NON VI E' DUBBIO CHE UNA NAZIONE PASSATA DA UN REGIME MONARCHICO AD UN REGIME REPUBBLICANO SIA UNA NAZIONE «DECLASSATA», E CIÒ NON PUÒ NON ESSERE AVVERTITO DA CHIUNQUE ABBIA UNA SENSIBILITÀ PER VALORI I QUALI, PER ESSERE SOTTILI E IMMATERIALI, NON PER QUESTO SONO MENO REALI.

lunedì 2 dicembre 2024

Alluvione Valencia, Re Felipe e quel fango responsabile che il Paese non può più capire

 del Nostro Amico Francesco Di Bartolomei

02 Dicembre 2024




Auguri a tutti quelli che scavano nel fango per ritrovare un casa e se stessi, auguri anche a lei Maestà che riesce a fare il suo lavoro anche in queste condizioni, dimostrando a chi ne ha bisogno che la via della responsabilità anche quando è scomoda è sempre necessaria


Re Felipe, fonte: 

Dopo li disastro naturale di Valencia, sulla stampa italiana è stato dato il massimo risalto alle contestazioni che ha ricevuto il Re Felipe VI di Spagna nella sua visita alla città, occorsa poco dopo il tragico evento. In Italia da sempre si ironizza sul ruolo delle case reali europee, specie in questi ultimi decenni. Si fa un po' fatica a capirne il motivo visto che questo paese è una repubblica dal 1946 e non ha avuto mai a riguardo una cultura barricadiera come quella francese, ad esempio.

Da noi chi si diletta storicamente a parlarne finisce in genere a giustificare la nascita delle istituzioni repubblicane, sulla base degli errori o delle responsabilità dei Savoia (vere o presunte) nel periodo del fascismo e della seconda guerra mondiale. Benchè poi, tali responsabilità non siano mai state acclarate in un processo che, avrebbe finito probabilmente col trascinare un'intera nazione in quelle responsabilità, compresi alcuni nobili padri costituenti della neonata repubblica.

Qualcosa che nasce solo per essere contro qualcos'altro difficilmente avrà vita semplice e lo si è visto. In genere chi parte con una contrapposizione di questo tipo finisce col esacerbare nella lotta tra le fazioni qualsiasi cosa, non focalizzando mai esempi inclusivi o responsabili ed arrivando ad un certo punto neanche più a concepirli o capirli. L'inclusione istituzionale o la condivisione non è retorica ma senso di responsabilità, anche quando le cose non vanno per come dovrebbero andare. Le responsabilità principali del disastro valenciano dopo l'aspetto naturale preponderante, per cui poco o nulla centra lo stato spagnolo (a prescindere se si creda o meno alla crisi climatica), sono di Carlos Mazòn, presidente della comunità autonoma valenciana, politico di un centro-destra-quello iberico-che stenta a costruire un alternativa credibile al pur bollito Pedro Sanchez (scappato come il Mazòn alle prime contestazioni degli alluvionati).

Questo esponente locale ha tenuto il tipico atteggiamento degli amministratori di determinate regioni produttive europee, per i quali la macchina economica del loro territorio non può fermarsi per nessun motivo anche a costo di rischi oggettivi, che nel caso vanno minimizzati, tanto poi se va male si darà la colpa allo stato centrale.

D'altronde nella costa catalana come in un certo nord-est d'Italia o nelle Fiandre, la cultura politica da bar, fatta di luoghi comuni, velate ipocrisie, incongruenze e razzismo a bassa o alta intensità (a seconda di chi gli si contrappone), sono ormai quasi patrimonio culturale o per meglio dire sub-culturale. In mezzo a tutto ciò il vertice dello stato di Spagna, il Re si è posto per come si doveva porre, partendo e sapendo a ciò che andava incontro, non arretrando. All'arrivo ha trovato fango su di se e la Consorte e questo ha focalizzato l'attenzione dei media. Peccato che almeno a casa nostra, poco o nulla si è visto del dopo. Il Sovrano si è avvicinato ai contestatori e si è messo a dialogare con loro e come tra persone con cui si condivide qualcosa, si è passati dal fango agli abbracci; quando chi spinto a contestare dai vati del nulla cosmico, si è specchiato in qualcuno di cui ha percepito i veri sentimenti. Quella maggioranza silenziosa che vive lavorando ha capito, ma ai media che in quei giorni già tremavano per la sconfitta di Kamala Harris, poco interessava. Quel Re in piedi nel fango mi ricordava le illustrazioni della "Domenica del Corriere" su Umberto I a Napoli nel 1882 per il colera o su Vittorio Emanuele III e la Regina Elena a Messina per il terremoto del 1908.

