NON VI E' DUBBIO CHE UNA NAZIONE PASSATA DA UN REGIME MONARCHICO AD UN REGIME REPUBBLICANO SIA UNA NAZIONE «DECLASSATA», E CIÒ NON PUÒ NON ESSERE AVVERTITO DA CHIUNQUE ABBIA UNA SENSIBILITÀ PER VALORI I QUALI, PER ESSERE SOTTILI E IMMATERIALI, NON PER QUESTO SONO MENO REALI.

mercoledì 6 aprile 2016

Le parole profetiche dei monarchici negli anni 50

Lauro, la C. E. D. e il Capitalismo

Giacche il nome ne è venuto fatto per un esempio non secondario di quel che è la differenza tra una politica a contenuto sociale e una politica a contenuto capitalistico demagogicamente mascherata, dedichiamo un momento l'attenzione all'armatore Lauro, ed al suo tentativo di colpire alle spalle il PNM cm la pugnalata della secessione.

Perchè? Per conto di chi? Queste domande si impongono, giacché le questioni personali, Ie suscettibilità reciproche, ed anche una eventuale  rivalità per il controllo particolare di alcune posizioni dentro il Partito, tra il Segretario Generale e l'ex presidente del Consiglio Nazionale, non appaiono giustificazione sufficiente della secession partenopea. Per risolvere querele di questo tipo sarebbe bastata, anzi sarebbe stata più atta, specialmente in fase prcongressuale, una battaglia all’interno del Partito, questa, tra l’altro, avrebbe avuto per l’insoddisfatto un costo finanziario assai minore che non la secessione, il che è argomento da non trascurare, dato il soggetto. Occorre, dunque, una spiegazione politica al tentativo dell'armatore; e non è neppur sufficiente, nella sua enunciazione generica, quella che egli abbia voluto rendere alla Democrazia Cristiana un servizio, richiestogli dagli esponenti quadripartiti di essa. Il discorso, per esser serio, va approffondito.

Quattro elementi - senza andare ad altri meno recenti, ma non meno probanti - vanno tenuti presenti per approfondirlo, tutti e quattro politicamente indicativi, e tutti e quattro appartenenti all'ultimo anno di permanenza di Achille Lauro nel PNM, cioè al periodo vero di maturazione della sua insofferenza prima, e del tentativo secessionista poi: 1) l'atteggiamento sempre rigidamente mac-carthysta, tognino, bloccardo, tenuto dalla stampa personale dell'armatore editore di fronte al problema dell'anticomunismo, attegiamento sempre fuori, e qualche volta positivamente riamente tipico di altri ambienti; 2) Il peso determinante, rispetto alla linea ufficiale del Partito e notonante del «comandante» e dei suoi soci e clienti nel decidere l'atteggiamento negativo dei nostri Parlamentari verso il Gabinetto Fanfani; 3) il peso determinante da lui avuto nel determinare la adesione del PNM al blocco reazionario nelle «amministrative» di Castellammare di Stabia, la particolare impronta da lui e dai suoi personalmente data a quella campagna, e l'improntitudine con la quale la sua stampa. esaltò come una « grande vittoria» quella che in realtà è stata l'unica bruciante batosta elettorale subita dal PNM dopo il successo delle elezioni politiche; 4) Il preciso atteggiamento dell'armatore-editore, della sua stampa, dei suoi soci e clienti, dentro e fuori il PNM, a favore della C.E.D.

E' stato questo, si può dire, l'elemento determinante della tentata secessione, la quale è avvenuta nel momento in cui la Maggioranza quadripartita aveva bisogno, per la ratifica della C.E.D. (comunità Europea di Difesa), dell'avallo morale di almeno alcuni voti in pubblica fama di « nazionali », ed ebbe a questo fine il « cornandante » a propria disposizione giacché era fallita - malgrado le molte seduzioni esterne ed i ricatti interni - nel suo scopo di avere a propria disposizione per questo fine eminentemente antinazionale le forze veramente nazionali del PNM. La posizione cedista di Lauro era conosciuta sin da prima che egli abbandonasse il PNM e tentasse la secessione; i suoi amici e soci in politica ed in affari non facevano mistero, anche dopo il comunicato anticedista del Consiglio Nazionale, che sul suo favore alla C.E.D. «Lauro non avrebbe ceduto, né era disposto a transigere».

Ebbene, che cosa era la C.E.D.? Cioè: su quale altare si voleva immolare il PNM, e con esso ogni gestione politica seria e disinteressata (anche se non priva di difetti) dalla Causa Monarchica in Italia? Per sacrificarlo a quale idolo si è cercato di pugnalarlo alle spalle, nell'ottavo genetliaco della Repubblica, con l’arma sicariesca della secessione? Sono domande, tutte queste, pertinenti ad un esame della situazione politica italiana, e sopratutto a quella del PNM, esame rilevante per le determinazioni politiche da assumere in sede congressuale, poiché è certo che le forze interne ed internazionali che sono state dietro la secessione devono essere giudicate dai monarchici italiani per quel che sono, e non per la maschera con la quale vorrebbero apparire, anche se fosse maschera di amici, o di... difensori della Civiltà.


E', dunque, da dire che la C.E.D. non era soltanto, un tentativo di sopprimere la sovranità nazionale nel settore militare, ma, ancor più, era un tentativo di sopprimerla in campo economico (finanziario, sociale, doganale), e, se ratificata, avrebbe significato la manomissione pressoché assoluta dell'economia nazionale nelle mani del Capitalismo internazionale ed internazionalistico di fonte americana. 

Nei concreti legami di interessi con questo, più che non nelle ideologie o nelle fantasie «europeistiche» (di una Europa programmaticamente limitata alla fetta di continente tra Pirenei ed Elba, che è economicamente la più pingue), si deve ricercare la fonte del cedismo democristiano, socialdemocratico, liberale, storico-repubblicano; negli stessi concreti legami, e nello stesso groviglio di interessi con il Capitalismo internazionale, la fonte della «operazione Lauro»; in quel groviglio di interessi, la fonte che ha provocata e finanziata la pugnalata della secessione.

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