NON VI E' DUBBIO CHE UNA NAZIONE PASSATA DA UN REGIME MONARCHICO AD UN REGIME REPUBBLICANO SIA UNA NAZIONE «DECLASSATA», E CIÒ NON PUÒ NON ESSERE AVVERTITO DA CHIUNQUE ABBIA UNA SENSIBILITÀ PER VALORI I QUALI, PER ESSERE SOTTILI E IMMATERIALI, NON PER QUESTO SONO MENO REALI.

lunedì 31 gennaio 2011

NAPOLI. COMMEMORATE LE REGINE D'ITALIA

ASSOCIAZIONE INTERNAZIONALE REGINA ELENA NAPOLI, 30 GEN

A Napoli celebrazione nell'ambito dei festeggiamenti per i 150 anni della proclamazione del Regno d'Italia (17 marzo 1861). L'associazione Internazionale Regina Elena Onlus ha commemorato le prime tre Regine del Regno d'Italia, Margherita, Elena e Maria Josè.

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Il resto su:

www.positanonews.it

Peccato non aver potuto diffondere prima la notizia dell'evento. Peccato davvero (ma è colpa nostra per non aver letto Tricolore!).

sabato 29 gennaio 2011

Dalla Savoia la marcia per l'Indipendenza


E’ aperta fino al 25 febbraio nella Biblioteca statale di Palazzo Affaitati la mostra «Dalla Savoia la lunga marcia verso l’indipendenza», promossa dal Comitato provinciale dell’Istituto per la storia del Risorgimento italiano, presieduto da Emanuele Bettini, in occasione dei 150 anni dell’Unità d’Italia: il 17 marzo 1861 la Nazione italiana, che era andata sviluppando nei secoli una coscienza identitaria, divenne Stato con la proclamazione del Regno sotto la dinastia sabauda.

Il resto dell'articolo su

giovedì 27 gennaio 2011

A NAPOLI UNA MOSTRA PER CELEBRARE REGINA MARGHERITA

(AGI) - Napoli, 27 gen. - Quadri, litografie, documenti, abiti e arredi per raccontare, attraverso il personaggio, un'epoca e una storia. La mostra dedicata a Margherita di Savoia, prima regina d'Italia, sara' il grande evento con il quale Napoli celebrera' i 150 anni dell'unita' d'Italia. Per l'occasione Palazzo Reale aprira' tutte le sue sale, per un percorso che sara' anche multimediale. La mostra, organizzata con l'alto patronato del Presidente della Repubblica, sara' inaugurata il 17 marzo prossimo e sara' aperta al pubblico fino a luglio, quando si spostera' nella Villa Reale di Monza, residenza prima asburigica poi dei re d'Italia, dove nel 1900 Umberto I mori', in seguito all'attentato subito. "La regina tornera' a casa - spiega il direttore generale del ministero dei Beni Culturali Mario Resca, intervenendo alla presentazione dell'evento di Palazzo Reale a Napoli - E' una scelta anche simbolica per legare le due citta'. Per ricchezza espositiva e innovativo utilizzo di materiali audio visivi e' sicuramente paragonabile alla mostra in corso su Vittorio Emanuele II a Torino, di cui sono certo replichera' il successo di visitatori e critica".
Per Resca l'evento rappresenta anche "un'opportunita' importante per Napoli, per il suo rilancio turistico in un momento difficile, dove la cultura puo' offrire anche una ricaduta economica considerevole". Finanziata dalla Regione Campania con un contributo di 200mila euro, la mostra e' sostenuta dal minstero dei Beni Culturali, dall'assessorato alla Cultura della Regione Lombardi, dall'apporto di sponsor privati e dalla fondazione Dnart. Tutti contribuiranno per il budget complessivo di un milione e mezzo di euro. "La mostra rappresenta non solo un progetto espositivo originale e articolato - spiega l'assessore regionale ala Cultura Caterina Miraglia - che offre lo sguardo su un'intera epoca, ma anche un' occasione di valorizzazione del patrimonio storico e architettonico del nostro territorio". Un'ampia sezione raccontera' il 'mondo nuovo', nelle trasformazioni tecnologiche e nelle scoperte scientifiche che il 900 porto' anche a Napoli.
"Il progetto - spiega Elena Fontanella, presidente della fondazione Dnart - potra' avvicinare un pubblico ampio a un'eccellenza del nostro patrimonio artistico offrendo un nuovo modello di esperienza culturale". (AGI) .

lunedì 24 gennaio 2011

Una Bandiera Italiana nel Mar dei Caraibi










































Una bella vacanza è stata l'occasione per innalzare la giusta Bandiera per dire di quale nazionalità fosse l'equipaggio.

sabato 22 gennaio 2011

Il programma del circolo Rex


Sul sito dedicato a Re Umberto II è stato pubblicato il programma di conferenze del benemerito Circolo Rex incentrato sul150° anniversario della proclamazione del Regno d'Italia.

martedì 18 gennaio 2011

Collante tra il popolo e la politica

LA MONARCHIA

Collante tra il popolo e la politica

di Massimo Mallucci

La crisi economica avanza, di pari passo all’affermazione della Repubblica Universale, capace di dare potere ad oligarchie sempre più ristrette che depredano i vari popoli delle loro sovranità.

Non si tratta di una crisi economica ma di una vera e propria “crisi del sistema” che ha istituzionalizzato la corruzione e imposto l’insicurezza, ormai generalizzata.

