2) LA
DECADENZA DELL'IMPERO
La
creazione di questi nuovi stati e l'organizzazione dei comuni, avevano
fortemente scosso l'autorità imperiale a cui era pur sempre connessa,
titolarmente, anche la corona d'Italia e questa situazione di decadenza
dell'Impero era in pieno sviluppo quando sali sul trono di Germania
l'Imperatore Federico I Barbarossa (1152). Questi dapprima si alleò con il Papa
promettendo di aiutarlo nella resistenza contro i romani che erettisi a comune
venivano spesso a contrasto con l'autorità pontificia, e contro i normanni il
cui vassallaggio era sempre alquanto pesante e pericoloso, ricevendo in cambio
dal Papa Adriano IV la corona imperiale in San Pietro. Ma il Barba-rossa se
respinse in effetti bruscamente le pretese del comune di Roma, che avrebbe
voluto essere lui ad offrirgli la corona imperiale, desistette però
dall'attaccare il regno normanno, retto allora da Guglielmo I perdendo un
momento eccezionalmente favorevole, giacché l'imperatore bizantino Manuele I
Comneno stava tentando di riconquistare i possessi italiani giungendo a mettere
piede a Bari e a Trani, spingendosi sino ad Ancona. I bizantini, non aiutati
dai tedeschi, finirono però col soccombere e furono costretti a concludere con
i normanni la pace nel 1158, mentre fin da prima Adriano IV si era riconciliato
con Guglielmo I accordandogli l'investitura del regno, comprese Capua e Napoli.
La
politica del Barbarossa si volse soprattutto al tentativo di schiacciare la
potenza dei comuni dell'Italia settentrionale; nella sua seconda discesa in
Italia, convocò nel 1158 la dieta di Roncaglia onde stabilire definitivamente i
rapporti fra i comuni e i suoi imperiali diritti e rivendicò all'impero la
nomina dei magistrati, la coniazione della moneta, l'amministrazione della
giustizia, la riscossione dei pedaggi e la disposizione dei feudi. Quando però
tentò di inviare i suoi rappresentanti nelle città, Milano cacciò i messi
imperiali mettendosi a capo delle città ribelli. Federico assediò Crema che fu
rasa al suolo dopo sei mesi d'assedio, dopo oltre due anni di difesa
disperatissima Milano abbandonata dalle altre città dovette arrendersi a
discrezione e per ordine imperiale fu distrutta dai cittadini di Como, Novara,
Pavia e Cremona, città inimicissime della capitale lombarda; sembrò per un
momento che la potenza comunale fosse distrutta per sempre (1162).
La potenza
smisurata del Barbarossa provocò però una coalizione contro di lui, egli tentò
alla morte di Adriano IV di contrapporre al successore canonicamente eletto,
Alessandro III, un antipapa suo 'parente che si chiamò Vittore IV; mentre la
Germania e parte dell'alta Italia riconobbero l'antipapa, intorno ad Alessandro
III si strinsero i comuni antimperiali, la Sicilia, la Francia e l'Inghilterra.
Il Papa scomunicò l'imperatore, tentando di deporlo, ma fu costretto a rifugiarsi
prima a Genova e poi in Francia.
Le città della Marca veronese, Verona, Vicenza, Padova e Treviso strinsero
una lega antimperiale: la lega veronese, che ebbe l'appoggio di Venezia ed
anche dell'imperatore bizantino, ancora padrone di Ancona, che sperava di
riunire sul suo capo le due corone imperiali; la rivolta di Cremona e Mantova,
Bergamo e Brescia che con i milanesi strinsero il patto di Pontida, furono il
primo nucleo della Lega Lombarda (aprile 1167). Federico tornò in Italia,
sottomise Ancona e Roma in cui installò il suo antipapa, ma la lega lombarda,
ormai forte e compatta, lo costrinse a fuggire in Germania travestito nei primi
giorni del 1168; egli rientrò in Italia dopo sei anni, ricominciando le
ostilità; dopo assedi, lotte e tentativi di pace falliti, fu ancora battuto
dalla lega a Legnano il 29 maggio e si piegò a riconoscere in Alessandro III il
vero Papa. La potenza imperiale nell'Italia settentrionale era tramontata per
sempre e nuovamente prendevano vita le istituzioni comunali riconosciute dal
Barbarossa nella pace di Costanza il 25 giugno 1183.
