NON VI E' DUBBIO CHE UNA NAZIONE PASSATA DA UN REGIME MONARCHICO AD UN REGIME REPUBBLICANO SIA UNA NAZIONE «DECLASSATA», E CIÒ NON PUÒ NON ESSERE AVVERTITO DA CHIUNQUE ABBIA UNA SENSIBILITÀ PER VALORI I QUALI, PER ESSERE SOTTILI E IMMATERIALI, NON PER QUESTO SONO MENO REALI.

mercoledì 10 aprile 2024

Saggi Storici sulla sulla Tradizione Monarchica - VII

 


2) LA DECADENZA DELL'IMPERO

La creazione di questi nuovi stati e l'organizzazione dei comuni, avevano fortemente scosso l'autorità imperiale a cui era pur sempre connessa, titolarmente, anche la corona d'Italia e questa situazione di decadenza dell'Impero era in pieno sviluppo quando sali sul trono di Germania l'Imperatore Federico I Barbarossa (1152). Questi dapprima si alleò con il Papa promettendo di aiutarlo nella resistenza contro i romani che erettisi a comune venivano spesso a contrasto con l'autorità pontificia, e contro i normanni il cui vassallaggio era sempre alquanto pesante e pericoloso, ricevendo in cambio dal Papa Adriano IV la corona imperiale in San Pietro. Ma il Barba-rossa se respinse in effetti bruscamente le pretese del comune di Roma, che avrebbe voluto essere lui ad offrirgli la corona imperiale, desistette però dall'attaccare il regno normanno, retto allora da Guglielmo I perdendo un momento eccezionalmente favorevole, giacché l'imperatore bizantino Manuele I Comneno stava tentando di riconquistare i possessi italiani giungendo a mettere piede a Bari e a Trani, spingendosi sino ad Ancona. I bizantini, non aiutati dai tedeschi, finirono però col soccombere e furono costretti a concludere con i normanni la pace nel 1158, mentre fin da prima Adriano IV si era riconciliato con Guglielmo I accordandogli l'investitura del regno, comprese Capua e Napoli.

La politica del Barbarossa si volse soprattutto al tentativo di schiacciare la potenza dei comuni dell'Italia settentrionale; nella sua seconda discesa in Italia, convocò nel 1158 la dieta di Roncaglia onde stabilire definitivamente i rapporti fra i comuni e i suoi imperiali diritti e rivendicò all'impero la nomina dei magistrati, la coniazione della moneta, l'amministrazione della giustizia, la riscossione dei pedaggi e la disposizione dei feudi. Quando però tentò di inviare i suoi rappresentanti nelle città, Milano cacciò i messi imperiali mettendosi a capo delle città ribelli. Federico assediò Crema che fu rasa al suolo dopo sei mesi d'assedio, dopo oltre due anni di difesa disperatissima Milano abbandonata dalle altre città dovette arrendersi a discrezione e per ordine imperiale fu distrutta dai cittadini di Como, Novara, Pavia e Cremona, città inimicissime della capitale lombarda; sembrò per un momento che la potenza comunale fosse distrutta per sempre (1162).

La potenza smisurata del Barbarossa provocò però una coalizione contro di lui, egli tentò alla morte di Adriano IV di contrapporre al successore canonicamente eletto, Alessandro III, un antipapa suo 'pa­rente che si chiamò Vittore IV; mentre la Germania e parte dell'alta Italia riconobbero l'antipapa, intorno ad Alessandro III si strinsero i comuni antimperiali, la Sicilia, la Francia e l'Inghilterra. Il Papa scomunicò l'imperatore, tentando di deporlo, ma fu costretto a rifu­giarsi prima a Genova e poi in Francia.

Le città della Marca veronese, Verona, Vicenza, Padova e Treviso strinsero una lega antimperiale: la lega veronese, che ebbe l'appog­gio di Venezia ed anche dell'imperatore bizantino, ancora padrone di Ancona, che sperava di riunire sul suo capo le due corone imperiali; la rivolta di Cremona e Mantova, Bergamo e Brescia che con i mila­nesi strinsero il patto di Pontida, furono il primo nucleo della Lega Lom­barda (aprile 1167). Federico tornò in Italia, sottomise Ancona e Ro­ma in cui installò il suo antipapa, ma la lega lombarda, ormai forte e compatta, lo costrinse a fuggire in Germania travestito nei primi giorni del 1168; egli rientrò in Italia dopo sei anni, ricominciando le ostilità; dopo assedi, lotte e tentativi di pace falliti, fu ancora battuto dalla lega a Legnano il 29 maggio e si piegò a riconoscere in Alessandro III il vero Papa. La potenza imperiale nell'Italia setten­trionale era tramontata per sempre e nuovamente prendevano vita le istituzioni comunali riconosciute dal Barbarossa nella pace di Co­stanza il 25 giugno 1183.