Il regresso, sul piano delle libertà è evidente।

I sistemi elettorali, con le loro liste bloccate, appoggiano i voleri di chi detiene forti imperi economici che impongono scelte di vita, nell’ambito di un dominio universale.

L’economia virtuale e le banche d’affari vengono indicate, sempre meno, dai commentatori della situazione economica e politica, quali reali fonti di danni e preoccupazioni per le popolazioni.

Il lavoro, l’occupazione e la produzione sono gli elementi dell’economia reale che, al contrario, noi monarchici, continuiamo ad indicare come tradizionali punti di riferimento per la sicurezza economica e per stabilire l’andamento della politica di un Paese.

Irlanda, Portogallo e Grecia sono soltanto l’inizio di una crisi inevitabile che investirà le istituzioni europee, costruite a tavolino, per gli affari di pochi che danneggiano il lavoro, il sacrificio e i risparmi dei molti.

Intanto i padroni della politica credono di poter addormentare i popoli con sempre più ampie laicizzazioni dei costumi che, in effetti, determinano soltanto una falsa libertà.

L’Europa che perde le proprie identità Cristiane e dimentica la propria storia, si sveglierà, certamente, quando l’occupazione di un fanatismo islamico avrà già imposto usi e costumi che non potranno essere messi in discussione.

I nostri politici non sembrano preoccuparsi di nulla e continuano a fare la loro bella vita, tra privilegi mai visti prima, senza vergognarsi di ciò che riportano i giornali e senza preoccuparsi, soprattutto, di offrire al Paese stabilità politica e sicurezza.

Noi monarchici riteniamo perfetta la definizione fornita dal Principe Amedeo di Savoia Aosta, in occasione di una recente intervista al quotidiano “La Stampa”, ove indica la Monarchia come “un collante tra il popolo e la politica”.

Gli esempi di tutti i giorni e i paragoni che possono essere fatti con i Paesi a sistema monarchico gli danno ragione.

La mancanza di questo “collante” che è, appunto, la Monarchia, consegna la politica a gruppi di potere che fanno gli affari loro, in perenne guerra, come avveniva tra le fazioni del basso impero.

L’unico a richiamare gli uomini al senso della ragione e della responsabilità sembra essere Papa Benedetto XVI che, ancora recentemente, ha ricordato la necessità di “costruire un’Europa che, fedele alle sue imprescindibili radici cristiane, possa rispondere pienamente alla sua vocazione e missione nel mondo”. Pare che ben pochi gli diano retta ma questa classe politica che ha raggiunto forme di degenerazione impensabili, non riesce neppure a capire che la propria fine è dietro l’angolo.

Gli avvertimenti arrivano dalle persecuzioni, sempre più diffuse e feroci, contro i cristiani nelle varie regioni del mondo.

L’Arcivescovo di Bagdad denuncia “l’ondata di attacchi sempre più forte contro i cattolici”. Dopo la strage avvenuta nella Cattedrale, le abitazioni dei cristiani vengono ormai attaccate a colpi di mortaio.

Cosa fa il governo dell’Iraq e soprattutto i finanzieri cristiani che impongono la presenza di militari in quel Paese?

Nella Repubblica Democratica del Congo, ove dall’Europa arrivano quotidianamente aiuti economici massicci, le nostre Chiese vengono attaccate, l’ultima è la Parrocchia di San Giovanni Battista, nel nord Kivu, dove il Parroco è stato assassinato.

Pochissime notizie vengono diffuse di tali fatti dai costruttori del consenso che hanno in mano giornali e televisioni ma le persecuzioni aumentano.

In Indonesia la violenza e gli attacchi contro le Chiese Cristiane, di tutte le confessioni, sono cresciute in modo esponenziale.

I Vescovi lanciano gli allarmi ma nel nostro occidente, troppo occupato a progettare affari, tutto ciò passa in seconda linea e ne escono indebolite l’Europa e le nostre Nazioni che non capiscono i gravissimi errori politici ed economici che vengono commessi con una presenza che sembra garantire soltanto vantaggi economici, per alcuni, in quei Paesi dove non si rispetta chi effettivamente porta aiuto e sostegno.

Tratto da : http://italia-reale.alleanza-monarchica.com/

martedì 11 gennaio 2011

Due filosofi a confronto.

Due filosofi a confronto.
a cura di Jonathan Fanesi


Premessa al lettore

Il passato è comprensibile per noi soltanto alla luce del presente, e possiamo comprendere il presente unicamente alla luce del passato. Far si che l’uomo possa comprendere la società del passato e accrescere il proprio dominio su quella presente: questa è la duplice funzione della storia. Edward H. Carr, Sei lezioni sulla storia.

Ma per far questo la storia non si deve ridurre ad una mera elencazione di date e di avvenimenti; deve tener in gran conto l’evoluzione culturale dell’uomo, la filosofia, la scienza, la letteratura, l’arte e la musica.


L’uomo è un animale razionale, in quanto ha la capacità di pensare e quindi di elevarsi su tutti gli esseri viventi; in questa sua attività è passivo e attivo allo stesso tempo; passivo poiché riceve molteplici condizionamenti dall’educazione, dalla società e dalla cultura, attivo perché le sue riflessioni sono creazioni che possono influenzare la vita pratica.

