3 - I GOVERNI DI GIOLITTI E
BONOMI CON SFORZA E CROCE ACCUSATI DI ARMARE LE SQUADRE
FASCISTE (1921)
Le ultime elezioni libere:
nasce la Camera che voterà le leggi della dittatura fascista
- Continuano le imboscate e gli
eccidi fra le fazioni in una atmosfera di guerra civile.
- In mezzo a tanta follia il Re porta la Sua parola di saggezza.
L'estrema sinistra e la
dittatura bolscevica.
Il fascismo è oramai al
servizio degli industriali e degli agrari che lo finanziano e, tollerate le
squadre d'azione queste vengono gettate contro le organizzazioni operaie rosse.
Il pericolo fascista incomincia a delinearsi ora. D'altronde non è possibile
venire ad una transazione. Vi è bensì una tendenza che vorrebbe instaurata una certa
collaborazione fra le classi, ma gli animi sono troppo inaspriti da ambo le
parti, dalla borghesia reazionaria ma soprattutto dalla intransigenza
oppositrice dell'estremismo di sinistra, al quale si aggrega in certe
circostanze quello democristiano. Così i due estremismi, sovversivo e
reazionario, non possono incontrarsi. Ma più per colpa dei primi fallisce il
ritorno alla normalità, all'armonia produttiva, mentre in alcuni settori
logorati dalla stanchezza si profila vago ma insistente il miraggio della
Dittatura come unica salvezza dal minacciato sfacelo. Giolitti al potere
costituisce una garanzia alla ricomposizione solidale dei vari ceti della
borghesia che cerca una soluzione ai problemi scaturiti dalla guerra, ma
l'indebolimento portato da questa a tutta la compagine dello Stato
richiederebbe l'opera solidale di tutte le classi. Il sovversivismo di sinistra
invece impedisce lo svolgersi di questa funzione e con la sua opera
disgregatrice porta la Nazione sull'orlo della catastrofe.
Non vi sono soltanto i
problemi interni che pesano sul Governo, vi sono le quistioni internazionali la
cui soluzione ha fortemente disilluso il Paese. L'atteggiamento degli Alleati
nella imposizione del Trattato di Versaglia non è altro che la premessa, la
giustificazione dell'Italia di domani portata di conseguenza a gettarsi nelle
braccia della Germania. Giolitti, fedele all'osservanza dei trattati, obbliga
D'Annunzio ad evacuare Fiume, ma la Nazione è sentimentalmente con lui poiché
la marcia di Ronchi nella sua romantica audacia fu una sfida alle inconcepibili
ed ingiuste vessazioni dell'Intesa contro di noi. Questo episodio commovente ma
doloroso che avrebbe dovuto saldare le classi nello spirito della solidarietà
nazionale contro le insidie dello straniero, servì invece a socialisti e
repubblicani, da piattaforma sulla quale schierarsi a favore del nemico, mentre
sulle piazze d'Italia infuria la guerra civile ch'essi provocano ed alimentano
con nefande propagande. Ad Aulla, i socialisti, incontrato il tenente Lepro
Lepri lo investono, sol perché è ufficiale dell'esercito, al grido di Viva
Lenin, egli risponde Viva l'Italia e lo pugnalano alle spalle, lo bastonano a
sangue e poi fuggono non senza avergli sparato un colpo di rivoltella. Dopo
lo scempio dello studente Sonzini commesso a Torino da guardie rosse che
bisognerebbe dantescamente punire cancellando dal loro volto i lineamenti umani
- scrive il Corriere della Sera - nulla era avvenuto di così odioso come il
gesto della belva socialista che, dopo uno dei soliti agguati eroici, si getti
su un ferito inerte e lo finisce. E' la sete di sangue, è la delinquenza
tripudiante; ed è la denunzia degli effetti d'una scuola che non si chiude
ancora. Bisogna dunque finirla. Ma se i predicatori di violenze non danno il
segnale della fine, questa degenerazione messicana delle lotte civili in Italia
continuerà. Se le moltitudini ignoranti, avvelenate dalla demagogia senza
scrupoli, non saranno richiamate al rispetto della libertà, gli episodi
sanguinosi non potranno che, diventare più frequenti e più gravi. E' necessario
considerare la questione con senso di umanità e non con perfida polemica ».