Al
Barbarossa successe il figlio Enrico VI che sposando l'ultima degli Altavilla,
Costanza, riuscì ad impadronirsi della corona normanna con breve lotta contro
Tancredi conte di Lecce, rampollo illegittimo della Casa. Così l'impero che
aveva perduto gran parte del suo potere nel settentrione veniva a costituirsi
una base potente nel capo opposto della penisola, minacciando i territori
pontifici e comunali che si trovarono stretti come in una morsa nei territori
imperiali, ma Enrico VI morì improvvisamente a Messina nel 1197 mentre preparava
una spedizione contro l'impero d'oriente e la moglie Costanza, seguendolo nella
tomba l'anno dopo, lasciò il Papa Innocenzo III come reggente durante la
minorità del figlio Federico.
Innocenzo,
non volendo che le corone dell'Impero e di Sicilia fos¬sero riunite, incoronò
imperatore nel 1209 il duca Ottone di Brunswick, vincendo le opposizioni di un
partito tedesco ad esso contrario; il nuovo imperatore si mostrò però ben
presto avido di potere e dispo¬tico, invadendo il patrimonio di S. Pietro e la
parte continentale del regno di Sicilia; allora Innocenzo III lo scomunicò,
eccitò contro di lui la lega toscana e i sovrani di Francia e Inghilterra,
infine lo depose riconoscendo come imperatore Federico II di Sicilia, dietro
promessa di questi di rinunciare ai domini italiani e di riconoscere l'alta
so¬vranità pontificia sulla Corsica e la Sardegna.
Federico II
condusse una politica quasi esclusivamente italiana, risiedendo quasi sempre
nella penisola, soprattutto a Palermo, e curandosi poco delle vicende della
Germania. La sua grande intelligenza e la sua formazione lo portarono a
rendere il regno e la sua corte palermitana un centro importantissimo di
cultura ove brillarono i migliori ingegni dell'epoca, fra i quali il suo
ministro prediletto
Pier delle Vigne, che fu anche squisito poeta, Giacomo da Lentini e Jacopo
Mostacci.
La sua politica assolutista ed il suo indugio a mantenere la promessa di
partecipare alla crociata per la liberazione della Terra santa, lo portarono
però a contrastare sia con i Papi che con i comuni. Gregorio IX papa lo
scomunicò e dopo che Federico II ebbe sconfitto l'esercito della lega comunale
a Cortenuova, presso Bergamo, nel 1237 divenne il protettore delle libertà
comunali contro l'imperatore eretico e scomunicato. La lotta si inasprì al
punto che il Concilio di Lione, alla presenza di Papa Innocenzo IV, depose
Federico, nel 1245, quale spergiuro, sacrilego e sospetto di eresia; ma i Re
eletti in Germania contro di lui, Enrico Raspe e poi Guglielmo d'Olanda, non
riuscirono a prevalere sul figlio di lui, Corrado, per il quale si schierò gran
parte della nobiltà laica dell'Impero. La lotta terminò solo con la morte di
Federico avvenuta nel castello di Fiorentino, il 13 dicembre 1250
Poiché Federico II aveva ordinato che l'unione delle corone di Germania e
di Sicilia durasse in perpetuo, la reggenza in Sicilia in nome di Corrado
imperatore, fu assunta da Manfredi principe di Taranto, suo fratello naturale;
morto Corrado poco dopo, nel 1254, lasciando un solo figlio, Corradino,
Manfredi si fece incoronare Re e-la sua potenza si accrebbe fino a farne il
capo della fazione imperiale in Italia, già detta dei Ghibellini, tanto che
egli sognò per un momento di cingere la corona di un regno italico.
La sua potenza
preoccupò però il Pontefice, che conservava sempre i diritti di alto
patrono del regno di Sicilia e questi offrì la corona a Carlo d'Angiò fratello
del Re di Francia e signore di Provenza e di Nizza. Carlo scese in Italia, fu
incoronato da papa Clemente IV, Re di Sicilia e sconfitto Manfredi nel 1266 presso
Benevento si impadronì del territorio.
Un ultimo
tentativo degli Svevi di rioccupare il trono siciliano, fu quello di Corradino
che, sconfitto a Tagliagozzo il 23 agosto 1268, fu imprigionato e decapitato
per ordine di Carlo d'Angiò a Napoli il 29
ottobre.
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