Tutta la nostra dignità risiede nel pensare affermava Pascal nei Pensieri; l’uomo è giunco, ma è un giunco che pensa, non c’è bisogno che tutto l’universo si armi per ucciderlo, basta del vapore o una goccia d’acqua; nonostante ciò l’uomo sarà sempre superiore perché a differenza della natura ha coscienza del suo morire.

Sotto forma di colloquio ideale ma allo stesso tempo scontro dialettico sarà svolto questo lavoro finalizzato a far rivivere per quanto è possibile le massime e più importanti teorie dei due pensatori.

Hobbes, è il massimo esponente e teorizzatore dell’assolutismo seicentesco; John Locke del liberalismo e della monarchia moderata.

Con il Leviatano, il filosofo di Westport influenzerà indirettamente attraverso il Bossuet, le decisioni governative del re Sole e tutte le monarchie europee del XVII secolo; la filosofia lockiana troverà la sua massima espressione sia nel sistema costituzionale inglese post – rivoluzionario sia con i pensatori successivi, tanto è vero che verrà apprezzato da numerosi esponenti dell’Illuminismo tra cui D’Holbach e Helvetius


Sul rapporto filosofia e contesto storico – culturale.

La vita e il pensiero hobbesiano appartengono a uno dei periodi più travagliati della storia inglese ed europea. Non appena sventate le mire pensionistiche della Spagna cattolica dalla fermezza del governo di Elisabetta Tudor, mentre sul continente maturavano le premesse politico – religiose della Guerra dei Trent’anni, la monarchia inglese veniva travolta da una crisi che si sarebbe conclusa, dopo lunghi anni di guerra civile con la decapitazione violenta di Carlo Stuart e il regime dittatoriale - repubblicano del Cromwell.

Tutti questi avvenimenti segnarono in maniera decisiva la vita di Hobbes e lo sviluppo del suo pensiero. Si capisce allora come la teoria dello stato pre - politico in cui versava l’uomo prima della nascita dello stato corrisponda ad una situazione simile a quella reale del tempo in cui viveva ; nello stato di natura non vi è un potere comunemente temuto e : <<>>.

Analizzando la struttura del Leviatano composto tra il 1642 e il 1658, possiamo capire molte cose; l’ordine reale del testo doveva essere così: De corpore in cui trattava i problemi riguardi la materia e il corpo; De homine l’uomo, le sue facoltà i suoi sentimenti; e infine De cive, l’ultima parte politica.

L’aggravarsi della situazione spinse Hobbes ad invertire l’ordine delle parti; per due motivazioni, il De cive aveva un funzione pratica ed immediata; in secondo luogo era l’unica parte del libro indipendente dalla altre come egli ci dirà: <<>>.

E’ evidente allora la funzione pratica e pragmatica della sua speculazione, dominare una realtà ribelle violenta mediante calcolo rigoroso, non enim dissero, sed computo come egli afferma.

La violenza che si applica è proporzionata alla violenza che si deve combattere.

Un altro aspetto da analizzare è quello religioso. Il potere religioso deve essere unito a quello statale, al fine di controllare la situazione interna; secondo Hobbes il cristianesimo doveva essere purificato e semplificato, solo compiendo questo lavoro sarebbe possibile evitare dogmi, e per conseguenza indiretta ridurre il potere temporale della Chiesa cristiana.

Rousseau, in un suo scritto ci mostra sotto un’altra angolatura ancora Hobbes, un filosofo anticlericale, che pone in antitesi il potere statale con quello temporale.

Occorre ora evidenziare l’interesse speculativo lockiano e la connessione che nutre con gli avvenimento storici del suo tempo.

Il giovane Locke, nato a Wrington nel 1632 visse in un periodo molto importante della storia inglese e mondiale: quello segnato dagli episodi rivoluzionari che culminarono con la decapitazione del re Carlo I avvenuta nel 1649, la restaurazione monarchica degli Stuart ( 1660 – 1688 ), nella deposizione di Giacomo II ad opera di Guglielmo III d’Orange per mezzo della “ glorious revolution “ .

Questi avvenimenti ebbero una notevole influenza in tutta Europa, basti pensare che in Francia cent’anni dopo scoppiò la rivoluzione tesa inizialmente a cambiare l’assetto politico e costituzionale, ma sfociata poi nel regime di terrore di Robespierre.

Ritornando a Locke, il contesto storico – istituzionale nel quale si svolse la sua vita si caratterizza per la messa in crisi dell’assolutismo monarchico e dalla sua sostituzione rivoluzionaria con una monarchia costituzionale, tanto ammirata da Montesquieu e Voltaire.

Questo cambio di rotta è dovuto a due fattori principali: lo sviluppo lento ma costante della borghesia, iniziato nel 1453 al termine della Guerra dei cent’anni ( 1337 – 1453 ), protrattosi nel 500’ e rafforzatosi nel 600’ con lo sviluppo industriale; e in secondo luogo i conflitti religiosi e sociali e la separazione dalla Chiesa romana.

In questo clima che prende piede la scienza moderna, le nuove metodologie epistemologiche, le scoperte del genio pisano, ma in particolar modo la distruzione della concezione teocentrica , la perdita di centralità da parte dell’uomo, dalle ceneri del vecchio edificio del sapere sorgerà una nuova filosofia.

Tra le opere di maggior importanza spicca il Nuovo Organo di Bacone, il cui fine è di sostituire l’organon aristotelico per sviluppare la scienza e combattere ogni forma di dogmatismo e principio di autorità.