Ma la catena dei delitti
continua. A Modena viene assassinato lo studente Mario Ruini, ferito in una
dimostrazione. La popolazione insorge, i funerali sono imponenti ma i
socialisti gettano bombe a mano sul corteo che è assalito da una fitta
sparatoria. I fascisti, che hanno avuto due morti e numerosi feriti, rispondono
e la città diventa un campo di battaglia. A Bologna viene proclamato lo
sciopero generale per protesta contro l'incendio della Camera del lavoro subito
rintuzzato dalle squadre fasciste che transitano per la città fra le
acclamazioni della cittadinanza. Le masse si agitano oramai unicamente in preda
ad uno stato di convulsione, eccitate da una insana propaganda sovvertitrice ma
abbandonate a se stesse. L'on. Giuseppe Bianchi inviato dal partito socialista
a Modena per una inchiesta sui luttuosi avvenimenti, conclude con una
deplorazione ai deputati della circoscrizione per la loro assenza e per avere
abbandonato la classe operaia ai suoi istinti. I socialisti sanno benissimo che
se volessero potrebbero influire sulle folle. Dopo le accuse lanciate alla
Camera dall'on. Drago all'on. Vacirca venne provato - dalla Commissione
d'inchiesta - che questi era entrato in partecipazione in un affare di terreni
con un barone siciliano recando come apporto la sua autorità di garante della
tranquillità delle masse che in quella particolare regione non avrebbero
disturbato gli interessi degli odiati capitalisti e feudatari!
Per due anni le campagne del
bolognese sono state oppresse da una pesante dittatura bolscevica. La
predicazione della violenza, finita la guerra, ha avuto per primo bersaglio
presso le folle docili e facili alla suggestione, i combattenti, i feriti, i
mutilati, tutti coloro insomma che non hanno rinnegato il glorioso dovere
compiuto. La campagna elettorale politica dei socialisti è stata tutta una
predicazione rabbiosa di violenza. Bombacci incita i contadini ad insorgere:
niente avrebbe resistito al loro urto; e dopo la battaglia vittoriosa avrebbero
goduto la felicità e il benessere nell'Eden sovietico (1). La proprietà privata
è praticamente quasi abolita, la legge bolscevica, quella dei leghisti, può affermare
il suo predominio con,la licenza connessa a inaudite violenze collettive e
personali e con la pratica applicazione delle disposizioni del dittatore Bucco,
le quali influiscono anche sulle stesse autorità. L'inchiesta parlamentare sui
continui e sanguinosi conflitti rileva come a Bologna e nella campagna il
Partito Socialista Massimalista sia stato in grande prevalenza (dopo la guerra
avendo esercitato una propaganda con eccitamento alla violenza, col susseguirsi
di scioperi incomposti e con la creazione di un vero monopolio della mano
d'opera, cioè il collocamento esclusivo di questa per mezzo di uffici di
classe: « Così - dice testualmente la relazione - si diffusero i boicottaggi,
per cui i proprietari ed i coloni boicottati non soltanto non potevano avere la
mano d'opera, ma non potevano acquistare derrate ed indumenti, non trovavano da
vendere i loro prodotti ed in taluni casi si è visto anche negare, loro
l'assistenza sanitaria per essi e per la famiglia. Negli ultimi tempi si cercò
finanche di impedire alle persone boicottate la locomozione ed i trasporti con
carri attraverso la via pubblica. La condizione di costoro, specie in alcuni
comuni, era divenuta assolutamente intollerabile ». E accanto al boicottaggio
si erano costituite le cosiddette « taglie » per cifre rilevanti da pagarsi per
liberare un colono od un proprietario.
Muccio Ruini, in un articolo
sulla Nuova Antologia dopo aver descritta la fase degli scioperi a catena e
constatando che la borghesia si difende o contrattacca con vigoria, così
precisa: « Questo stato di guerra civile è grave e pericoloso, e non può a
lungo durare. Di fronte alla minaccia del dissolvimento si comprende la
necessità della difesa; e non se ne possono lagnare i socialisti, che nei loro
congressi predicarono i «metodi illegali di azione». E' una esplicita adesione
alla reazione ed ai metodi della violenza fascista, eh'egli chiama «L'Ora della
democrazia».
(1) Nicola
Bombacci dopo lo scioglimento dei partiti avvenuto nel 1926 si adoperò per un
tentativo di riavvicinamento fra fascismo e comunismo ch'egli spiegava in una
rivista Verità, finanziata dallo stesso Mussolini. Dopo l'8 settembre lo seguì
a Salò e finì a piazzale Loreto accanto al suo concittadino forlivese.
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