NON VI E' DUBBIO CHE UNA NAZIONE PASSATA DA UN REGIME MONARCHICO AD UN REGIME REPUBBLICANO SIA UNA NAZIONE «DECLASSATA», E CIÒ NON PUÒ NON ESSERE AVVERTITO DA CHIUNQUE ABBIA UNA SENSIBILITÀ PER VALORI I QUALI, PER ESSERE SOTTILI E IMMATERIALI, NON PER QUESTO SONO MENO REALI.

lunedì 27 maggio 2019

Un interessante giudizio


di Domenico Giglio 

Mi ha meravigliato, qualche tempo fa, vedere nelle librerie una nuova edizione di un romanzo di fantapolitica storica ed ecclesiastica, dal titolo “Adriano VII”, opera di uno scrittore inglese, nato a Londra nel 1860, Frederick Rolfe, detto “Baron Corvo”, scritto nei primissimi anni del ventesimo secolo, che, al suo apparire, nel 1904, aveva riscosso un grande interesse e di cui, nel 1964, era stata effettuata una ristampa dalla “Longanesi & C.”. Infatti erano più di cinquantenni che il silenzio aveva avvolto questo romanzo, all’epoca avveniristico, perché parlava di un semplice sacerdote straniero, eletto Papa, dopo un tormentato Conclave, che aveva assunto il nome di Adriano, settimo di questa serie di pontefici, proprio a sottolineare che Adriano Vi, mancato nel 1523,era stato l’ultimo Pontefice non italiano.
Ora, pur essendo interessante analizzare e commentare questo romanzo, mi limiterò a sottolineare una parte in cui, l’ immaginario Pontefice, parla dei Capi di Stato dell’Europa dell’epoca, per cui viene a trattare logicamente di Vittorio Emanuele III. “ E’ uno dei quattro uomini più intelligenti del mondo” dice infatti parlando del Re, oltre a sottolineare la sua costituzionalità, il non aver commesso “un solo errore, una sola azione ingiusta e nemmeno ingenerosa”, notando la sua importanza sostanziale nella vita nazionale, anche se non apparente,”quale sia il partito che è al potere”.
Questo dunque è il giudizio di una scrittore straniero acuto ed intelligente, che aveva vissuto qualche tempo a Roma, amava l’Italia, dove poi morì nel 1913 a Venezia, per cui ben conosceva fatti e personaggi, alieno per carattere da ogni spirito cortigiano, che infonde nel personaggio di questo Papa, e dimostrazione del prestigio di cui godeva il Re e che con il Re,innalzava anche l’Italia. Quel prestigio che portò un ricco uomo d’affari, un israelita polacco, trasferitosi negli Stati Uniti,David Lubin, a sottoporre a Lui e non ad altri l’idea di una istituzione, un Istituto Internazionale di Agricoltura, progenitore della F.A.O., che proprio per merito di Vittorio Emanuele III, fu realizzato, con firma istitutiva del 7 giugno 1905, operatività dal 1908,con sede a Roma, in un palazzo appositamente costruito all’interno della villa “Umberto I”, già Borghese. Ed il Re contribuì personalmente sia per l’edificazione del palazzo ( oggi sede del CNEL), sia alla vita dell’Istituto, con un contributo annuo di 300.000 lire, tratto dalla sua Lista Civile. E sempre per la sua fama di uomo di grande equilibrio e cultura ( un numismatico, come fu il Re non poteva non avere cultura storica ) diversi stati esteri gli affidarono il giudizio su delicati problemi di confini accettandone le decisioni. E nel 1903-1904 furono Brasile e Regno Unito per una frontiera della Guiana Inglese, nel 1905 ancora il Regno Unito ed il Portogallo per il confine del Barotseland e nel 1909 il Messico e la Francia per l’isola di Clipperton.Ora di questo Sovrano, di cui l’11 novembre prossimo ricorrerà il centocinquanresimo della nascita,di tutto questo non si fa mai cenno, irridendolo volgarmente invece per il suo aspetto fisico (non è forse razzismo?) e condannandolo senza appello per una triste vicenda avvenuta nel suo lungo regno.


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