Sempre sul piano culturale non si può non ricordare la scuola neoplatonica di Cambridge, essa inizialmente era avversa a ogni forma di meccanicismo materialistico e alla nuova scienza, simpatizzava per le tesi dei pensatori italiani del 500’ vedi ad esempio Ficino e Pico della Mirandola, ma col passare del tempo spostò l’accento della sua riflessione nel campo dell’esperienza religiosa e morale individuale, in questo modo favoriva un atteggiamento antidogmatico e tollerante che finì per influenzare indirettamente il giovane Locke.

Solo grazie a queste premesse si può capire a fondo lo sviluppo della sua filosofia così altamente influenzata da concezioni liberali e tolleranti prima fra tutte quella di John Owen.


Dialogo tra Hobbes Locke

Al fine di migliorare e semplificare l’argomento trattato, occorre ordinare attraverso sequenze d’analisi i punti focali.

- Empirismo

- Ragione e linguaggio

- Riflessioni sulla metafisica

- Il ruolo della politica nella speculazione filosofica.

Esaurita l’introduzione generale sul loro pensiero, mi soffermerò ad analizzare criticamente la concezione politica:

- Che cos’è e quali sono le caratteristiche della situazione naturale in cui versa l’uomo prima della fondazione della società ?

- Perché nasce lo Stato e quale è la differenza tra il contrattualismo hobbesiano e lockiano?


Empirismo

La riflessione seicentesca verte principalmente tematiche gnoseologiche e metodologiche; all’interno di questo dibattito possiamo rintracciare due filoni di ricerca distinti e contrapposti tra loro: il razionalismo e l’empirismo.

Tipico esempio del razionalismo è la filosofia cartesiana, finalizzata a creare una metodologia universale, una mathesis universalis figlia dell’unione tra la matematica e la filosofia intorno ad un soggetto metafisico, il cogito. Ci troviamo di fronte ad una ragione potenzialmente “ onnipotente “.

Oltre a Cartesio, ci possiamo ricordare di Spinoza con il suo procedere geometrico – deduttivo basti pensare all’Ethica ordine geometrico demonstrata, e di Leibniz con il suo tentativo di conciliare la concezione meccanicistica – logicizzante alla realtà e al finalismo.

L’empirismo mette in luce i limiti della ragione stessa; sia intrinsechi alla sua stessa natura e nello stesso tempo condizionata da numerosi fattori esterni, il linguaggio Locke, le passioni e l’abitudine Hume.

Questa corrente non nasce nel 600’, essa è già presente nella filosofia greca con Democrito ed Epicuro, nel Medioevo con Ruggiero Bacone ed Ockham, all’inizio del XVII con Bacone; però si sviluppa notevolmente in questo periodo e in particolare modo nel siècle des Lumières.


Ragione e linguaggio.

Il linguaggio acquista grande importanza per motivi diversi in relazione alla ragione.

Tutta la speculazione hobbesiana è incentrata sulla determinazione della natura della ragione.

Ogni essere vivente possiede tale capacità ma in maniera molto diversa dall’uomo, ad esempio gli animali riescono ad appagare e conservare la loro vita imparando dall’esperienza, ed in un certo qual modo ad anticipare una possibile azione futura.

La differenza fondamentale tra la ragione umana e quella animale, è che quella umana può fare progetti a lunga scadenza, grazie alla sua maggiore complessità e all’uso del linguaggio.

Il passaggio dalla ragione debole animale alla ragione umana, si attua grazie al linguaggio permette così la conoscenza scientifica.

Il linguaggio ha una funzione convenzionale – comunicativa, da un lato semplifica ed ordina la conoscenza delle cose, già Platone nel Cratilo presentando le famose tre tesi parla del linguaggio così inteso.

<< (…) i nomi sono convenzioni e sono chiari per quelli che li hanno stipulati e conoscono le cose cui corrispondono e che questa è la giustezza dei nomi (…) >>.

Dall’altro permette una facile e semplice comunicazione tra gli uomini; le parole quindi sono segni che hanno una funzione di denominazione delle cose, segni mnemonici e comunicativi.

Il ragionamento si va così a configurare come un calcolo, che può essere espresso attraverso la figura di un sillogismo ipotetico, il cui unico scopo è quello di cercare la causa di un determinato effetto.

Locke nel Saggio, avverte il lettore sulla pericolosità del linguaggio, esso è uno dei tanti tranelli in cui la ragione può cadere.

Nella trattazione delle idee complesse Locke si scaglia contro la violenza dl dogmatismo, se l’uomo ha la possibilità di costruire idee mettendo in relazione più idee semplici, questo processo è altamente condizionato dall’educazione, dalla cultura e dalla tradizioni, non da fattori assoluti.

Nei Pensieri sull’educazione, di stampo anti – innatista diceva che l’uomo per nove decimi è frutto dell’educazione, in esso sono presenti inclinazioni o tendenze, ma si sviluppano in gran parte grazie ad un esercizio rigoroso e costante.

Il linguaggio perde la sua radicalizzazione metafisica e “ dogmatica “ , diviene convenzione utilitaristica finalizzata a semplificare la comunicazione.

Locke, non s’interessa tanto al significato linguistico, ma all’impatto che il linguaggio può avere socialmente, in quanto incatenato a schemi assoluti non permette il dialogo sia culturale ma soprattutto religioso, contribuendo all’intolleranza e al fanatismo.

