito da una fitta sparatoria. I fascisti, che hanno avuto due morti e numerosi feriti, rispondono e la città diventa un campo di battaglia. A Bologna viene proclamato lo sciopero generale per protesta contro l'incendio della Camera del lavoro subito rintuzzato dalle squadre fasciste che transitano per la città fra le acclamazioni della cittadinanza. Le masse si agitano oramai unicamente in preda ad uno stato di convulsione, eccitate da una insana propaganda sovvertitrice ma abbandonate a se stesse. L'on. Giuseppe Bianchi inviato dal partito socialista a Modena per una inchiesta sui luttuosi avvenimenti, conclude con una deplorazione ai deputati della circoscrizione per la loro assenza e per avere abbandonato la classe operaia ai suoi istinti. I socialisti sanno benissimo che se volessero potrebbero influire sulle folle. Dopo le accuse lanciate alla Camera dall'on. Drago all'on. Vacirca venne provato - dalla Commissione d'inchiesta - che questi era entrato in partecipazione in un affare di terreni con un barone siciliano recando come apporto la sua autorità di garante della tranquillità delle masse che in quella particolare regione non avrebbero disturbato gli interessi degli odiati capitalisti e feudatari!

Per due anni le campagne del bolognese sono state oppresse da una pesante dittatura bolscevica. La predicazione della violenza, finita la guerra, ha avuto per primo bersaglio presso le folle docili e facili alla suggestione, i combattenti, i feriti, i mutilati, tutti coloro insomma che non hanno rinnegato il glorioso dovere compiuto. La campagna elettorale politica dei socialisti è stata tutta una predicazione rabbiosa di violenza. Bombacci incita i contadini ad insorgere: niente avrebbe resistito al loro urto; e dopo la battaglia vittoriosa avrebbero goduto la felicità e il benessere nell'Eden sovietico (1). La proprietà privata è praticamente quasi abolita, la legge bolscevica, quella dei leghisti, può affermare il suo predominio con,la licenza connessa a inaudite violenze collettive e personali e con la pratica applicazione delle disposizioni del dittatore Bucco, le quali influiscono anche sulle stesse autorità. L'inchiesta parlamentare sui continui e sanguinosi conflitti rileva come a Bologna e nella campagna il Partito Socialista Massimalista sia stato in grande prevalenza (dopo la guerra avendo esercitato una propaganda con eccitamento alla violenza, col susseguirsi di scioperi incomposti e con la creazione di un vero monopolio della mano d'opera, cioè il collocamento esclusivo di questa per mezzo di uffici di classe: « Così - dice testualmente la relazione - si diffusero i boicottaggi, per cui i proprietari ed i coloni boicottati non soltanto non potevano avere la mano d'opera, ma non potevano acquistare derrate ed indumenti, non trovavano da vendere i loro prodotti ed in taluni casi si è visto anche negare, loro l'assistenza sanitaria per essi e per la famiglia. Negli ultimi tempi si cercò finanche di impedire alle persone boicottate la locomozione ed i trasporti con carri attraverso la via pubblica. La condizione di costoro, specie in alcuni comuni, era divenuta assolutamente intollerabile ». E accanto al boicottaggio si erano costituite le cosiddette « taglie » per cifre rilevanti da pagarsi per liberare un colono od un proprietario.


Muccio Ruini, in un articolo sulla Nuova Antologia dopo aver descritta la fase degli scioperi a catena e constatando che la borghesia si difende o contrattacca con vigoria, così precisa: « Questo stato di guerra civile è grave e pericoloso, e non può a lungo durare. Di fronte alla minaccia del dissolvimento si comprende la necessità della difesa; e non se ne possono lagnare i socialisti, che nei loro congressi predicarono i «metodi illegali di azione». E' una esplicita adesione alla reazione ed ai metodi della violenza fascista, eh'egli chiama «L'Ora della democrazia».

    (1)  Nicola Bombacci dopo lo scioglimento dei partiti avvenuto nel 1926 si adoperò per un tentativo di riavvicinamento fra fascismo e comunismo ch'egli spiegava in una rivista Verità, finanziata dallo stesso Mussolini. Dopo l'8 settembre lo seguì a Salò e finì a piazzale Loreto accanto al suo concittadino forlivese.

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