Al Barbarossa successe il figlio Enrico VI che sposando l'ultima degli Altavilla, Costanza, riuscì ad impadronirsi della corona normanna con breve lotta contro Tancredi conte di Lecce, rampollo illegit­timo della Casa. Così l'impero che aveva perduto gran parte del suo potere nel settentrione veniva a costituirsi una base potente nel capo opposto della penisola, minacciando i territori pontifici e comunali che si trovarono stretti come in una morsa nei territori imperiali, ma Enrico VI morì improvvisamente a Messina nel 1197 mentre prepa­rava una spedizione contro l'impero d'oriente e la moglie Costanza, seguendolo nella tomba l'anno dopo, lasciò il Papa Innocenzo III come reggente durante la minorità del figlio Federico.

 

Innocenzo, non volendo che le corone dell'Impero e di Sicilia fos¬sero riunite, incoronò imperatore nel 1209 il duca Ottone di Brunswick, vincendo le opposizioni di un partito tedesco ad esso contrario; il nuovo imperatore si mostrò però ben presto avido di potere e dispo¬tico, invadendo il patrimonio di S. Pietro e la parte continentale del regno di Sicilia; allora Innocenzo III lo scomunicò, eccitò contro di lui la lega toscana e i sovrani di Francia e Inghilterra, infine lo depose riconoscendo come imperatore Federico II di Sicilia, dietro promessa di questi di rinunciare ai domini italiani e di riconoscere l'alta so¬vranità pontificia sulla Corsica e la Sardegna.

Federico II condusse una politica quasi esclusivamente italiana, risiedendo quasi sempre nella penisola, soprattutto a Palermo, e curandosi poco delle vicende della Germania. La sua grande intelligenza e la sua formazione lo portarono a rendere il regno e la sua corte palermitana un centro importantissimo di cultura ove brillarono i migliori ingegni dell'epoca, fra i quali il suo ministro prediletto Pier delle Vigne, che fu anche squisito poeta, Giacomo da Lentini e Jacopo Mostacci.

La sua politica assolutista ed il suo indugio a mantenere la pro­messa di partecipare alla crociata per la liberazione della Terra santa, lo portarono però a contrastare sia con i Papi che con i comuni. Gre­gorio IX papa lo scomunicò e dopo che Federico II ebbe sconfitto l'eser­cito della lega comunale a Cortenuova, presso Bergamo, nel 1237 di­venne il protettore delle libertà comunali contro l'imperatore eretico e scomunicato. La lotta si inasprì al punto che il Concilio di Lione, alla presenza di Papa Innocenzo IV, depose Federico, nel 1245, quale spergiuro, sacrilego e sospetto di eresia; ma i Re eletti in Germania contro di lui, Enrico Raspe e poi Guglielmo d'Olanda, non riuscirono a prevalere sul figlio di lui, Corrado, per il quale si schierò gran parte della nobiltà laica dell'Impero. La lotta terminò solo con la morte di Federico avvenuta nel castello di Fiorentino, il 13 dicembre 1250

Poiché Federico II aveva ordinato che l'unione delle corone di Germania e di Sicilia durasse in perpetuo, la reggenza in Sicilia in nome di Corrado imperatore, fu assunta da Manfredi principe di Ta­ranto, suo fratello naturale; morto Corrado poco dopo, nel 1254, la­sciando un solo figlio, Corradino, Manfredi si fece incoronare Re e-la sua potenza si accrebbe fino a farne il capo della fazione imperiale in Italia, già detta dei Ghibellini, tanto che egli sognò per un momen­to di cingere la corona di un regno italico.

La sua potenza preoccupò però il Pontefice, che conservava sempre i diritti di alto patrono del regno di Sicilia e questi offrì la corona a Carlo d'Angiò fratello del Re di Francia e signore di Provenza e di Nizza. Carlo scese in Italia, fu incoronato da papa Clemente IV, Re di Sicilia e sconfitto Manfredi nel 1266 presso Benevento si impadronì del territorio.

Un ultimo tentativo degli Svevi di rioccupare il trono siciliano, fu quello di Corradino che, sconfitto a Tagliagozzo il 23 agosto 1268, fu imprigionato e decapitato per ordine di Carlo d'Angiò a Napoli il 29 ottobre.

 

 

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