Possiamo sintetizzare dicendo: il linguaggio per Hobbes è il tassello base per razionalizzare la ragione naturale, per costruire una corretta metodologia sperimentale; per Locke ha una sua utilità se ben usato, ma non deve essere dogmatizzato.


Riflessioni sulla metafisica.

I presupposti gnoseologici hobbesiani e lockiani sono per lo più identici: tutta la nostra conoscenza deriva dall’esperienza e viene rielaborata attraverso la ragione, ciò che differenzia i due pensatori è l’evoluzione successiva intorno alla realtà e alla metafisica.

La domanda a cui bisogna rispondere per prima, è se Hobbes accetti la metafisica? Il pensatore di Westport seguendo la via stoica, asserisce che tutto ciò che esiste è corpo, perché può subire o agire un’azione; non si può pensare qualcosa di immateriale.
La teoria meccanicistica hobbesiana poggia, sul movimento, l’unico termine per esplicare la realtà in questa accezione, è proprio il movimento meccanico dei corpi; si deduce che la metafisica è negata in toto.

Il discorso lockiano è più complesso; il suo empirismo moderato e agnostico pone la metafisica come qualcosa di meta – conoscibile.

L’argomento è trattato nell’ambito delle idee complesse; la sostanza è la seconda categoria delle idee costruite dall’uomo. Il filosofo di Wrington ne parla come di un x sconosciuta. Al fine di comprendere al meglio l’argomentazione, è necessario ricordare che l’uomo secondo gli empiristi può conoscere solo entro la sfera dei sensi e delle percezioni.

La sostanza sia materiale che spirituale si instaura come substratum positivo a livello ontologico ma negativo da un punto di vista conoscitivo.

L’intelletto non potendo concepire più idee semplici distinte è portato a concepire appunto una sostanza, che funge da impalcatura logico – linguistica , essa si pone oltre i limiti della conoscenza.

Locke, segue una via agnostica per ciò che concerne la metafisica e di forte criticismo gnoseologico.

In seguito Locke introdurrà i tre ordini di realtà: io – Dio – mondo.

Locke concepiva i tre ordini di realtà come esigenza di uscire da un constructo mentis, mediante canoni intersoggetivamente validi, l’intuizione del cogito, la dimostrazione a posteriori, e la sensazione attuale.


Il ruolo della politica nella speculazione filosofica.

Come empiristi Hobbes e Locke s’interessano alla ragione, una ragione limitata e altamente condizionata da fattori esterni; il ruolo della politica nella loro speculazione è differente.

Il fine primo hobbesiano è la pace, ristabilire l’ordine e l’armonia dopo lunghi anni di guerra, la sua è un’esigenza pratico – sociale, per adempiere a questa funzione è necessario servirsi di una ragione calcolatrice operante attraverso un corpus politico ferreo e rigido.

Oltretutto lo stesso filosofo di Westport, come abbiamo ricordato in precedenza aveva invertito l’ordine delle parti del Leviatano, mettendo come libro primo il De cive.

Nell’epistola al lettore del Saggio sull’intelletto umano, Locke asserisce espressamente:<<>>.

Queste poche ma intense righe ci mostrano come, l’interesse lockiano non sia diretto unidimensionalmente verso la gnoseologia, anzi è proprio attraverso una corretta teoria della conoscenza che l’uomo può affrontare le varie tematiche, in primis politiche ed etiche.

Possiamo ricordare anche il Trattato sul governo, posteriore rispetto al Saggio, lo scritto era diviso in due libri, il primo si configurava come una par destruens, in quanto criticava aspramente le tesi Patriarca di Robert Filmer, una sorta di Bossuet inglese.

Il secondo libro, il più conosciuto era la parte più nuova ed originale della sua filosofia politica di stampo liberale e costituzionale, che si pone in acceso contrasto al Leviathan.

Che cos’è e quali sono le caratteristiche della situazione naturale in cui versa l’uomo prima della fondazione della società ?

Il punto di partenza della speculazione dei due pensatori è lo stesso: lo stato di natura.

Lo stato di natura è la condizione pre – politica in cui versava l’uomo prima della fondazione della società; tale stato, non allude a una situazione storica o di fatto, ma a una norma ideale che funge da dover essere e criterio di giudizio; è un ipotesi necessaria ed irrinunciabile finalizzata a costruire la base di ogni teoria contrattualistica.

Hobbes concepisce lo stato di natura in senso negativo, dove l’uomo diviene lupo per l’altro uomo ( homo homini lupus ) avendo un diritto assoluto su tutto ciò che lo circonda e creando una guerra totale ( bellum omnium contra omnes ); il presupposto hobbesiano è figlio di un’antropologia pessimista e di determinate condizioni storiche e sociali.

Come egli stesso dice, i postulati certissimi della natura umana sono due: 1) la bramosia naturale per la quale ognuno pretende di godere da solo dei beni comuni, 2)la ragione naturale per cui ciascuno fugge dalla morte violenta.

La concezione hobbesiana in questo tratto risulta di evidente derivazione democritea, già il filosofo greco in un suo scritto diceva: Dicono poi che gli uomini di quelle primitive generazioni, conducendo una vita senza leggi e come quella delle fiere, uscivano alla pastura sparsi chi di qua chi di là, procacciandosi quell’erba che era più gradevole di sapore ed i frutti che gli alberi producevano spontaneamente. Erano continuamente aggrediti dalle fiere, e l’utilità apprese loro ad aiutarsi a vicenda; e, riunitisi in società sotto la spinta del timore, cominciarono a poco a poco a riconoscersi dall’aspetto.