Da uomo della strada preoccupato e a volte sommerso dai problemi della vita quotidiana se un genio della lampada mi dicesse: vuoi essere un potente del mondo? Non so cosa gli risponderei ma di certo so cosa non gli risponderei: il Re di Spagna. Parlo di una nazione che ho nel cuore da sempre ,sia per la fraternità che in ogni momento della storia ha dimostrato verso il nostro popolo, sia per ciò che ha rappresentato a partire dal 1492(e a dispetto dell'attuale cancel culture imperante ancora per poco). Per 3 secoli questo paese fu una Nuova Roma, sorta già qualche secolo prima a difesa della civiltà latino-cristiana. Tuttavia da più di cent'anni è uno dei pochi paesi decisamente più ingovernabile del nostro, dove le fazioni politiche soffrono fino all'inverosimile pur di non ammettere una enorme ovvietà e cioè che senza la monarchia la Spagna non esisterebbe. Probabilmente sarebbero 5 o 6 stati in lotta tra loro e schiavi di mafie d'oltreoceano.

Ogni volta che pongo anche in modo gentile questa domanda, a qualche rappresentante o analista spagnolo legato a certe visioni, mi guarda non sapendo rispondere e in genere palesa subito dopo un atteggiamento, frustrato, violento e a tratti schizofrenico. Ciò nonostante costoro, riescono a far rimanere questa nazione in un perenne clima da guerra civile(non ce la fanno ancora a digerire la sconfitta e per tanto si sfogano sulla qualsiasi arrivando all'accanimento anche sulle tombe) strisciante, anche in un momento drammatico per la Spagna come quello odierno.

Superato questo aspetto sposto la lente su casa nostra e su quello che ha generato questa notizia. In me aldilà del già detto, ciò che colpisce è quell'indice puntato sul Re, che qualche giornalista ha voluto porre, come a dire: "Cosa volete queste istituzioni retrograde hanno ciò che meritano". Bej a chi dimostra questo tipo di sentimenti, posso dire che il troppo tempo vissuto all'ombra della de-responsabilizzazione generale ha avuto il suo effetto. In Italia dopo che l'allora Presidente Scalfaro venne spintonato ai funerali palermitani del Giudice Paolo Borsellino e della sua scorta, non c'è più stato nulla di tutto questo, per il semplice fatto che nei luoghi di imminente tensione un capo dello stato non è più andato, accampando a volte il motivo di facilitare la macchina dei soccorsi. Prima no, o almeno il Presidente Pertini nel 1980 non ebbe paura dei terremotati dell'Irpinia.

In troppi tragici eventi degli ultimi decenni in questo paese qualcosa è sempre mancato (almeno nell'immediato). In particolare sotto una presidenza della Repubblica precedente all'attuale, la personalità si muoveva solo in presenza di una "claque" ben organizzata e aveva una mania fobica di far apparire la sua immagine al di sopra di ogni contestazione. Per carità umana non cito il nome del Presidente giacché parliamo di un defunto. Forse per questo in Italia non ci fa più caso nessuno e in nome di ciò ci si butta a pesce da parte dei media a fare sciacallaggio su un capo di stato straniero, tanto e pure meno rischioso.

Lo confesso, da cittadino italiano di origine umbra, che otto anni fa ha perduto una casa per cui nessuno ancora mi ha fatto sapere nulla, a certe cose ci sto attento. Mi domando però cosa sia peggio... Se avere come nel caso della Spagna un pezzo di paese che vuole necessariamente autodistruggersi senza un motivo o essere come una parte della società italiana, per la quale ha senso solamente il più bieco cinismo. Auguri a tutti quelli che scavano nel fango per ritrovare un casa e se stessi, auguri anche a lei Maestà che riesce a fare il suo lavoro anche in queste condizioni, dimostrando a chi ne ha bisogno che la via della responsabilità anche quando è scomoda è sempre necessaria.

Di Francesco Di Bartolomei.