Lo sviluppo di un tale stato bloccherebbe ogni forma di cultura, di tecnica e di economia, ma non si realizza in maniera totale, perché coinciderebbe con la distruzione del genere umano.

La minaccia viene sventata grazie alla natura dell’uomo, poiché esso è l’unico animale dotato di ragione come diceva Aristotele, ed è proprio questa ragionevolezza che suggerisce una legge naturale.

La legge naturale è fondamentalmente una tecnica di auto conservazione, essa si basa su tre norme:

1) bisogna cercare la pace >>> pax est quaerenda

2) bisogna rinunciare al diritto su tutto >>> ius in omnia est retinendum

3) bisogna stare ai patti >>> pactis standum

Ed ecco che la ragione per Hobbes si configura come limitata e condizionata, la sua esplicazione si compie nell’habitus pratico, ci troviamo di fronte ad una ragione machiavellicamente interpretata; in fondo già Machiavelli nel Principe se pur non in maniera sistematica come Hobbes introduceva concetti molto moderni rispetto al suo tempo, basti pensar allo ragion di stato, che poi verrà ripresa da Botero.

Il punto in cui si vedono le maggiori analogie tra i due pensatori è quello che verte sulla concezione dell’uomo, visto da entrambi in maniera negativa.

Con il secondo dei due trattati sul governo abbiamo la par construens della sua speculazione, Locke mostra come vi sia una legge di natura che è la ragione stessa, <<>>.

Anteriormente alla costituzione dello Stato essa è l’unica legge valida; il diritto naturale dell’uomo è limitato alla propria persona. Questo diritto implica la punizione dell’offensore e l’esecuzione della legge di natura; ma nello stesso tempo chi compie la punizione non deve usare la forza in senso assoluto, ma proporzionata al reato.

Lo stato di natura non scaturisce necessariamente in una guerra totale, la guerra scoppia quando l’individuo cerca di andare contro alla ragione naturale.

La differenza fondamentale tra i due stati pre – sociali è questo: in quello hobbesiano la guerra civile è già in atto, in quello lockiano sebbene regolato dalla legge naturale, la possibilità di degenerare è in potenza.

Perché nasce lo Stato e quale è la differenza tra il contrattualismo hobbesiano e lockiano?


HOBBES

"La sola via per erigere un potere comune che possa essere in grado di difendere gli uomini dall’aggressione straniera e dalle ingiurie reciproche, e con ciò di assicurarli in modo tale che con la propria industria e con i frutti della terra possano nutrirsi e vivere soddisfatti, è quella di conferire tutti i loro poteri e tutta la loro forza ad un uomo o ad un’assemblea di uomini che possa ridurre tutte le loro volontà, per mezzo della pluralità delle voci, ad una volontà sola; ciò è come dire designare un uomo o un’assemblea di uomini a sostenere la parte della loro persona, e ognuno accettare e riconoscere se stesso come autore di tutto ciò che colui che sostiene la parte della loro persona, farà o di cui egli sarà causa, in quelle cose che concernono la pace e la sicurezza comuni, e sottomettere in ciò ogni loro volontà alla volontà di lui, ed ogni loro giudizio al giudizio di lui. Questo è più del consenso o della concordia; è un’unità reale di tutti loro in una sola e medesima persona fatta con il patto di ogni uomo con ogni altro, in maniera tale che, se ogni uomo dicesse ad ogni altro, io autorizzo e cedo il mio diritto di governare me stesso, a quest’uomo, o a questa assemblea di uomini a questa condizione, che tu gli ceda il tuo diritto, e autorizzi tutte le sue azioni in maniera simile. Fatto ciò, la moltitudine così unita in una persona viene chiamata uno stato, in latino civitas. Questa è la generazione di quel grande Leviatano, o piuttosto (per parlare con più riverenza) di quel dio mortale, al quale noi dobbiamo, sotto il Dio immortale, la nostra pace e la nostra difesa. Infatti, per mezzo di questa autorità datagli da ogni particolare nello stato, è tanta la potenza e tanta la forza che gli sono state conferite e di cui ha l’uso, che con il terrore di esse è in grado di informare le volontà di tutti alla pace interna e all’aiuto reciproco contro i nemici esterni. In esso consiste l’essenza dello stato che (se si vuole definirlo) è una persona dei cui atti ogni membro di una grande moltitudine, con patti reciproci, l’uno nei confronti dell’altro e viceversa, si è fatto autore, affinché essa possa usare la forza e i mezzi di tutti, come penserà sia vantaggioso per la loro pace e la comune difesa.

Chi regge la parte di questa persona viene chiamato sovrano e si dice che ha il potere sovrano; ogni altro è suo suddito.

Si consegue questo potere sovrano in due modi. Il primo è dato dalla forza naturale, come quando un uomo fa sì che i suoi figli si sottomettano insieme con i loro figli al suo governo, in quanto è in grado di distruggerli se si rifiutano o come quando sottomette con la guerra i suoi nemici alla sua volontà, dando loro la vita a quella condizione. Si ha l’altro, quando gli uomini si accordano fra di loro per sottomettersi a qualche uomo o a qualche assemblea di uomini, volontariamente, confidando di essere così protetti contro tutti gli altri. Quest’ultimo può essere chiamato uno stato politico o stato per istituzione e il precedente uno stato per acquisizione."Hobbes, Leviatano

Il vero passaggio tra lo Stato naturale e lo Stato civile, si ha grazie ad un contratto con cui ciascun uomo aliena il proprio diritto e potere ad un sovrano o ad un’assemblea.

Il pensatore inglese fa coincidere il pactum unionis con il pactum subiectionis.

La persona dello Stato è rappresentata dal sovrano (ossia dall’esercizio del potere sovrano) che può anche non essere un monarca, ma un’assemblea di tutti nella democrazia e di pochi nell’aristocrazia. La sovranità detiene in modo unitario e indivisibile tutti i diritti e i poteri dello Stato: diritto di fare le leggi e le norme obbligatorie per i singoli individui.

Lo Stato civile viene chiamata anche persona civile, esso s’incarna a pieno nella figura del sovrano, definito Dio mortale o Leviatano.

Qual è quindi la funzione del Sovrano? La funzione del sovrano è quella di garantire il patto e riunire in sé ogni potere politico e religioso, tanto è vero che nella locandina del libro Leviatano, il monarca è rappresentato con lo scettro del re e il bastone papale. Ma perché paragonare il re a Un Dio mortale o ad un mostro marino? Si vuole evidenziare il potere assoluto secondo solo al potere di Dio, ecco perché Dio mortale, in secondo luogo il mostro marino è una figura metaforica di origine biblica che incarna a pieno l’organicismo – persona dello Stato.

Hobbes è il primo e forse più importante teorizzatore dell’assolutismo politico, le caratteristiche più importanti di tale assolutismo sono: l’irreversibilità e l’unilateralità del patto, ciò sta a significare che il patto è stato sancito dalla collettività degli individui, e non può essere revocato.

L’indivisibilità del potere sovrano, garantisce maggiore sicurezza e stabilità interna; la legge civile come unica regola del bene e del male, questa proposizione sottolinea in maniera inequivocabile due concetti: se l’etica coincide con la legislazione, il sovrano ha un potere assoluto sia in materia politica che religiosa.

Come ultimi due punti, l’obbedienza al sovrano e la negazione del tirannicidio, inoltre il monarca non può obbligare nessuno ad uccidere e a confessare un’eventuale peccato ed la sua libertà d’azione a differenza dei sudditi è totale.


LOCKE

"E’ stato dimostrato che l’uomo nasce con pieno titolo a una perfetta libertà e all’illimitato godimento di tutti i diritti e privilegi della legge di natura, alla pari di qualsiasi altro individuo o gruppo di individui nel mondo. Egli ha dunque per natura il potere non solo di conservare la sua proprietà - cioè la vita, la libertà e i beni - contro le offese e gli attentati degli altri uomini, ma anche di giudicare e punire le altrui infrazioni a quella legge, con la pena ch’egli è convinto quel reato meriti, perfino con la morte nel caso di crimini la cui efferatezza, a parer suo, lo richieda. Ma, poiché nessuna società politica può darsi o sussistere se non ha in sé il potere di salvaguardare la proprietà e, in vista di ciò, punire le infrazioni commesse da tutti coloro che a quella società appartengono, la società politica si dà lì, e solo lì, dove ogni singolo ha rinunciato a quel naturale potere e lo ha affidato alla comunità in tutti i casi in cui non sia impedito dal chiedere protezione alle leggi da essa stabilite. Così, essendo escluso ogni privato giudizio di ciascun uomo particolare, la comunità diventa arbitra, in forza di norme stabili e determinate, imparziali ed eguali per tutti; e, attraverso uomini cui abbia conferito l’autorità per rendere esecutive quelle norme, la comunità decide di tutte le controversie che possano nascere tra membri di quella società in materia di diritto, e punisce le offese commesse da qualsiasi suo membro contro la società con le pene stabilite dalla legge. Da ciò è facile capire quali uomini siano, e quali no, fra loro uniti in una società politica. Coloro che son congiunti in un sol corpo e hanno una comune legge vigente e una sola magistratura cui appellarsi, dotata dell’autorità di giudicare le controversie fra loro insorte e di punire i trasgressori, sono reciprocamente uniti in una società civile; ma coloro che non dispongono di questo comune appello - sulla terra, intendo - sono ancora nello stato di natura, ciascuno essendo, in mancanza d’altri, di per se stesso giudice ed esecutore: il che costituisce, come ho mostrato sopra, il perfetto stato di natura." Locke, Secondo Trattato

Lo stato di natura secondo Locke, << è governato dalla legge di natura, che collega tutti; e la ragione, la quale è questa legge, insegna a tutti gli uomini, purchè vogliano consultarla, che, essendo tutti uguali e indipendenti, nessuno deve danneggiare l’altro nella vita, nella salute, nella libertà e nella proprietà >>. Questa condizione, però può potenzialmente degenerare, proprio per questo nasce lo stato: evitare che si creino conflitti interni. Il contratto lockiano è finalizzato a tutelare gli individui in modo tale da garantire i principali diritti: libertà, proprietà, salute. L’uomo, che non possiede alcun diritto sulla propria vita, non può, con un contratto, rendersi schiavo di un altro e porre se stesso sotto un potere assoluto che disponga della vita di lui come gli piace.


Conclusioni

Possiamo sintetizzare le due teorie contrattualistiche dicendo: per entrambi lo stato nasce da un contratto, per Hobbes è la via d’uscita da una bellica situazione di natura mediante un potere assoluto e centralizzato finalizzato alla pace; per Locke invece, gli individui si stringono in una società al fine di evitare la guerra civile e tutelare i diritti principali dell’uomo. Il modello hobbesiano è quello assolutista dove il sovrano è il detentore del potere temporale e spirituale, quello lockiano monarchico costituzionale – liberale, gli individui parlano attraverso un’unica volontà generale: il Governement. Si ha la divisione dei poteri in: legislativo, esecutivo e giudiziario. La costituzione del ‘corpo politico ’ tramite patto nasce dalla volontà di ciascun individuo, considerato come Free and Intelligent Agent, quindi come individuo per natura raziocinante e capace di superare la sfera passionale vivendo in uno stato di natura perfetto, regolato già dal diritto.

Tratto da : www.filosofico.net/

lunedì 3 gennaio 2011

Mussolini al Re: “In carcere la feccia fascista”


“I fascisti hanno salvato la Patria dalla violenza bruta della feccia sovversiva. Ma chi se non io potrò salvarla dalla violenza bruta della feccia fascista?

E' l'inizio di un interessante articolo che si può leggere per esteso al seguente link:

Cursus honorum

L'articolo fa riferimento ad un altro, di Luigi Cavicchioli, giornalista che più volte intervistò Re Umberto II in esilio, che sarebbe comparso su Nuova Storia Contemporanea n. 5/2002.
Se qualcuno tra i lettori fosse in possesso di questa rivista o dell'articolo è pregato di mettersi in contatto con lo Staff.

domenica 2 gennaio 2011

Dedicata al Caporal Maggior Alpino Matteo Miotto



Che nessuno Gli porti più via la Sua Bandiera!

Il caporale MIOTTO e la Sua Bandiera



Sul finire dell'anno sono state molte le notizie che ci hanno colpito, ahinoi negativamente, nella nostra sensibilità di Italiani.
Il Brasile ci schiaffeggia negandoci l'estradizione di un terrorista pluriassassino, condannato a diversi ergastoli.
I cristiani martirizzati si sono contati a decine in una notte di capodanno.
Un nostro Soldato, il caporal maggiore Matteo Miotto, non ha visto l'alba del 2011 ucciso dalla pallottola di un cecchino in terra d'Afghanistan.
Tante brutte notizie tutte insieme.

Era difficile far peggiorare una situazione simile ma il conformismo della stampa italica c'è riuscito lo stesso.
Del caporal magggiore Miotto avevamo conosciuto subito 2 fotografie: un primo piano e una bella foto sul mezzo blindato, orgoglioso, con una bandiera tricolore e su questa il nome della sua città: Thiene.
Rimaniamo sconcertati nel vedere che questa foto del caporal maggiore è stata in realtà epurata dello Scudo Sabaudo Coronato che invece è nella foto originale.
Non avremmo avuto per il caporal maggiore Caduto minori affetto, rispetto e stima se egli avesse avuto idee repubblicane.
Ma si è voluto evitare che un soldato onorasse con il proprio Sacrificio una Bandiera ben più antica e nobile per la quale a centinaia di migliaia si sono sacrificati nel corso di 162 anni, a contare dal 1848 in cui Re Carlo Alberto volle che fosse il Tricolore ad entrare a Milano insorta contro gli Austriaci alla testa delle truppe Piemontesi.

Diamo il massimo risalto alla notizia affinché i censori non della Bandiera, che già sarebbe sufficientemente grave, ma della foto e dei sentimenti del Caporale Miotto si vergognino del loro falso ideologico.

Onoriamo la memoria del Caporale Maggiore Alpino Matteo Miotto che ha raggiunto nel Cielo degli Eroi migliaia di Soldati Italiani che offrirono la Loro vita alla stessa bandiera orgogliosamente mostrata nella foto.

CAPORAL MAGGIORE MATTEO MIOTTO: PRESENTE!

sabato 1 gennaio 2011

ALESSANDRIA D'EGITTO: BOMBA CONTRO CHIESA




(AGI) Il Cairo - Un'autobomba, esplosa all'esterno di una chiesa copta ad Alessandria d'Egitto, ha causato un bagno di sangue. Nove vittime e 24 feriti, secondo il ministero dell'Interno. Ma secondo il sito di un'organizzazione a tutela dei diritti umani della popolazione cristiana copta, l'esplosione ha causato almeno 45 vittime. L'attentato ha fatto scendere in strada centinaia di cristiani e innescato scontri con i musulmani e auto incendiate .

Segnaliamo la terribile notizia, grave in sé per la strage di fratelli cristiani in una terra che fino a pochi decenni fa era terra di incontro e tolleranza, per il fatto che ad Alessandria d'Egitto riposa, nella Chiesa di Santa Caterina, in teoria provvisoriamente, la salma del nostro Re Vittorio Emanuele III.
Alla luce di questi terribili avvenimenti forse andrebbe presa in seria considerazione l'idea di riunire la care salme dei Sovrani morti in esilio nell'Abbazia di Hautecombe.
Non abbiamo nessuna illusione che la repubblica accetterà di confrontarsi con la grandezza dei nostri Re neanche da defunti.
Ma temiamo che tanta violenza da parte di estremisti possa coinvolgere anche la memoria di una parte importantissima della storia d'Italia.

Forse è arrivata l'ora di riunire in morte Vittorio ed Elena come uniti furono in vita.